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lunedì 14 febbraio 2022

Il diario di Luigi XVI

Luigi XVI in un ritratto di Boze

Si è portati a credere che i diari dell'epoca fossero privati ma nel 18 ° secolo, gli occhi del pubblico sembravano al contrario essere presenti nella mente del proprietario di un diario. Ciò che era considerato intimo e segreto era in realtà noto ma convalidato dalla privacy. 

E' questo il caso del famoso diario di Luigi XVI, al quale tutto il suo personale poteva avere accesso. Si è detto che si trattava di un diario di caccia ma a dire il vero, non si è nemmeno sicuri che i luoghi in cui il sovrano asserisse di essere andato a caccia fossero quelli giusti. In alcuni casi si recava in luoghi che poi non annotava. E' chiaro che il sovrano rendeva noto solo ciò che voleva, oltretutto tra molte incongruenze.

Se guardiamo alla pagina del giugno 1788, ci rendiamo conto che il re aggiunse sistematicamente, a posteriori, di aver dormito a Rambouillet; ciò può sembrare banale ma non lo è.

Non si trattava dunque del diario di un ansioso, come molti biografi sostengono, che aveva bisogno di scrivere tutto meticolosamente, ma di un diario ufficiale. Quando qualcuno aveva bisogno di sapere dove si trovasse il re in un determinato giorno, non doveva fare altro che andare a consultare il diario reale. Non era necessario che il sovrano annotasse la verità. Le annotazioni stavano ad indicare solo ciò che il re voleva che si sapesse ufficialmente. I molti "rien" (niente) potevano celare qualsiasi cosa. Il modo migliore per tradurli era: "Andate, non c'è niente da vedere. "

domenica 30 dicembre 2018

Festività a Versailles

Particolare di un dipinto di Jean François de Troy
Il Natale a Versailles era una ricorrenza prettamente religiosa. Il re e la sua famiglia passavano le feste nella Cappella Reale, tra il mattutino, il vespro, le tre messe della notte di Natale e la grande messa del 25 dicembre. 
L'usanza voleva che la Vigilia di Natale (come accadeva a Pasqua, durante la Pentecoste e per il giorno di Ognissanti) il re toccasse gli scrofolosi. Era credenza infatti che il sovrano essendo un unto del signore avesse il potere di guarire gli scrofolosi, in particolar modo durante le cerimonie sacre.
Durante l'Avvento era vietato giocare e andare a teatro ma con Luigi XV e Luigi XVI questo regime strettamente spirituale fu un po' alleggerito e i cortigiani furono tenuti ad osservare questo contegno solo durante la vigilia di Natale. Si poteva però eseguire musica legata al periodo natalizio, i tradizionali Noels che venivano cantati e suonati in privato dalla famiglia reale.

A mezzanotte il re o il delfino gettavano un ceppo di legno nel camino in segno beneaugurante (in Francia si predilige il legno di alberi da frutto); un'usanza ancora oggi osservata anche qui in Italia in alcune regioni e la cui origine è antichissima. 

sabato 3 febbraio 2018

La croce di Maria Antonietta

Nell'opera "La lettrice" di Liotard, la ragazza ritratta, probabilmente la nipote del pittore, indossa il costume tradizionale di Lione e una croce, una variante semplificata della "croix de Jeannette", particolarmente indossata in Provenza. 

Tradizionalmente le ragazze del popolo acquistavano la croce con il loro primo stipendio, il giorno di San Giovanni, di qui il nome "Jeannette". Appesa ad un nastrino con un flusso a forma di cuore, questa croce simboleggiava il passaggio dall'infanzia all'età adulta. 

Una variante della "croix de Jeannette" è la "Croix de Marie Antoinette" chiamata anche "Croix de Louis XVI". 

Secondo la tradizione la regina fece sostituire il cuore con un fiocco, un motivo ornamentale che le piaceva molto. 

La croce di Maria Antonietta fu particolarmente utilizzata durante la Rivoluzione e durante la Restaurazione dai monarchici.


mercoledì 24 maggio 2017

La cerimonia del "Coucher du roi" sotto Luigi XVI

La cerimonia della messa a letto del re prevedeva una serie di riti e precedenze esattamente come al "lever".

Sotto Luigi XIV questi cerimoniali erano molto più articolati e la musica rivestiva in tali occasioni un ruolo importante in quanto sottolineava la "divinità" del sovrano.

Nacquero così composizioni come le Sinfonie per la cena del re di Delalande o i Trii per il coricarsi del re di Lully. Queste composizioni venivano eseguite frequentemente durante tali riti.

La cerimonia del coucher veniva svolta regolarmente anche da Luigi XVI, nonostante la sacralità della cerimonia avesse ormai perso il suo senso originario e, dalle memorie della Contessa de Boigne, si apprende il modo in cui essa veniva svolta:

“Il "coucher" aveva luogo tutte le sere alle nove e mezza e gli uomini della corte si riunivano nella camera di Luigi XIV (che non era quella dove dormiva Luigi XVI); penso che tutte le persone presentate vi avessero accesso. Il Re vi arrivava da uno stanzino interno seguito dal suo personale, aveva i capelli “pettinati” e aveva tolto le decorazioni degli ordini. Senza fare attenzione a nessuno, entrava nella balaustra del letto; l’elemosiniere del giorno riceveva dalle mani di un valletto di camera un libro di preghiere ed un grande candelabro a due candele; seguiva il Re all’interno della balaustra, gli dava il libro e teneva il candelabro durante la preghiera che era corta. Il Re rientrava nella parte della camera occupata dai cortigiani; l’elemosiniere rendeva il candelabro al primo valletto di camera; questi lo porgeva alla persona scelta dal Re che lo teneva per tutta la durata del coucher. Era una distinzione molto ricercata; così nei salotti della Corte, la prima domanda fatta alle persone al ritorno dal coucher era: “ chi ha avuto il candelabro?” e la scelta, come capita ovunque in ogni tempo, era raramente approvata. Veniva tolto l’abito al Re, poi la veste ed infine la camicia; rimaneva nudo fino la cintura grattandosi e sfregandosi come se fosse stato solo, in presenza di tutta la corte e spesso di molti stranieri di distinzione. Il primo valletto di camera dava la camicia alla prima persona qualificata, ai principi del sangue se ce n’erano di presenti, questo era un diritto e non un favore. Se aveva familiarità con la persona il Re faceva spesso delle finte per indossarla, la evitava, passava vicino, si faceva inseguire e accompagnava questi bei divertimenti con delle grandi risate che facevano soffrire le persone che gli erano sinceramente affezionate. Una volta messa la camicia, metteva la vestaglia di camera; tre valletti di camera slacciavano contemporaneamente la cintura e il cinturino alle ginocchia della culotte, che ricadeva fin sui piedi; ed era così combinato, non potendo camminare con degli ostacoli così ridicoli, che cominciava, trascinando i piedi, il giro dei cortigiani, la cui durata era tutt’altro che fissa; a volte si trattava di qualche minuto, altre volte anche un’ora, dipendeva dalle persone che vi si trovavano. Quando non c’erano dei releveurs, così venivano chiamati dai cortigiani coloro che sapevano far parlare il Re. Il tutto non durava più di dieci minuti. Tra i releveurs il più abile era il conte di Coigny: aveva sempre cura di sapere quale fosse la lettura attuale del Re e sapeva molto abilmente portare la conversazione su quello che prevedeva lo avrebbe messo in risalto. Così il candelabro gli arrivava frequentemente, e la sua presenza offuscava le persone che desideravano che il Coucher fosse corto. Quando il Re ne aveva abbastanza si trascinava indietreggiando verso una poltrona che gli avevano portato al centro della camera, ci si lasciava cadere pesantemente alzando le gambe; due paggi in ginocchio se ne impadronivano contemporaneamente, toglievano le scarpe al Re e le lasciavano cadere con un rumore previsto dall'etichetta. Nel momento in cui lo sentiva, l’usciere apriva la porta dicendo: “Andate Signori”. Tutti se ne andavano e la cerimonia era finita. Tuttavia la persona che teneva il candelabro poteva rimanere se aveva qualcosa di particolare da dire al Re e questo spiega il valore che si dava a questo strano favore…”.


Stanza da letto di Luigi XIV in cui veniva svolta la cerimonia del "Coucher du roi". Luigi XV e Luigi XVI dormivano in un'altra stanza ma la cerimonia del coucher veniva svolta, come da etichetta, nella camera che fu di Luigi XIV.

Stanza da letto privata di Luigi XV e poi di Luig XVI

domenica 5 marzo 2017

Le camminatrici dai lunghi bastoni

Nel Settecento l'educazione fisica non era ancora prevista per le donne, eccezion fatta per l'equitazione, ma iniziò a farsi strada un'attività che assieme all'aria aperta e a delle sane abitudini igieniche, contribuiva a rinvigorire la salute delle dame, altrimenti costrette ad una vita piuttosto sedentaria: la marcia.

Passeggiare con passo veloce, riuniva l'arcaismo e la modernità; fondamentale era l'andatura che doveva essere oltre che celere, "sciolta, con portamento semplice". 

Il Cabinet de Modes, un giornale dell'epoca in cui venivano pubblicati dei figurini di moda, insisteva sul portamento "nobile e fiero" che ogni dama avrebbe dovuto tenere durante le passeggiate. "Siate sicure quando camminate, osate alzare la testa". 

Queste passeggiate che presero il nome di "passeggiate igieniche", avevano un loro specifico codice. Le camminatrici dovevano indossare un vestito corto e dovevano munirsi di un lungo bastone. Tale bastone fu presto introdotto nei figurini di moda e il tema occupa quasi un quarto delle tavole della "Galerie des modes et costumes française", La veste delle camminatrici prese il nome di tronchine, dal suo inventore, il medico Tronchin. Il bastone da passeggio ebbe i suoi mercanti, dei quali una delle più in vista fu Madame Renard, in rue Saint-Honoré".

La passeggiata aveva i suoi rituali: di questi, i più importanti, la passeggiata del mattino e la passeggiata della sera, sono riportati  e distinti nel Monument du costume del 1773.

La passeggiata del mattino
La passeggiata della sera
Le camminatrici avevano dato vita ad una nuova era, l'idea di abbellirsi con il movimento, una visione ancora allo stato embroniale ma comunque specifica dell'attività fisica.  "Era ora che le donne si ricordassero dell'uso al quale le gambe erano state destinate".  

mercoledì 11 gennaio 2017

Florens-Louis Heidsieck

Maria Antonietta non era una grande consumatrice di vino, anzi era quasi astemia. Al più si bagnava le labbra con del vino d'Alsazia, un vino da vendemmia tardiva che le ricordava il Tokaji della sua infanzia (un vino tipico dell'Ungheria e della Slovacchia molto amato anche da Sissi, definito da Luigi XIV "re dei vini, vino dei re").

Tuttavia, quando il 6 maggio del 1785, Florens-Louis Heidsieck le fece omaggio della sua prima bottiglia di una prestigiosa partita di Champagne Piper di annata, la regina non disdegnò affatto; anzi per ringraziarlo del prezioso dono, ordinò al Duca di Coigny, all'epoca Comandante delle Piccole Scuderie della Maison du Roi, di donare a Monsieur Heidsieck una portantina "affinché gli fosse consentito di girare comodamente per le sue enormi cantine di vini pregiati".

La presentazione avvenne nell'appartamento della regina che divenne in tal modo la prima ambasciatrice al mondo di questo esclusivo Champagne.


Florens-Louis Heidsieck presenta il suo Champagne a Maria Antonietta, il 6 maggio 1785. Tela del 1946, copia di un dipinto del XIX secolo. Il dipinto fa parte della Collezione privata della Maison Piper-Heidsieck di Reims

martedì 10 gennaio 2017

La Torre di Marlborough

Madame Poitrine intenta da allattare il Delfino - litografia conservata
 alla Biblioteca Nazionale di Francia.
La balia fu accusata di aver trasmesso la tubercolosi al Delfino ma in reatà
 la tubercolosi doveva essere una malattia ereditaria dato che anche
un fratello di Luigi XVI morì bambino della stessa malattia
Alla nascita del primo Delfino, Luigi Giuseppe, fu scelta come nutrice una prosperosa contadina il cui mestiere di balia sembrava già scritto nel suo nome: Madame Poitrine (Madame Seno). Sebbene dovesse indossare abiti degni di Versailles, Geneviève Poitrine aveva conservato un aspetto campagnolo che in una corte così innamorata della natura conferiva ancor più fascino alla sua funzione. Questa donna risoluta, moglie di un giardiniere di Sceaux, rifiutò categoricamente di farsi incipriare i capelli, sostenendo che una cuffia bianca sarebbe andata altrettanto bene. A corte introdusse anche una piccola filastrocca, che canticchiava al piccolo principe: "Marlborough s'en va à la guerre". Questa canzoncina popolare che fa riferimento al generale inglese impegnato nelle guerre di Luigi XIV, era rimasta in voga nel suo villaggio per tutto quel tempo, ed era il modo attraverso il quale i francesi deridevano il loro nemico inglese, John Churchill, primo duca di Marlborough. Mentre il testo della canzone suggerisce che il duca morì, in realtà egli fu ferito nella battaglia di Malplaquet l' 11 settembre 1709.

giovedì 15 dicembre 2016

Fleur de lys

Narra una leggenda che Luigi VII, vedendo dopo una battaglia vittoriosa degli iris fioriti in un campo, decise di farne l'emblema del suo regno. 

Particolare del ritratto di Maria Antonietta di Jean Baptiste Gautuer Dagoty in cui è visibile sul manto regale l'emblema
del regno di Francia
Fiore simmetrico, la sua struttura è il tre: tre petali interni eretti, tre petali esterni ricadenti. Fu chiamato fleur de Louis per essere poi confuso, a causa dell'assonanza delle due parole, con il fleur-de-lys, il fiore del giglio: così nel Medioevo si cominciò a considerare come fiore simbolo della monarchia francese non l'iris, ma il giglio. Lo stesso errore fu commesso con l'emblema di Firenze dove tuttavia ogni anno, sotto il piazzale Michelangelo, viene aperto al pubblico il giardino dell'iris: ve ne fioriscono vari tipi e di tutti i colori. Il fatto che l'iris sia l'autentico fiore della città medicea lo attesta anche il suo nome botanico, Iris florentina

domenica 27 novembre 2016

Color "bruno di mummia"

La profanazione delle tombe dei reali a Saint-Denis -
Hubert Robert, Musée Carnavalet
I corpi furono gettati in due grandi fosse e lì rimasero per 23 anni.
Il 24 aprile 1816, su ordine di re Luigi XVIII, i resti
di tutte le tombe violate saranno riesumati per essere trasferiti a Saint-Denis
Tra il 6 agosto e il 25 ottobre 1793, le tombe reali e principesche furono profanate. 
I corpi di più di 150 persone furono gettati in due fosse comuni nel vecchio cimitero dei monaci a nord della basilica di Saint-Denis.
In totale i rivoluzionari gettarono in fosse comuni: 
- 43 re
- 32 regine
- 63 principi del sangue 
- 10 servitori del regno 
- molti grandi abati di Saint-Denis.

Le preziose teche contenenti i cuori dei reali, finirono nelle mani di un architetto, Petit-Badel, che le vendette a due amici pittori Alexandre Pau de Saint-Martin e Martin Drolling. 

Ma a che cosa potevano servire dei cuori mummificati a due pittori?

venerdì 11 novembre 2016

I Medici nel sangue di Maria Antonietta

Stemma dei Medici
Lo stemma di casa Medici, visibile su tanti monumenti della Toscana, porta un emblema assai curioso: palle rosse in campo d'oro. Ancora oggi il significato preciso non si conosce; qualcuno volle vedere nelle misteriose palle una glorificazione delle pillole, a cui la famiglia, un tempo dedita all'esercizio della medicina (donde il nome), sarebbe debitrice della sua fortuna. Ma non risulta che nessuno dei Medici abbia mai esercitato la professione sanitaria, o si sia mai iscritto all'Arte dei Medici e Speziali, la corporazione degli intellettuali fiorentini, a cui talvolta si aggregavano anche dei letterati come Dante. Prima della loro ascesa al potere, per almeno un secolo e mezzo, i Medici di cui si ha notizia furono sempre o mercanti o banchieri. Forse la leggenda delle pillole nasce dall'aver, Cosimo il Vecchio, incluso fra i patroni della famiglia due santi che stando alla tradizione erano entrambi medici, Cosma e Damiano. Ma potrebbe essere anche la trovata di un invidioso per ricordare le origini modeste della famiglia. Certo, di sangue azzurro nei primi Medici non c'è traccia. Era una schiatta campagnola, venuta dal Mugello, che fece fortuna senza mai recidere del tutto i legami con la terra, i campi e le verdi colline di Toscana. Le fonti della sua proprietà, mercanzia e banca, furono quelle tradizionali della borghesia fiorentina. Solo quando Luigi XI di Francia autorizzò i Medici ad aggiungere alle palle del loro stemma "il fiore di giglio" francese, questi nuovi ricchi si sentirono alla pari dell'antica nobiltà feudale e degni di aspirare ad alleanze matrimoniali con le famiglie più illustri della penisola. 

giovedì 3 novembre 2016

Tema natale di Maria Antonietta

Quando Maria Antonietta venne al mondo, nelle corti illuminate d'Europa la figura dell'astrologo di corte era ormai praticamente scomparsa. Tuttavia nei secoli precedenti l'astrologia era considerata la regina delle scienze e papi e sovrani ricorrevano spesso ai consigli degli astrologi. Caterina de' Medici non muoveva passo senza prima aver consultato Nostradamus. D'altra parte lo studio degli astri veniva condotto anche da persone di scienza come Keplero e tenuto in gran conto da persone di fede come Tommaso d'Aquino. Si riteneva, e in parte ancora oggi si ritiene, che il carattere di una persona fosse determinato dalla posizione degli astri il giorno della nascita, e che il destino fosse racchiuso nei segni zodiacali.


domenica 28 febbraio 2016

Fiori di patate

Per più di tre secoli, dal primo '600 a metà '900, le cene contadine di mezza Europa (con la Germania in pole position) furono ricche di patate. Originaria dell'America, la patata arrivò in Europa con i conquistadores. La gente, però, l'accolse con sospetto, un po' perché cresceva sottoterra, "vicino all'inferno", un po' perché inizialmente veniva consumata dai detenuti, e poi la blanda tossicità delle patate mal conservate fu descritta come molto pericolosa. Ci fu persino chi era convinto che le patate trasmettessero la lebbra. Solo tra '600 e '700 i tuberi americani cominciarono a conquistare le tavole, specie quelle contadine, e in particolare nei paesi germanici. 

Antoine Parmentier, qui a fianco in un dipinto di Dumont, chimico, agronomo e nutrizionista, con il pallino di risolvere il problema delle frequenti carestie che falcidiavano l'Europa, cercando un vegetale che potesse sostituire i cereali, si presentò ad un concorso indetto dalla città di Besançon nel 1771, esponendo un'ampia e particolareggiata tesi sui benefici della patata. Convinto estimatore, accanito mangiatore di patate e provetto cuoco, Parmentier ottenne l'approvazione e l'appoggio di Luigi XVI. I francesi diventarono col tempo grandi estimatori di patate, da consumare soprattutto fritte. Iniziava così l'era delle frites che nate francesi, dovevano poi essere ribattezzate chips e spopolare negli USA, fino a diventare dal 1940 un pilastro dei menu firmati McDonald's.


Tra storia e leggenda si racconta che Maria Antonietta amasse appuntare i fiorellini delle patate sia tra i capelli che nei vestiti (tantissime piante trovarono il loro habitat nei giardini di Versailles), e si narra che fu proprio l'odore delle "pommes frites", emanato dai carrettini dei venditori ambulanti per le vie di Parigi, l'ultimo profumo avvertito dalla Regina quel 16 ottobre 1793, quando venne giustiziata.

martedì 24 novembre 2015

L'album ricordo del Petit Trianon

Tra il 1779 e il 1789, Richard Mique e Claude-Louis Chatelet, ricevettero a più riprese un compenso per la realizzazione dei piani e delle vedute del Petit Trianon, ordinati da Sua Maestà. 

Per i suoi ospiti più prestigiosi, Maria Antonietta aveva un'attenzione particolare, affinché essi conservassero un ricordo della sua piccola ma preziosa dimora. Ogni ospite speciale che aveva avuto l'onore di essere invitato al Petit Trianon, riceveva dalla Regina stessa un album ricordo: l'album era composto da una serie di acquarelli realizzati da Claude-Louis Chatelet che illustravano gli edifici e i giardini del Petit Trianon. Tra i vari ospiti che ricevettero dalle mani di Maria Antonietta questo prezioso regalo si annoverano: Gustavo III di Svezia, il futuro zar Paolo I e sua moglie, e i fratelli della regina, Giuseppe II e l'arciduca Ferdinando d'Asburgo Lorena-Este. Per quest'ultimo Maria Antonietta ebbe un'attenzione speciale. Era il fratello prediletto che era stato compagno di giochi e di studi in Austria, il più vicino d'età. Il fratello che l'aveva accompagnata all'altare il giorno del suo matrimonio per procura.

martedì 27 ottobre 2015

La Suonatrice di salterio e il Disegnatore

Nel 1784 la regina commissionò all'orologiaio Pierre Kintzing e all'ebanista David Roentgen un automa musicale.

Il risultato fu una suonatrice di salterio con le fattezze della sovrana. Si narra che i capelli dell'automa fossero della regina stessa e che il vestito fosse stato confezionato con la stoffa di un abito di Maria Antonietta.

Le arie furono composte da Allemand Christoph Willibald Gluck che a Vienna era stato insegnante di musica dell'allora arciduchessa. Presentato a Versailles lo stesso anno, l'automa fu acquistato dalla regina nel 1785 che lo donò all'Accademia delle Scienze.


 Attualmente l'automa si trova presso il Museo delle Arti e dei Mestieri.


domenica 20 settembre 2015

Versailles in autochrome

Nei primi anni del Novecento furono scattate alcune foto di Versailles in autochrome, realizzate da celebri fotografi dell'epoca tra cui spiccano i nomi di Jules Gervais-Courtellemont, Lucien Roy e Henri Chouanard.

L'autochrome era un procedimento di fotografia a colori basato sulla sintesi additiva, brevettato nel 1903 dai fratelli Lumière. Introdotto ufficialmente nel 1907, l'autochrome rivoluzionò il campo della fotografia a colori e diventò ben presto popolare, nonostante il costo e la complicazione. A questa tecnica si devono, in particolare, numerose fotografie a colori della Prima Guerra Mondiale.

Le foto di Versailles in autochrome e in particolare delle comparse in costume nei giardini del Petit Trianon, hanno un aspetto onirico e fiabesco, quasi sospeso nel tempo, tanto da farci sentire proiettati in una Versailles di altri tempi.

Qui in basso alcune di queste foto meravigliose:


domenica 13 settembre 2015

Illustri ascendenze

Pochi sanno che nelle vene di Maria Antonietta scorreva sangue italiano e che tra i suoi antenati si annoverano le donne più illustri del Rinascimento: Lucrezia Borgia, Isabella d'Este e Caterina Sforza. Tre lontane "nonne" dai destini intrecciati e che in qualche modo trasmisero a Maria Antonietta alcune loro caratteristiche: Lucrezia la bellezza e la grazia (curioso l'analogo destino di donna calunniata), Isabella il senso dell'estetica, l'eleganza e l'amore per l'arte, Caterina il grande coraggio, l'interesse per la cosmesi e l'ossessione di mantenersi sempre giovane e bella, testimoniato dalle sue "ricette di bellezza" (circa 84). 

Qui in basso i ritratti delle tre illustri madonne del Rinascimento e accanto i relativi alberi genealogici della loro discendenza, i cui rami convergono tutti nel ramo dei Lorena, cui Maria Antonietta apparteneva per parte paterna:

Lucrezia Borgia in un ritratto
del Pinturicchio




Dal matrimonio di Lucrezia con il suo terzo marito, Alfonso I
d'Este, discende Maria Antonietta. 



















Isabella d'Este in un disegno
preparatorio di Leonardo
Dal matrimonio di Isabella con Francesco II Gonzaga
discende Maria Antonietta














Caterina Sforza in un presunto ritratto di
Lorenzo di Credi
Dal terzo matrimonio di Caterina con
Giovanni de' Medici discende Maria Antonietta.
Il figlio di Caterina, conosciuto come
Giovanni dalle Bande Nere, fu uno dei più
grandi condottieri del Cinquecento.





domenica 7 giugno 2015

"La Gazette des atours" di Madame Elisabeth

Frontespizio della gazette des atours di
Madame Elisabeth
Esattamente come la regina, anche Madame Elisabeth aveva una Gazette des atours (gazzetta dell'abbigliamento). Questa Gazette è l'ultima posseduta dalla principessa, riguardante l'abbigliamento primavera-estate del 1792. Un documento interessante perché di lì a pochi mesi la principessa sarebbe stata rinchiusa al Tempio assieme ai sovrani. Essa raccoglie campioni di tessuto di seta, uno per ogni abito appartenuto a Madame Elisabeth. L'assenza di tessuti ricamati indica che alle Tuileries non si indossavano abiti di corte come a Versailles ma abiti molto semplici; sono presenti, invece, molte stoffe scure, nere e viola che indicano che Madame Elisabeth indossava abiti a lutto per la morte dell'imperatore Leopoldo II, fratello di Maria Antonietta, morto a Vienna nel marzo del 1792.

Era il re a determinare il periodo di lutto; il lutto veniva indossato dai 2 ai 6 mesi (grande lutto) nel primo periodo, e dai 3 giorni alle 3 settimane (mezzo lutto) nell'ultimo periodo.

La funzione della Gazette non è ancora del tutto chiara. Per molto tempo si è ritenuto che servisse per la scelta dei vestiti da indossare durante il giorno, apponendovi uno spillo sul pezzo di stoffa prescelto, ma in questa Gazette in particolare, l'assenza di tracce di spilli suggerisce piuttosto un uso contabile.
Qui in basso le pagine della gazette:

mercoledì 20 maggio 2015

La Gazette des Atours di Maria Antonietta

La copertina della Gazette des Atours
La Gazette des Atours di Maria Antonietta, letteralmente "gazzetta degli ornamenti", è un registro rilegato in pergamena verde di settantadue pagine. Le prime quarantatrè pagine, alle volte separate le une dalle altre da uno o più fogli bianchi, presentano diciotto campioni di tessuto fissati con della cera rossa, blu o verde, o con della colla. Accanto ad essi c'è una descrizione manoscritta del tipo di tessuto e del loro utilizzo.

Questo registro, custodito nell'Armoir de Fer de l'Hotel de Soubise a Parigi, attualmente sede degli Archivi Nazionali Francesi, veniva presentato ogni giorno alla regina dalla gran maestra del guardaroba insieme a un puntaspilli: Maria Antonietta vi segnava con uno spillo l'abito che desiderava indossare. Questi forellini sono ancora visibili; in anni recenti, alcuni dei lunghi spilli di cui la regina si serviva furono ritrovati incastrati nel pavimento del Gabinetto della Méridienne a Versailles. Va specificato che l'utilizzo di un simile registro non fu un caso isolato. Anche la regina Maria Leszczynska ne possedeva uno e anche Madame Elisabeth.

Il registro del guardaroba di Maria Antonietta, affidato alla contessa d'Ossun, giunto fino a noi, è quello del 1782. Ogni abito è classificato e accompagnato da un piccolo campione di tessuto. Vi sono campioni degli abiti di corte in diversi toni di rosa, in lamé grigio chiaro rigato e in velluto turchese rigato, tinta su tinta, da indossare per Pasqua.

Un campione di tessuto a fiorellini su sfondo rosa tenue
Ma la cosa più interessante è il numero dei campioni di tessuto degli abiti più informali, ampi lévites, riportati tutti insieme su un'unica pagina in una vasta gamma di colori pastello dal grigio all'azzurro fino alle tinte molto più scure come il rosso cupo e il blu, talvolta con piccole fantasie a fiorami ricamate fra una riga e l'altra.

giovedì 7 maggio 2015

Sangue blu

Questo vassoio in argento, oggi conservato nella libreria di Maria Antonietta a Versailles, serviva per porgere alla regina camicie, asciugamani, fazzoletti, guanti, berretti, scatole per il trucco e oggetti da toeletta. Secondo il dizionario dell'etichetta di Madame de Genlis, il vassoio in questione veniva chiamato "salve". Nei fatti Maria Antonietta se ne servì solo in rarissime occasioni. Il vassoio fu un dono di nozze di Maria Teresa alla figlia, il lavoro di orificeria porta infatti il marchio Rauner; al centro è raffigurato Apollo intento ad illuminare la Francia (nelle vesti del Delfino) e l'Austria (nelle vesti di Maria Antonietta) che si stringono la mano. Venduto nel 1880 a Nathaniel de Rothschild, il vassoio fu donato dalla contessa Niel al Museo di Versailles in occasione della mostra per il bicentenario della nascita di Maria Antonietta nel 1955.


Fauchard's Bandeau


Maria Antonietta nel 1769 nel ritratto ufficiale
realizzato da Ducreux, inviato a Luigi XV
Nei primi mesi del 1768, il dentista francese Pierre Laveran, appartenente ad una stimata famiglia di dentisti, fu chiamato a Vienna per dedicarsi alla dentatura dell'allora arciduchessa Maria Antonia. Il medico, il cui nome compare tra i registri imperiali del 1775, come chirurgo dentista delle loro Maestà Imperiali e Reali, si dedicò a raddrizzare i denti della giovanissima arciduchessa, in vista del matrimonio con il Delfino di Francia. L'apparecchio per i denti era allora chiamato Fauchard's Bandeau, ovvero "la fascia di Fauchard" dal nome del suo inventore, volgarmente detto "morso". Alcuni biografi chiamano questo apparecchio "pellicano" ma è un errore: il pellicano era una pinza utilizzata per tirare i denti la cui forma ricordava il becco di un pellicano, di qui il nome.
Fauchard, considerato il padre dell'odontoiatria moderna (morto nel 1761) ci ha lasciato un interessante resoconto sulle sue tecniche ortodontiche. Due erano le sue modalità operative: una rapida detta "dei fili" ed una ultrarapida che descriveva orgogliosamente così: