giovedì 18 novembre 2021

Madame Royale sulla strada per Vienna

Un ritratto di Madame Royale eseguito da
Peter Edouard Stroely.
 La miniatura apparteneva a Joseph Weber
 fratello di latte di Maria Antonietta.
Durante il viaggio che la condusse a Vienna, Madame Royale incontrò diversi membri della sua famiglia fino ad allora sconosciuti per lei, in particolare a Füssen aveva fatto la conoscenza dei suoi prozii paterni, Cunegonda di Sassonia e l'elettore di Treviri. A Innsbruck fu presentata alla zia, l'arciduchessa Maria Elisabetta, badessa del capitolo nobile, che trovò dura e spaventosa. La bellissima Elisabetta era diventata una matrona indurita dal tempo e da una vita conventuale che era stata costretta a scegliere dopo che il vaiolo aveva distrutto, durante la giovinezza, non solo la sua tanto decantata bellezza ma anche  i suoi sogni di ragazza.

Lettera di Elisabetta a sua nipote, 21 gennaio 1796

"Ti ringrazio moltissimo per le tue lettere e sono lieta di aver detto la verità sul fatto che tutta la famiglia ti accoglierà a braccia aperte. Per quanto riguarda la Chanclos (la signora che l'imperatore aveva scelto come dama di compagnia per Madame Royale), non ho parlato abbastanza delle sue eccellenti qualità, e dato che starà spesso con te ormai, scoprirai tu stessa che persona degna è. Già da questo vedo che i miei "Pater noster", che ti ho promesso ogni giorno, hanno avuto la loro efficacia e presto sarete la Principessa più felice con i suoi cari genitori. Sono molto commossa dal fatto che sarai così gentile da inviarmi il tuo ritratto. Obbligherai una zia che ti ama e vuole che tu stia bene. Anche questo ritratto è stato dipinto qui, ma non ti somiglia, quindi lo aspetto con impazienza da te. La mia salute, dopo aver sofferto per otto giorni, ora va bene.

Ti prego, cara nipote, di darmi spesso tue notizie e di credermi per la vita...

p.s. I miei teneri complimenti alla degna amica Chanclos, è una parola da parte mia al principe di Gavre."

Un ritratto dell'arciduchessa Maria Elisabetta 

Il rapporto tra zia e nipote fu mal gestito e anche per questo si crearono dei malintesi poiché Elisabetta era convinta che la nipote avrebbe sposato il cugino, l'arciduca Carlo. Tanto è vero che iniziò a spargere la notizia con grande gioia dell'imperatore e con dispiacere di Luigi XVIII. 

L'imperatore Francesco II d'Austria riteneva che la rivoluzione distruggendo la monarchia francese avesse abolito la legge salica.

Madame Royale, come unica sopravvissuta alla rivoluzione, poteva considerarsi l'erede indiscussa del trono di Francia. 

La principessa rassicurò lo zio in una lettera in questi termini:

"Già durante il viaggio mi era stato impedito di vedere i francesi, l'imperatore voleva vedermi per primo temendo che venissi a conoscenza dei suoi piani. Li conosco da tempo e dichiaro positivamente a mio zio che rimarrò sempre fedelmente devota a lui, nonché ai desideri di mio padre e di mia madre per il mio matrimonio, e che respingerò sempre le proposte dell'imperatore per suo fratello... Non lo voglio!"

giovedì 11 novembre 2021

Muhammed Dervish Khan, ambasciatore di Mysore nel ritratto di Madame Vigée Le Brun

Madame Vigée Le Brun in un autoritratto
 eseguito tra il 1795 e il 1800
 con un tipico turbante molto di moda
alla fine del XVIII secolo

Il 6 luglio 1788, quasi un anno prima della presa della Bastiglia, tre ambasciatori di Mysore, in India, arrivarono a Parigi. Muhammed Dervish Khan, l'ambasciatore principale, insieme allo studioso Akbar Ali Khan e all'anziano Muhammed Osman Khan, furono inviati da Tipu Sultan, il potente sovrano di Mysore che cercava il sostegno di Luigi XVI nel tentativo di cacciare gli inglesi dall'India, ignari del fatto che il potere di Luigi XVI stava iniziando a deteriorarsi e che il gusto del re per le stravaganti merci straniere rispetto a quelle prodotte in casa stava suscitando tensioni nel paese.

In questo clima politico instabile, l'arrivo dei tre ambasciatori fece comunque scalpore a Parigi; giornali locali come il Journal de Paris riportavano quasi quotidianamente i loro spostamenti. Nel 1788, Madame Vigée Le Brun, che era all'apice della sua fama vide gli ambasciatori all'Opera. Nelle sue memorie i tre vengono così ricordati:

"Non voglio dimenticare di raccontarvi come dipinsi nella mia vita due diplomatici che, pur essendo sfacciati, avevano comunque delle teste superbe. Nel 1788, gli ambasciatori furono inviati a Parigi dall'imperatore Tipoo-Saïb. Vidi questi indiani all'Opera e mi sembrarono così straordinariamente pittoreschi che volli eseguire i loro ritratti. Avendo comunicato il mio desiderio al loro interprete, sapevo che non avrebbero mai acconsentito a essere dipinti, a meno che la richiesta non fosse venuta dal Re, così ottenni questo favore da Sua Maestà. Mi recai nell'albergo in cui vivevano (perché volevano essere dipinti a casa), con grandi tele e colori. Quando arrivai nel loro soggiorno, uno di loro portò dell'acqua di rose e me la versò sulle mani; poi il più alto, che si chiamava Davich Khan, mi fece sedere. Lo ritrassi in piedi che impugnava il suo pugnale. I drappeggi, le mani, tutto fu eseguito come voleva lui, che se ne stava così compiaciuto. Lasciai  asciugare il dipinto in un altro soggiorno.

Gli ambasciatori di Tippoo Sultan a Versailles

Questo dipinto, intitolato "Passeggiata degli ambasciatori di Tipu Sultan nel parco di Saint-Cloud", fu realizzato da Charles-Elou Asselin nel 1788 e mostra quanto potesse essere internazionale il mondo del XVIII secolo. La delegazione di Tipu Sultan era arrivata in Francia per cercare di ottenere un'alleanza con Luigi XVI contro gli inglesi stanziati a Mysore. Tipu Sultan avrebbe voluto espandere il commercio con la Francia e i doni che offriva - abiti di cotone, diamanti e perle - esprimevano le sue intenzioni. L'ambasciata di Mysore e i suoi doni, che furono esposti pubblicamente a Parigi, scatenarono accesi dibattiti sullo status della Francia in India e sugli interessi commerciali e geopolitici di Luigi XVI.  Folle di francesi vennero ad accogliere con curiosità i tre ambasciatori durante una passeggiata a Saint-Cloud tra parigini alla moda e venditori di tessuti. L'evento fu immortalato in questa tela che per noi posteri ha la duplice funzione di mostrare la politica internazionale della fine del '700 e quella di illustrare la vivace moda del tempo. La fine degli anni '80 del XVIII secolo fu un'epoca di cappelli e berretti enormi e stravaganti. La varietà modaiola, come i cappelli che assomigliano a torte nuziali, è catturata in un dipinto che misura soltanto 96 cm.





Accostando elementi presi in prestito dalle illustrazioni di moda, vedute topografiche e stampe popolari, Asselin suggerisce come il commercio internazionale e la rivalità imperiale avessero trasformato la monarchia francese, forse contribuendo alla sua crisi.