sabato 7 novembre 2020

Pomme de terre alla corte di Luigi XVI

La prima rappresentazione in Europa della pianta di patata
opera di Clusius, 1588

Uno dei primi dipinti di Van Gogh si intitola "I mangiatori di patate": raffigura una famiglia contadina impegnata a cenare con un piatto di tuberi, in un locale buio e cupo che fa passare l'appetito solo a vederlo. Per più di tre secoli, dal primo '600 a metà '900, le cene contadine di mezza Europa (con la Germania in pole position) sono state come in quella tela: povere di luce e ricche di patate.

Originaria dell'America, la patata arrivò in Europa con i conquistadores. La gente, però, l'accolse con sospetto, un po' perché all'inizio era usata nel menù dei detenuti; un po' perché la blanda tossicità che hanno i tuberi mal conservati fu descritta come un pericolo grave. Ci fu persino chi accusò le patate di trasmettere la lebbra. Solo con l'età barocca la patata si fece spazio nelle cucine europee. Forse perché le guerre e le pestilenze del '600, col conseguente impoverimento, avevano reso meno diffidenti i palati. Così i tuberi americani cominciarono a conquistare le tavole dei poveri, soprattutto nei paesi più coinvolti nelle guerre dell'epoca: Germania, Polonia, Svizzera, tuttora fra i maggiori consumatori.

A portarle sulle tavole dei ricchi fu il geniale agronomo parigino Antoine Parmentier che aveva conosciuto le patate mentre era prigioniero dei prussiani e, prima della Rivoluzione donò a Luigi XVI e Maria Antonietta alcuni fiori di pomme de terre. I sovrani ne fecero effimere ghirlande, che sdoganarono la patata anche in Francia. Come Federico il Grande di Prussia e altri colleghi, Luigi XVI afferrò immediatamente il potenziale della patata come alimento base che poteva fare la differenza quando le colture di grano erano state messe a repentaglio da malattie o maltempo. Il sovrano offrì quindi a Parmentier una superficie per la coltivazione di patate. Furono eretti muri e fu istituita una guardia per proteggere il terreno. L'aria di mistero suscitò la curiosità della gente, e ciò raddoppiò quando le guardie iniziarono ad accettare tangenti per consentire alle persone di raccogliere patate. Tutta questa messa in scena incoraggiò la popolazione a guardare l'umile tubero da una nuova prospettiva. Da quel momento la patata fu consacrata per sempre nella cucina francese nel 1785. In quell'anno, la carestia colpì la Francia settentrionale, ma i poveri furono in grado di sopravvivere, grazie all'umile patata. La morte di molti per fame era stata evitata.

martedì 27 ottobre 2020

I misteriosi ritratti di Madame Royale

Tra le collezioni della Reggia di Caserta troviamo un ritratto di Madame Royale, erroneamente indicata nell'inventario con il titolo di "Madame Ravall". Il ritratto è attribuito ad Antonio Pascucci, certamente confuso con Marcantonio Pascucci autore di diversi dipinti sacri presenti in alcune chiese napoletane. Sennonché la tela è firmata J. F. Pascucci, datata 1796. Si tratta certamente di Francesco Pascucci, pittore italo-spagnolo, di stampo neoclassico, nato e formatosi stilisticamente a Roma e la cui attività pittorica sembrerebbe riconducibile al governo del Granduca di Toscana, Pietro Leopoldo. 

Nel dipinto Maria Teresa Carlotta, diciottenne, liberata su interesse dell'Austria e in esilio a Vienna, è rappresentata in lutto per la morte dei genitori. Nella mano sinistra tiene un fazzoletto e nella destra regge il testamento del padre redatto il giorno di Natale del 1792. La tela è oggi conservata presso la Questura di Caserta dove si trova dal 15 marzo 2011. Il lavoro è probabilmente una copia del ritratto di uguali dimensioni, recentemente restaurato e di autore ignoto, esposto al Palazzo delle Aquile di Palermo. 

Madame Royale nei ritratti esposti a Caserta (sinistra) e a Palermo (destra)
E' interessante notare che il ritratto conservato a Caserta è molto somigliante, come fattezze, a Maria Carolina, zia materna della principessa; per contro il ritratto conservato a Palermo, di qualità superiore, è molto somigliante a Madame Elisabeth, zia paterna di Madame Royale. 


lunedì 26 ottobre 2020

Gli acquarelli di Francesco Guardi testimoniano la fine di un'epoca

Francesco Guardi, pittore e disegnatore veneziano di fervida fantasia e potente capacità evocativa, realizzò due acquarelli in occasione del matrimonio tra Armand-Jules-Marie-Héraclius de Polignac e Idalia Johanna di Neukircken, celebrato il 6 settembre 1790 nella villa Gradenigo a Carpenedo. L'avvenimento fu una delle ultime malinconiche fiammate dell'Ancien Régime; lo sposo infatti era il figlio del duca e della duchessa di Polignac che avevano abbandonato la Francia subito dopo la presa della Bastiglia.


mercoledì 30 settembre 2020

Piccolo aneddoto di un'infanzia felice

Questo quadro, parte di un ciclo di dipinti a carattere commemorativo, fu realizzato da Martin van Meytens in seguito alle seconde nozze di Giuseppe II. Il matrimonio del principe ereditario  fu riccamente celebrato, soprattutto con rappresentazioni teatrali alle quali parteciparono i giovani rampolli imperiali. Il quadro in questione rappresenta il balletto pantomima "Il trionfo dell'Amore" ideato dal poeta di corte Pietro Metastasio su coreografia del maestro di ballo Franz Hilverding e musicato da Leopold Florian Gassmann. Il balletto fu presentato a Schoenbrunn il 24 gennaio 1765. Nei ruoli principali troviamo i figli più giovani dell'imperatrice Maria Teresa: nel ruolo di Flora troviamo Maria Antonietta, all'epoca di nove anni (a destra); nel ruolo di Cupido l'arciduca Massimiliano (al centro); nel ruolo di Mirtillo l'arciduca Ferdinando (a sinistra). I pastori e le pastorelle che fanno da contorno alla composizione furono interpretati dai giovani rampolli dell'aristocrazia viennese: Xavier conte d'Auersperg, Frederic-Joseph langravio di Furstenberg, Joseph e Wenceslas conti di Clary, Pauline e Cristiane contesse d'Auersperg, Therese e Cristiane di Clary.

Nel 1778, Maria Teresa, esaudendo un desiderio di Maria Antonietta, fece realizzare una copia del dipinto dal pittore Weikart per il Petit Trianon. 

Maria-Teresa, 5 gennaio 1778:

"Mercy mi ha inviato una misura per un quadro che vorreste avere al Trianon; è l’opera legata alle nozze dell’Imperatore. Mi fa molto piacere servirvi; ma ho bisogno di un chiarimento: ce ne sono due, uno l’opera, l’altra il balletto dove questa piccola regina era con i suoi due fratelli. Credo che vorreste avere quest’ultimo oppure tutti e due. Sarete servita; ma in questo caso mi servirà ancora una misura per il secondo quadro, da dove la luce entra, se deve essere in cornice o servire da tappezzeria, attaccato al muro."

Maria Antonietta nel particolare del dipinto di Martin van Meytens 
     

giovedì 3 settembre 2020

Maria Antonietta nei ricordi di Carlo Goldoni

Carlo Goldoni in un ritratto del 1750 - Museo del Teatro alla Scala
Autore indiscusso della moderna commedia italiana, Carlo Goldoni visse i suoi ultimi trentanni a Parigi dove ricoprì il ruolo di capo del Théâtre-Italien e quello di insegnante di italiano delle figlie di Luigi XV e delle sorelline di Luigi XVI (Clotilde ed Elisabeth).

Goldoni assistette alle celebrazioni per il matrimonio del futuro Luigi XVI e  fu durante i festeggiamenti che accompagnarono le nozze che decise di scrivere Le Bourru bienfaisant: l'opera fu rappresentata alla Comédie-Française nel 1771 con dedica a Madame Adelaide di cui era insegnante.

Il re gli concesse una pensione che sarà sospesa dalla Rivoluzione prima di essere restituita alla sua vedova dalla Convenzione come richiesto da Marie-Joseph Chénier.

Nelle sue memorie, scritte tra il 1784 e il 1787, Goldoni lasciò scritto:

"Si stavano preparando grandi matrimoni a corte; parlo dell'anno 1770, e fu in quei giorni felici che l'arciduchessa d'Austria Maria Antonietta di Lorena, venne a riempire questo reame, in veste di Delfina, di gioia, gloria e speranza. Per le qualità della sua anima e del suo spirito si guadagnò la stima del re, il cuore di suo marito, l'amicizia della famiglia reale e l'ammirazione del popolo per la sua carità.

Un italiano a Versailles - L'ultimo insegnante di lingue dell'Ancien Régime

Una rara miniatura di Jean Pierre Chasselat che
 rappresenta i 4 figli di Luigi XVI e Maria Antonietta
Nonostante la lingua francese, tra il XVII e il XVIII secolo, fosse la lingua ufficiale adottata dalle corti di tutta Europa, i re di Francia erano comunque tenuti ad apprendere le lingue degli altri paesi. Era consuetudine iniziare l'apprendimento dell'inglese, dell'italiano e dello spagnolo verso i sette anni tramite professori scelti per l'istruzione dei rampolli reali. Fu così per Luigi XIV che imparò l'italiano e lo spagnolo, per Luigi XV che era in grado di leggere diverse lingue e per Luigi XVI che conosceva molto bene l'italiano e che traduceva con facilità testi scritti in inglese e tedesco (cosa rara in un periodo storico in cui i principi germanici parlavano fluentemente il francese a discapito della loro lingua madre). Gli insegnanti di lingue scelti per i giovani principi erano per lo più stranieri e di loro oggi si sa molto poco. Merita di essere menzionato l'ultimo insegnante che portò il titolo di "Maestro di lingue dei bambini di Francia". Furono suoi allievi il primo Delfino Luigi Giuseppe, il piccolo duca di Normandia (futuro Luigi XVII) e Madame Royale. Il suo nome era Barthélémy Gatteschi originario della Toscana, regione in cui era nato nel 1738. Non è noto il modo in cui riuscì a stabilirsi a Versailles fin dal 1770. Probabilmente la sua fortuna fu legata alla sua capacità di sapersi infilare nei corridoi di palazzo. Versailles, fin dal 1762, era diventata la sede del Ministero degli Affari Esteri. Accanto agli impiegati c'erano gli interpreti ufficiali e Gatteschi risulta essere interprete presso il Ministero; era in grado di parlare correntemente il francese, l'inglese e conosceva i rudimenti della lingua spagnola. Si può quindi immaginare il percorso della sua ascesa.Nel 1775 il conte di Cardi gli aveva ordinato la traduzione di tre importanti documenti di carattere genealogico scritti in italiano.

sabato 6 giugno 2020

Duchesse d'Angouleme style

La duchessa d'Angouleme in un abito realizzato per lei da
Leroy in una incisione di Adrien Pierre François Godefroy
La duchessa d'Angouleme non può essere paragonata a sua madre in fatto di moda. Si vestiva e si acconciava da sola, ostinatamente fuori moda, il suo abbigliamento era la disperazione della contessa de Boigne. Tuttavia anche la duchessa divenne a suo modo l'icona di stile della Restaurazione. Nella rivista femminile "La Belle Assemblée", un vero mare magnum per avere un'idea della moda regency, il nome della duchessa veniva spesso associato ad alcuni figurini che illustravano le tendenze del momento. 

Mademoiselle Minette, poco nota ma in realtà tra i migliori sarti dell'epoca, fu colei che trasformò la duchessa in first Lady quando questa fece il suo ingresso a Parigi nel 1814, realizzando per lei un abitò in lamé d'argento ornato con festoni e un gran cappello sormontato da splendide piume di struzzo. Lo stile della duchessa era inglese, essendo vissuta per tanti anni in esilio in Inghilterra, e questo non piacque alla corte francese. Occorreva "ri-francesizzare" la duchessa; fu così che le fu presentato Hyppolite Leroy già sarto di Josephine e di tante altre teste coronate.

domenica 29 marzo 2020

"All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne..."

"La regina gettandomi uno sguardo con un sorriso, mi fece quel saluto grazioso che mi aveva già fatto il giorno della mia presentazione. Non dimenticherò mai quello sguardo che doveva estinguersi di lì a poco. Maria Antonietta, sorridendo, disegnò così bene la forma della sua bocca, che il ricordo di quel sorriso ( cosa orrenda) mi fece riconoscere la mascella della figlia del re, quando si scoprì la testa dell'infelice nelle esumazioni del 1815"
(François-René de Chateaubriand - Memorie d'Oltretomba)


Le tombe di Luigi XVI e di Maria Antonietta
prima delle esumazioni del 1815 in una incisione
di Coqueret Bonvalet
Maggio 1814, ore sette del mattino. Pauline de Tourzel, divenuta per matrimonio contessa di Béarn, e suo figlio dodicenne, salgono su una carrozza assieme alla duchessa d'Angouleme in tutta segretezza, senza alcun seguito e senza nulla che possa indicare la loro meta. Nei suoi "Souvenirs de quarante ans" Pauline scrive:

"Ci recammo in Rue d’Anjou, da Monsieur Descloseaux. Madame era vestita con un vestito molto semplice; il suo cappello era coperto da un grande velo. Manteneva un triste silenzio. Rispettai questo muto dolore. Facemmo il tragitto senza scambiare una parola. Vedevo benissimo la sua sofferenza.
Nel momento in cui la vettura si fermò, la piccola porta della casa si aprì. Madame scese; si appoggiò al mio braccio e al vostro, figlio mio.
Lì trovammo una delle figlie di Monsieur Descloseaux. Con un cenno della mano, ci indicò il cammino da prendere ma non una parola uscì dalle sue labbra; alcun segno di rispetto palesò che lei conoscesse il nome di colei che veniva a visitare la tomba di Luigi XVI e quella di Maria Antonietta. All'entrata del giardino, la seconda figlia di Monsieur Descloseaux era al suo posto. Ella stese silenziosamente il braccio; mostrò da quale parte bisognava girare. Vicino la tomba era il venerabile vecchio, che in un silenzio rispettoso, la indicò a Madame.
Una croce di legno nero segnava il luogo. Madame si avvicina con un sussulto che agita tutto il corpo; si getta in ginocchio su questa tomba, si prosterna e sprofonda la sua testa nell'erba che la copre e resta per qualche tempo assorta nel suo dolore.
Mi ero messa in ginocchio. Pregai e piansi. Quando Madame rialzò la testa, vidi il suo viso inondato di lacrime; gli occhi al cielo, le mani giunte, ella fece questa preghiera, che rimase incisa nel mio cuore e non ne uscirà più:
'Padre mio! Voi che mi avete fatto la grazia che vi ho domandato, quella di rivedere la Francia…ottenete che la veda felice!'
Dopo questa preghiera, baciò il luogo dove riposavano suo padre e sua madre, si rialzò e riprese con passo tremante il cammino che la riportava alla sua vettura."


La duchessa d'Angouleme in visita al cimitero della Maddalena, nel luogo in cui sarà edificata la Cappella Espiatoria

mercoledì 4 marzo 2020

Il matrimonio di Madame Royale


Link correlati: 

Nel 1798 lo zar Paolo I offrì all'esule Luigi XVIII di sistemare la sua piccola corte errante nel castello di Mittau (attuale Jelgava, pressappoco l'odierna Lettonia) residenza dei duchi di Curlandia. Fu allora che il fidanzamento tra Madame Royale e il cugino, il duca d'Angouleme, fu reso ufficiale.
L'imperatore Francesco, che fino ad allora aveva tergiversato nel consentire alla cugina di ricongiungersi alla sua famiglia francese, dette il suo assenso per le nozze dopo aver ricevuto una richiesta ufficiale da parte dello zar, al quale, nelle condizioni politiche in cui si trovava, non poteva rifiutare nulla. Fu deciso che il matrimonio si sarebbe celebrato nel giugno del 1799. Il duca de Villequier si recò a Vienna per scortare fino a Mittau la principessa. Madame de Chanclos avrebbe accompagnato Madame Royale fino a Theresiopel (odierna Subotica) sulla frontiera russa. Lo zar si impegnava ad assicurare sicurezza e comodità alla principessa per il resto del viaggio. Maria Teresa aveva con sé Mademoiselle de Choisy come dama di compagnia mentre la duchessa di Sérent e sua figlia, che avevano lasciato la Francia troppo tardi per raggiungerla a Vienna, l'avrebbero incontrata in Curlandia. I due valet de chambre, Hue e Clery, con tre dame di compagnia e due scudieri completavano il seguito della principessa. Lasciata Vienna il 4 maggio 1799 Maria Teresa percorse faticosamente in un mese 1.300 km di sentieri sconnessi, dormendo in ostelli disgustosi prima di arrivare a destinazione.

Il castello di Jelgava nel 1840. Devastato durante la seconda guerra mondiale fu, a differenza di molti altri edifici, ricostruito ma con interni semplificati, molto sovietici. Il castello, residenza dei Duchi di Curlandia, doveva servire come dimora per Luigi XVIII, la sua famiglia e i suoi grandi ufficiali. Il re e il  Duca di Angoulême, trovarono i loro appartamenti ammobiliati; ma a parte questo, il resto era privo di tutto; non solo non c'era biancheria, ma nemmeno le stoviglie per la tavola del re. Non c'erano letti, sedie, nulla che fosse davvero essenziale. Quindi si dovette acquistare tutto il necessario e questo non fece che diminuire le finanze già precarie del re."

Quando Luigi XVIII venne a sapere questi dettagli, Madame Royale aveva già lasciato Theresiopel, da dove, immediatamente al suo arrivo il 17 maggio, aveva inviato una breve nota a suo zio con un corriere espresso. Il re lo ricevette il 23 maggio, come fu registrato da d'Avaray:
"Un corriere espresso inviato da Monsieur le duc de Villequier ci ha comunicato stamattina che Madame Royale ha raggiunto Theresiopel il 17, che avrebbe dovuto lasciare quella città due giorni dopo e che dopo aver viaggiato per tredici giorni sarebbe arrivata a Mittau."