Madame Royale |
Un giorno Maria Antonietta, durante la cerimonia del Grand Couvert, notò una bella bambina accanto a sua madre. Chiese subito di lei e fece in modo che la piccola Juliette Bernard, che un giorno sarebbe passata alla storia come Madame Récamier, venisse condotta negli appartamenti di Madame Royale. Le due bambine furono messe a confronto in altezza e la più alta risultò essere Juliette che aveva comunque un anno in più di Maria Teresa. Madame Royale quel giorno mise il broncio sentendosi oltraggiata per essere stata messa a confronto con una bambina borghese.
Probabilmente la regina voleva rendersi conto se la sua bambina stesse crescendo bene, mettendola a confronto con una coetanea, per giunta così bella e ben fatta.
Probabilmente la regina voleva rendersi conto se la sua bambina stesse crescendo bene, mettendola a confronto con una coetanea, per giunta così bella e ben fatta.
Madame Recamier divenne una celebre salottiera e il suo salotto fu il luogo di ritrovo di una società d'élite. La straordinaria bellezza e lo charme di Juliette le guadagnarono una gran folla di ammiratori. La raffinata dama fu tra le prime ad adottare il "gusto alla greca" nel vestiario - semplicissimi abiti di mussola semitrasparente - e giocò un ruolo non indifferente nella diffusione del gusto per l'antichità, poi conosciuto come Stile Impero. Amica di Madame de Staël e poi, sotto l'Impero, di Chateaubriand, fu una figura chiave nell'opposizione al regime di Napoleone.
Madame Récamier, ci riferisce la principessa di Belgioioso, "aveva trasportato nel nostro secolo [vale a dire nell'Ottocento] quei salotti dove ci si divertiva tanto e così bene da far dimenticare Versailles".
Sempre la Belgioioso riferisce un aneddoto molto singolare riguardante madame Récamier e Chateaubriand che dimostra quanto, nonostante tutto, la dama dello stile impero, fosse inconsciamente ancorata all'epoca di Maria Antonietta:
Madame Récamier |
"Madame Récamier apriva il suo salotto alle quattro: dalle tre alle quattro non riceveva che il signor de Chateaubriand, ma poiché io venivo in città soltanto per breve ora, madame Récamier concedeva un'eccezione a mio favore ammettendomi nel sacrario all'ora preclusa. Rivelando che frequentavo l'Abbaye (l'abitazione di Juliette) dalle tre alle quattro ho suscitato molta invidia, e non poche volte mi si è chiesto, con un accento che tradiva una mal dissimulata curiosità, come venisse trascorsa quell'ora misteriosa.
Non rispondevo perché non mi dispiaceva apparire iniziata in qualche grande segreto che la plebe non poteva penetrare. Se mi fossi ostinata a serbare il silenzio, forse un giorno avrei letto che per quindici anni madame Récamier e il signor de Chateaubriand hanno cospirato, oppure che era madame Récamier a scrivere i libri di lui e che usava quell'ora per ragguagliarlo di quanto lui era creduto autore. Bene, ora voglio svelare il segreto.
Cosa dunque facevano madame Récamier e il signor de Chateaubriand fra le tre e le quattro? Bevevano il tè!
Ciò di cui provavo stupore non era che due amici prendessero insieme ogni giorno, da dieci o quindici anni, una tazza di tè nel canto del fuoco, in quanto mi sento io stessa capace di fare altrettanto, se non che in capo a quindici giorni mi berrei il tè per abitudine quasi senza accorgermene. Non era però la stessa cosa per i due illustri amici.
A vederli si sarebbe detto che prendessero il tè insieme per la prima volta nella loro vita e che avessero bisogno di studiarsi a vicenda per compiere all'unisono un atto di tanta importanza: degustare una tazza di tè.
"Volete una tazza di tè, signor de Chateaubriand?"
(Lui rispondeva di sì da dieci anni.)
"Dopo di voi, madame."
"Vi aggiungo un po' di latte?"
"Soltanto qualche goccia."
"Ve ne verso una seconda tazza?"
"Non permetterei mai che vi prendeste tanto disturbo."
E così via per mezz'ora.
Seduta all'ombra di un tavolino rotondo osservavo e ammiravo con tristezza, e nello stesso tempo invidiavo questa felice disposizione che appartiene quasi esclusivamente ai francesi, soprattutto ai francesi del secolo scorso, di non spogliare nessuna cosa dell'ornamento di convenzione e di etichetta aggiuntole dalla società. In virtù di siffatto accorgimento, gli atti più insignificanti e puerili, le cose più triviali e volgari acquistano e mantengono nella forma un certo fascino che dà loro il colore della novità. Beata madame Récamier la quale non disdegnava nulla di ciò che aggiungeva fascino sia alla vita sia a lei stessa!"
Non rispondevo perché non mi dispiaceva apparire iniziata in qualche grande segreto che la plebe non poteva penetrare. Se mi fossi ostinata a serbare il silenzio, forse un giorno avrei letto che per quindici anni madame Récamier e il signor de Chateaubriand hanno cospirato, oppure che era madame Récamier a scrivere i libri di lui e che usava quell'ora per ragguagliarlo di quanto lui era creduto autore. Bene, ora voglio svelare il segreto.
Cosa dunque facevano madame Récamier e il signor de Chateaubriand fra le tre e le quattro? Bevevano il tè!
Ciò di cui provavo stupore non era che due amici prendessero insieme ogni giorno, da dieci o quindici anni, una tazza di tè nel canto del fuoco, in quanto mi sento io stessa capace di fare altrettanto, se non che in capo a quindici giorni mi berrei il tè per abitudine quasi senza accorgermene. Non era però la stessa cosa per i due illustri amici.
A vederli si sarebbe detto che prendessero il tè insieme per la prima volta nella loro vita e che avessero bisogno di studiarsi a vicenda per compiere all'unisono un atto di tanta importanza: degustare una tazza di tè.
"Volete una tazza di tè, signor de Chateaubriand?"
(Lui rispondeva di sì da dieci anni.)
"Dopo di voi, madame."
"Vi aggiungo un po' di latte?"
"Soltanto qualche goccia."
"Ve ne verso una seconda tazza?"
"Non permetterei mai che vi prendeste tanto disturbo."
E così via per mezz'ora.
Seduta all'ombra di un tavolino rotondo osservavo e ammiravo con tristezza, e nello stesso tempo invidiavo questa felice disposizione che appartiene quasi esclusivamente ai francesi, soprattutto ai francesi del secolo scorso, di non spogliare nessuna cosa dell'ornamento di convenzione e di etichetta aggiuntole dalla società. In virtù di siffatto accorgimento, gli atti più insignificanti e puerili, le cose più triviali e volgari acquistano e mantengono nella forma un certo fascino che dà loro il colore della novità. Beata madame Récamier la quale non disdegnava nulla di ciò che aggiungeva fascino sia alla vita sia a lei stessa!"
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