domenica 28 febbraio 2016

Fiori di patate

Per più di tre secoli, dal primo '600 a metà '900, le cene contadine di mezza Europa (con la Germania in pole position) furono ricche di patate. Originaria dell'America, la patata arrivò in Europa con i conquistadores. La gente, però, l'accolse con sospetto, un po' perché cresceva sottoterra, "vicino all'inferno", un po' perché inizialmente veniva consumata dai detenuti, e poi la blanda tossicità delle patate mal conservate fu descritta come molto pericolosa. Ci fu persino chi era convinto che le patate trasmettessero la lebbra. Solo tra '600 e '700 i tuberi americani cominciarono a conquistare le tavole, specie quelle contadine, e in particolare nei paesi germanici. 

Antoine Parmentier, qui a fianco in un dipinto di Dumont, chimico, agronomo e nutrizionista, con il pallino di risolvere il problema delle frequenti carestie che falcidiavano l'Europa, cercando un vegetale che potesse sostituire i cereali, si presentò ad un concorso indetto dalla città di Besançon nel 1771, esponendo un'ampia e particolareggiata tesi sui benefici della patata. Convinto estimatore, accanito mangiatore di patate e provetto cuoco, Parmentier ottenne l'approvazione e l'appoggio di Luigi XVI. I francesi diventarono col tempo grandi estimatori di patate, da consumare soprattutto fritte. Iniziava così l'era delle frites che nate francesi, dovevano poi essere ribattezzate chips e spopolare negli USA, fino a diventare dal 1940 un pilastro dei menu firmati McDonald's.


Tra storia e leggenda si racconta che Maria Antonietta amasse appuntare i fiorellini delle patate sia tra i capelli che nei vestiti (tantissime piante trovarono il loro habitat nei giardini di Versailles), e si narra che fu proprio l'odore delle "pommes frites", emanato dai carrettini dei venditori ambulanti per le vie di Parigi, l'ultimo profumo avvertito dalla Regina quel 16 ottobre 1793, quando venne giustiziata.

sabato 27 febbraio 2016

La cioccolata

La bella cioccolataia - Jean-Etienne Liotard (1744)
"Diffidate dell'acqua, del vino, di tutto: vivete di cioccolato!" scriveva Stendhal nella Certosa di Parma. 

Chi non ama la cioccolata? Questo "cibo degli Dei", così definito da Linneo con il nome scientifico di Theobroma cacao (da "theos", Dio e "broma", cibo). Quale altra pianta può offrire un cibo così versatile come la cioccolata? Pare impossibile che prima della scoperta di Colombo, l'Europa non conoscesse il cacao. Introdotto dagli Spagnoli dopo la conquista del Nuovo Mondo, il cacao ebbe la sua massima diffusione nel Seicento. Siccome non lo si mescolava ancora con lo zucchero di canna, la bevanda che se ne ricavava era alquanto amara. Solo più tardi, con la diffusione di piante come la canna da zucchero e la vaniglia, la cioccolata venne addolcita e assunse un sapore simile a quello della bevanda che noi consumiamo oggi.

Ad introdurla in Italia fu Caterina d'Austria, figlia del re di Spagna, Filippo II, sposa di Carlo Emanuele I di Savoia. Ma a dare un contributo decisivo alla sua diffusione nel nostro paese fu Antonio Carletti che introdusse la cioccolata a Firenze. Cosimo I de' Medici amava particolarmente la versione al gelsomino; era uso comune aromatizzare la cioccolata per conferirle un retrogusto raffinato. Francesco Redi, cioccolatiere di corte, ci riferisce che la cioccolata di Cosimo III era aromatizzata con scorze fresche di cedro e limone, fiori di gelsomino, cannella, vaniglia, ambra e muschio (essenze di origine animale utilizzate principalmente in profumeria, oggi difficilissime da trovare ed estremamente costose). I gelsomini freschi venivano disposti fra strati di cacao all'interno di scatole ermetiche per diversi giorni. I fiori venivano regolarmente cambiati, in questo modo il cacao veniva impregnato dell'inebriante profumo dei gelsomini.

venerdì 19 febbraio 2016

Gli Incroyables e le Merveilleuses

Un Incroyable e una Merveilleuse
Gli Incroyables e le Merveilleuses (gli Incredibili e le Meravigliose) furono gli esponenti della moda post Terrore, caratterizzata da un lusso estremo e ostentato, e da stravaganze sia nell'abbigliamento che nella condotta di vita; una sorta di reazione agli orrori della Rivoluzione. Gli uomini portavano delle lunghe trecce che ricadevano sulle spalle o capelli lasciati crescere lungo le tempie. Indossavano grandi orecchini a forma di anello, enormi occhiali sul naso come se fossero affetti da una forte miopia; redingote molto corte, un abito con un grande colletto che dava l'effetto di una gobba, una gigantesca cravatta come se si volesse nascondere un gozzo, dei calzoni corti al ginocchio che facevano sembrare i loro ginocchi gonfi e deformi; delle calzette variegate, attorcigliate sulle gambe e calate alle caviglie, come se non avessero i polpacci. Non contenti di sembrare miopi, mascherati e deformi, gli Incredibili e le Meravigliose si distinguevano anche per la singolarità e l'affettazione del loro modo di pronunciare le parole: la lettera "r", per esempio, iniziale di "rivoluzione", era praticamente omessa dal discorso.

venerdì 12 febbraio 2016

Lady Hamilton

Lady Hamilton nei panni di Circe - Sir George Romney
"Il cavalier Hamilton, che risiede qui (Napoli) come ambasciatore inglese, dopo essere stato a lungo un appassionato d’arte e aver ampiamente studiato la natura, ha trovato ora le massime gioie della natura e dell’arte sommate in una bella fanciulla: una giovane inglese sui vent'anni, molto avvenente e ben fatta, che tiene presso di sé. L’ha abbigliata alla greca, con un costume che la veste mirabilmente; ella poi si scioglie la chioma e, servendosi d’un paio di scialli, continua a mutar pose, gesti, espressioni ecc., tanto che alla fine par davvero di sognare. Ciò che avrebbero aspirato a creare tante migliaia di artisti lo vediamo come realtà in moto, come sorprendente successione di pose. In piedi, in ginocchio, seduta, sdraiata, maliziosa, sfrenata, contrita, provocante, timorosa e via dicendo…l’anziano cavaliere le regge il lume ed è in costante adorazione davanti alla sua persona." (Wolfgang Goethe, Viaggio in Italia)

L'avvenente fanciulla di vent'anni, si chiamava Miss Harte ma il suo vero nome era Amy (o Emma) Lyon (1765-1815). Fu una famosa etera di umili natali; prima amante, poi, dal 1791, moglie di Sir William Hamilton, divenne in seguito l’amante dell’ammiraglio Nelson, dal quale ebbe una figlia, Horatia. 
Celebre in tutta Europa come protagonista di famosi ritratti e delle "Attitudes", quadri viventi di soggetto mitologico, fu consigliera di politici e discussa protagonista delle serate partenopee. Divenuta intima amica della regina Maria Carolina, su sua istigazione ebbe notevole influenza sul comportamento di Nelson nella repressione della rivoluzione napoletana del 1799.
Quando Lady Hamilton si recò in Francia nel 1792, Carolina le affidò una lettera, l'ultima missiva che la regina di Napoli riuscì a far recapitare alla sorella Maria Antonietta.
L'amicizia con la regina di Napoli fu oggetto di chiacchiere e ancora oggi il loro legame fa discutere, anche se quasi certamente Maria Carolina subì la stessa campagna calunniosa cui fu sottoposta la sorella Maria Antonietta in Francia.
Dopo la morte di Nelson, iniziò per Emma un inarrestabile declino. Sola e sopraffatta dai debiti, morì in miseria a Calais.

giovedì 4 febbraio 2016

Orientalismi - Robe à la turque e robe à la circassienne

La marchesa Aguessenau in abito alla turca -
Madame Vigée Le Brun
Nel corso del Settecento si fece strada un nuovo gusto per l'esotismo, alimentato anche dal teatro, che attraverso spettacoli di grande successo, come l'Orpheline de la Chine, di Voltaire (1775) sedusse con gli affascinanti abiti dell'Estremo Oriente il costume occidentale.

Le turcherie nel settecento erano molto apprezzate anche grazie ai viaggi in Turchia e ai resoconti rilasciati da alcune dame, come Lady Montagu, e avevano già avuto un primo boom negli anni '40 del Settecento.

Fu intorno al 1780 che si verificò un rinnovato boom degli abiti alla turca probabilmente perché la Turchia era in guerra con la Russia e gli avvenimenti politici si ripercuotevano anche sulla moda, come nel caso dell'abito alla polacca, nato durante la guerra di successione polacca.

Tuttavia la moda europea si limitò ad un'imitazione molto superficiale dei costumi degli altri popoli, senza acquisire la scioltezza e la comodità di quegli abiti privi di strutture rigide e costrittive. Perciò, senza rinunciare al panier e al busto, intorno alla metà del secolo si proposero fantasiosi abiti alla circassa e alla turca.
Questo tipo di abiti si diffuse soprattutto nella moda corrente e nelle vesti utilizzate in casa. Solo verso il 1787-88 si ammise a corte un abito alla turca.

lunedì 1 febbraio 2016

Biancheria intima

Una nobildonna viene aiutata dalle sue cameriere ad
indossare la biancheria intima. Dipinto ottocentesco
di Joseph Caraud, 1892 
La biancheria intima di una signora del Settecento era molto diversa da quella attuale. Le dame, sotto gli abiti, indossavano la camicia lunga, le calze e il bustino. Le mutande, come indumento intimo, ebbero una certa diffusione in Italia nel XVI secolo e furono importate in Francia da Caterina de' Medici; ma questo capo di biancheria non era ben visto e le dame non lo usavano volentieri, in quanto ritenuto indumento da donna di facili costumi.
In "quei giorni lì" venivano utilizzate pezze di lino con fori alle estremità che venivano fissate per mezzo di lacci stretti in vita. (1)

Nell'agosto 1771 è registrata un'avventura tragicomica che ebbe per protagonista l'allora Delfina che un giorno, facendo delle passeggiate a cavallo, ruzzolò dal suo destriero: "La capriola di Sua Altezza Reale è stata tale, mi hanno detto i felici testimoni oculari, che il più prezioso dei "tesori" della futura sovrana si è ritrovato completamente scoperto". Dopo questo piccolo incidente la Delfina prese l'abitudine di cavalcare con un pantalone sotto la gonna destando ovviamente scandalo anche perché preferiva cavalcare alla uomo e non all'amazzone. Ad ogni modo, da questo episodio, si evince che la regina non indossava mutande. In effetti i mutandoni furono introdotti da Maria Luisa (pronipote di Maria Antonietta e seconda moglie di Napoleone) agli inizi dell'Ottocento quando, durante una visita ad una fregata della flotta francese, le raffiche di vento misero in mostra le sue gambe (e probabilmente non solo quelle). Nell'Ottocento, durante il Secondo Impero, in Francia le mutande caddero di nuovo in disuso. Un famoso aneddoto racconta che Vittorio Emanuele II, la prima volta che incontrò l'imperatrice Eugenia, le abbia domandato "Ma è vero che le dame francesi non portano le mutande?" (domanda da cui si intuisce che le signore in Italia le portavano).