martedì 6 dicembre 2022

La prima rappresentazione di un Albero di Natale

La piccola incisione realizzata da Joseph Kellner negli anni '80 del Settecento e conservata presso la Collezione Grafica Statale di Monaco di Baviera, mostra una famiglia agiata nel giorno di Natale. In un angolo della stanza c'è un albero che ad un esame più attento risulta essere un fascio di rami di bosso. I rami sono decorati con gli "Springerle", biscotti tipici della Germania del sud, a base di anice, con delle mele e con l'immagine di un angelo illuminato dalle candele.



La principessa Palatina, in una lettera a sua figlia Elisabetta Carlotta divenuta duchessa di Lorena (futura nonna paterna di Maria Antonietta) ricordava non senza nostalgia l'albero di Natale della sua infanzia e i relativi doni che venivano fatti ai bambini per il giorno di Natale: "Non so se da voi c'è il diletto in uso in Germania chiamato Christkindl, cioè bambin Gesù (tradizionale portatore di doni di Natale nei paesi germanici), dove i tavoli vengono disposti come altari e guarniti di doni per ogni bambino, vestiti nuovi, soldi, sete, bambole, caramelle e ogni genere di cose. Alberi di bosso vengono disposti su questi tavoli e a ciascun ramo viene attaccata una candelina: l'effetto è bellissimo."


La descrizione rilasciata dalla Palatina è perfettamente in linea con tutti gli elementi raffigurati nell'incisione di Kellner che ad oggi è la prima rappresentazione che si conosca di un albero di Natale.

martedì 29 novembre 2022

Unseen Versailles

 "I luoghi che una volta la conobbero, la conoscono da sempre. A Versailles, dove una domenica pomeriggio andammo a vedere i giochi delle grandi fontane, sentimmo ovunque la sua meravigliosa presenza. Camminava sorridente lungo la sala dei banchetti e lo scalone d'onore, e fuori sulle terrazze e accanto alle fontane. Stava in piedi, bianca di terrore, ma ancora tutta regina, sul balcone da cui, ottantasei anni fa, guardava la folla ululante e assassina. Ci ha preceduti, fuori dal grande cancello, prigioniera. Nessun'altra regina, nessuna amante reale, infesta così il grande palazzo... ma lei è lì, non per il potere della sua bellezza o sventura, ma per la grazia della sua penitenza." (Grace Greenwood, 21 novembre 1875, The New York Times)

Nelle immagini a seguire alcune fotografie di Deborah Turbeville celebre per il romanticismo e per le atmosfere inquietanti dei suoi scatti. 








Alla fine degli anni'70 la fotografa viveva a Parigi e avrebbe voluto curare un servizio di moda all'interno del castello di Versailles ma le fu rifiutato l'accesso. Fortunatamente, grazie a Jacqueline Kennedy, sua amica e ammiratrice, le fu concesso il permesso di scattare delle foto durante la ristrutturazione del castello. La Turbeville trascorse l'intero inverno a Versailles e ciò che ne trasse fu una serie di immagini spettrali, eleganti, nebulose, immerse in una atmosfera decadente ed onirica.

La fotografa privilegiò le stanze inutilizzate della reggia rimaste immutate, cospargendo i pavimenti di foglie autunnali per sottolinearne l'abbandono e l'incuria.

Nel 1981 la Turbeville presentò il suo lavoro nel libro "Unseen Versailles".

lunedì 14 novembre 2022

La contessa de Feuillide, la cugina "esotica" ed eccentrica di Jane Austen

Eliza Capot in una miniatura
Nel film "Becoming Jane", viene a tratti accennata la figura della ricca cugina vedova di Jane Austen, Eliza Capot, Contessa de Feullide, interpretata dall'attrice Lucy Cohu.

Eliza, nata Hancock, fu cugina di primo grado e più tardi cognata, della scrittrice. Si ritiene che sia stata fonte di ispirazione per una serie di opere della Austen, come Lady Susan (protagonista dell'omonimo romanzo epistolare) e Mary Crawford, tra i protagonisti principali di Mansfield Park. 

Nata a Calcutta, da Tysoe Saul Hanchok un chirurgo che aveva seguito in India la Compagnia inglese delle Indie Orientali, e da Philadelphia Austen, sorella del reverendo George Austen, padre di Jane, Eliza si trasferì nel 1765 in Inghilterra con la famiglia e nel 1779 in Francia con la madre stabilendosi nella Parigi cosmopolita. Fu qui che Eliza incontrò il suo futuro marito Jean-François Capot de Feuillide, descritto come audace, accattivante e affascinante con la reputazione di essere uno degli uomini più belli del suo tempo. Quando Eliza lo incontrò, si era affermato come capitano del reggimento dei dragoni della regina autotitolandosi conte di Feuillide anche se non era conte ma semplicemente figlio di un avvocato di provincia ex sindaco di Nérac.

Eliza gli fu presentata come erede di incommensurabili ricchezze perché l'abile madre aveva fatto sapere in tutta Parigi che la ragazza era figlioccia di Lord Hastings, Governatore delle Indie, che qualcuno ancora oggi indica come il vero padre di Eliza. 

Tysoe Saul Hancock ritratto con la moglie Philadelphia Austen, la piccola Eliza e la domestica indiana Clarinda in un dipinto di Sir Joshua Reynolds, 1763

Eppure, né Feuillide né Eliza erano nobili o ricchi come si pensava. Per quanto riguarda lo stato finanziario di Feuillide, quando suo padre morì nel 1779, non ricevette la quantità di terra o ricchezza prevista. Inoltre, la tenuta di 5.000 acri che possedeva era un'inutile palude che aveva acquisito a causa della posizione di suo padre nel dipartimento forestale. Per essere di qualche valore, doveva essere prosciugato e convertito in terreno agricolo e il conte non aveva i soldi necessari per portare a termine il compito a meno che non avesse sposato una ricca ereditiera, ed Eliza che aveva ricevuto in eredità dal padrino il generoso dono di 10.000 sterline, era la donna che faceva al caso suo.

giovedì 10 novembre 2022

La Rosa di Mittau

Questo dipinto di Jean-Charles Tardieu-Cochin intitolato "La Rosa di Mittau", oggi conservato presso il Museo di Versailles, fu realizzato nel 1816 in piena Restaurazione per commemorare un episodio avvenuto nel 1799 a Mittau, dove la famiglia reale si trovava in esilio.


Esposto al Salon nel 1817, il dipinto presentava la seguente nota nel libretto: "Durante il soggiorno che Luigi XVIII fece a Mittau (nel 1799), questo principe si degnò di coronare con le sue mani una "rosière". Si narra che la giovane vergine, dopo essersi inchinata rispettosamente sotto il diadema di rose che il monarca le poneva sulla fronte, gli disse queste parole profetiche: "Sire, che Dio ve la restituisca". 

Ma che cosa si intendeva per "rosière"?

martedì 25 ottobre 2022

Maria Antonietta nel ritratto postumo di Madame Vigée Le Brun

Maria Antonietta nel ritratto postumo di Madame Vigée Le Brun - 1800
Il presente ritratto è la testimonianza più toccante del rapporto tra Madame Vigée Le Brun e la regina Maria Antonietta. Realizzato su un piccolo pannello di legno con una finitura molto lucida che ricorda un quadro di gabinetto olandese del '600, il ritratto fu eseguito postumo e interamente a memoria verso la fine del soggiorno della pittrice a San Pietroburgo. La regina è raffigurata con una semplice sottoveste di mussola che ricorda quella che indossava per l'esecuzione, il cui candore simboleggia la sua innocenza e il suo martirio. Il ritratto è firmato in basso a destra come era solita fare l'artista, mentre un'iscrizione, sul retro del pannello, indica che fu realizzato nell'anno 1800. La pittrice inviò il suo lavoro alla figlia della regina per mezzo del conte de Cossé. Nelle sue memorie Madame Vigée Le Brun racconta la genesi del dipinto; era stata invitata a Mittau dalla famiglia reale in esilio ma per motivi personali e professionali aveva dovuto declinare l'invito:

sabato 22 ottobre 2022

Una nuova attribuzione?

La mostra "Marie Antoinette:Métamorphoses d'une Image" tenutati a Parigi tra il 2019 e il 2020, aveva riportato alla luce, nel mondo dell'arte, la querelle sulla vera paternità dell'ultimo ritratto della regina: il famoso schizzo che la immortala in cammino verso la ghigliottina. Secondo alcuni il vero autore non sarebbe David e lo schizzo non sarebbe stato eseguito dal vivo. Numerosi esperti d'arte tra cui Philippe Bordes e Xavier Salmon, concordano sul fatto che il disegno non corrisponda allo stile di David; non ci sarebbero peraltro prove che lo schizzo sia davvero opera sua. La presunta errata attribuzione risalirebbe all'antico proprietario dell'opera, tale Jean-Louis Soluavie, colui che scrisse sotto il disegno originale: "Ritratto di Maria Antonietta regina di Francia condotta alla morte, disegnato a penna da David, spettatore della scena dalla finestra della cittadina Jullien (Rosalie Ducrollay) moglie del rappresentante Jullien, che mi raccontò questa storia".
Secondo Salmon l'artista più papabile ad aver eseguito il famoso disegno, sarebbe Vivant Denon; molte opere dell'artista furono erroneamente attribuite a David in passato. I due erano peraltro amici e David aveva aiutato il collega a trovare lavoro nella Parigi rivoluzionaria. Denon che viaggiava spesso era stato espulso da Venezia nel luglio 1793, come spia della Convenzione, ma non tornò a Parigi fino a metà dicembre, quasi due mesi dopo l'esecuzione di Maria Antonietta (il 16 ottobre il pittore si trovava a Firenze). Dunque non avrebbe potuto essere un testimone oculare dell'esecuzione della regina e lo schizzo sarebbe quindi un lavoro di fantasia, un croquis inventé de toute pièce.
Secondo la nuova interpretazione, Denon, fervente rivoluzionario, odiava Maria Antonietta poiché nel 1785 lo aveva fatto richiamare dal suo incarico a Napoli. Fu quindi "pour assouvir sa détestation" che l'artista creò questo schizzo caricaturale.

mercoledì 19 ottobre 2022

La congiura dei parrucchieri

Rue Saint-Honoré nel 1865
Il mattino del 16 ottobre 1793, poche ore prima dell'esecuzione della regina, alcuni congiurati si diressero in Rue Saint-Honoré per prendere posto in attesa della carretta che avrebbe condotto Maria Antonietta al patibolo. Sarebbero diventati in breve cinquecento e forse addirittura millecinquecento. Il piano era semplice: balzare sul convoglio, rapire la regina e portarla in salvo.

Ma chi erano questi ultimi difensori di Maria Antonietta il cui complotto è passato alla storia come "La congiura dei parrucchieri"?

martedì 18 ottobre 2022

Pardon Monsieur, Je ne l’ai pas fait exprès

Tra gli aneddoti più noti riguardanti Maria Antonietta ne spicca uno relativo alle sue ultime parole: "Pardon Monsieur, Je ne l’ai pas fait exprès". Questa parole, rivolte al boia Sanson, dopo avergli pestato accidentalmente un piede, sono note al pari dell'aneddoto del tutto inventato delle brioche. Ma cosa c'è di vero in merito?

Pagina del giornale "Les Révolutions de Paris" di Louis Marie Prudhomme - Anonimo, 1793
Parigi, Louvre - Gabinetto delle Stampe

Zweig liquida l'aneddoto definendolo "inventato con troppo spirito per essere vero". Analizzando però alcuni particolari non è poi così scontato che la storia faccia parte del processo agiografico che fece da preambolo alla Restaurazione. Al Louvre, presso il Gabinetto delle Stampe, è conservata un'incisione, tratta da un foglio di giornale, che non lascerebbe dubbi sul fatto che la storia fosse, se non autentica, sicuramente sorta poco dopo l'esecuzione della regina. L'autore, anonimo, rappresenta gli estremi momenti di Maria Antonietta: si vede la regina rivolgersi al boia sul patibolo per fargli le sue scuse mentre gli aiutanti allestiscono gli ultimi preparativi per l'esecuzione. L'incisione comparve sul giornale Les Révolutions de Paris di Louis Marie Prudhomme all'indomani della morte di Maria Antonietta ma non per celebrarne la gentilezza, bensì con un intento del tutto diverso. Se infatti le scuse della regina al boia sono sempre state percepite dai posteri come un estremo atto di nobiltà,  Prudhomme, vi legge solo un estremo momento di superbia e di orgoglio, arrivando persino ad asserire che forse la regina aveva volutamente cercato un pretesto per avere il suo ultimo momento da protagonista:

domenica 16 ottobre 2022

Spettri dal passato? il saggio di Andrea Biscaro sul fenomeno della psicoscopia d'ambiente

L'avventura spazio temporale delle due insegnanti inglesi che durante una visita al Petit Trianon si ritrovarono proiettate nel passato, è un caso che ancora oggi fa discutere. In Italia l'unico che aveva tentato di dare alla storia un' interpretazione scientifica fu Leo Talamonti che citò l'episodio nel suo saggio "Universo Proibito". E' quindi degno di nota il libro di recente uscita "Spettri dal passato? - Da Maratona al Petit Trianon e oltre" edito dalla casa editrice Graphe.it, il cui editore si dedica alla divulgazione di testi di nicchia e di qualità.

L'autore del libro, lo scrittore torinese Andrea Biscaro che con la stessa casa editrice ha pubblicato altri due piccoli gioielli "L'amante di se stessa - La vita di Madame Rimsky Korsakov" e "Lady Peg - vita di una cagnolina prodigio", con questo libro analizza il fenomeno della psicoscopia d'ambiente raccogliendo una serie di testimonianze su chi ha fatto capolino nel passato, in particolare analizzando il caso del Petit Trianon. Cosa videro le due insegnanti inglesi non lo sappiamo e l'autore non fornisce una risposta ma attraverso le più recenti scoperte scientifiche ne da una pista interpretativa. 

Davvero il passato può dirsi per sempre archiviato?  Guy de Maupassant nella sua novella "La passeggiata" scrive: "Pare che i muri serbino qualcosa delle persone che ci vivono in mezzo: del loro modo di fare, dei loro lineamenti, delle loro parole". 

Il tempo è una dimensione percorribile nei due sensi, e non riesce a sbarrare la strada alle menti dotate di sensi cosmici.




lunedì 26 settembre 2022

Eleonora Fonseca Pimentel

Ritratto di Eleonora Fonseca Pimentel
realizzato sulla base di una nota
litografia - Milano, Istituto Comprensivo
Statale, via Giacosa - Casa del Sole
A Roma, a pochi passi da Piazza del Popolo, una lapide posta al civico 22 di via Ripetta, ricorda che in quel luogo nacque il 13 gennaio 1752, da una nobile famiglia portoghese, la scienziata e poetessa Eleonora Fonseca Pimentel, una delle donne più colte del Settecento italiano. Le vicende di Eleonora ispirarono Enzo Striano per il suo bellissimo romanzo "Il resto di niente", un'espressione molto usata a Napoli, in dialetto "o' rieste e' nient", per indicare nulla, ma proprio nulla.. Secondo l'autore è quello che rimase del sacrificio di Eleonora e degli altri 120 patrioti morti in nome della libertà durante la Rivoluzione Partenopea.

Eleonora si trasferì a Napoli con la famiglia quando aveva appena 8 anni. Le sue rare capacità intellettuali e la sua singolare bellezza la misero presto in luce presso la corte di Maria Carolina della quale divenne bibliotecaria e intima amica. Duff Cooper nella sua biografia di Talleyrand descrive mirabilmente l'atmosfera di quegli anni in cui le donne di ingegno brillavano per la forza e la bellezza della loro conversazione:


"Fu l'era della conversazione, della libera e sfrenata discussione su ogni argomento, celeste o terrestre. Parlare bene era considerata allora la più alta qualità che una persona potesse possedere; l'unica arte nella quale tutti si sforzarono di eccellere; l'unica strada per la quale ogni talento era diretto. Una conversazione, quale quella che si poteva ascoltare allora a Parigi, non si era più sentita forse dal tempo lontano, in cui ad Atene si era fatto silenzio [...] Questa epoca della conversazione aveva una sua fisionomia nuova, che la distingueva da altre del passato. Né Aspasia né Santippe prendono parte ai dialoghi che Platone ci ha tramandato. Invece nella Parigi della giovinezza di Talleyrand le grandi dame erano a capo della conversazione come della moda. Erano esse le arbitre non solo dell'eleganza ma dei costumi, della politica, delle arti. Nessun uomo poteva salire in fama se non sullo sfondo di un salotto, e sopra ogni salotto regnava una donna."

Come viene ricordato nel libro "Per filo e per segno", " la Pimentel è figlia di quell’età dei Lumi che vede le donne abbattere il tabù delle scienze e animare salotti intellettuali".
Studiosa di greco, latino, matematica, fisica, chimica, botanica, mineralogia, astronomia, economia e diritto pubblico, nonostante la giovane età, Eleonora fu ammessa all'Accademia del Filareti, con il nome di Epolifenora Olcesamante, e a quella dell’Arcadia, come Altidora Esperetusa. A18 anni iniziò una corrispondenza epistolare con Metastasio che rimase colpito dalle sue rare qualità e dai suoi versi. Seguirono altre corrispondente con illustri uomini del suo tempo, come  Goethe, Gaetano Filangieri e Voltaire che le dedicò questi versi:

Dolce usignolo della bella Italia
Il vostro sonetto coccola un vecchio gufo
Rifugiato sul monte Giura in un buco,
Senza voce, spennacchiato, e privo di genio.
Vuol lasciare il suo paese noioso;
Vicino a voi a Napoli vuole venire,
Se vi può vedere, se può ascoltarvi,
Riacquisterà tutto quello che ha perso.

Immagine tratta dal film "Il resto di niente", 2004

Dopo la morte del figlioletto di appena otto mesi, al quale dedicò dei versi commoventi in cui l'urlo straziante di una madre può ancora giungere fino a noi, e la fine del suo disastroso matrimonio fatto di umiliazioni e percosse che si concluse appunto con una separazione, Eleonora in un primo momento così vicina alla monarchia borbonica, abbracciò la causa dell’idealismo democratico iniziando a frequentare i salotti illuminati vicini alla massoneria.

venerdì 19 agosto 2022

Il corvo

 Ghastly, grim, and ancient Raven, wandering from the Nightly shore
Tell me what the lordly name is on the Night’s Plutonian shore!”
Quoth the Raven, “Nevermore.”
(Edgar Allan Poe)

Immagine tratta da "Marie Antoinette carnet secret d'une
reine" di Benjamin Lacombe - Guazzo e olio su carta, 2014

Secondo un'antica consuetudine, la Torre di Londra è abitata da una colonia di 8 corvi. Non si sa da quanto tempo i corvi vi si stabilirono ma una leggenda sostiene che se dovessero abbandonare la Torre, la Gran Bretagna si dissolverebbe. Per questo motivo i corvi hanno le ali tarpate da un lato, così da impedire loro di volare. 

Numerose sono le credenze legate a questo volatile. Tradizionalmente associato alla morte, alla stregoneria e al malocchio, il corvo simboleggia anche la fine di qualcosa e il lento e doloroso processo della rinascita.

Un aneddoto riguardante Maria Antonietta ha come protagonista proprio un corvo. Si trattava di un grosso corvo nero che abitava nel parco di Versailles e veniva spesso avvistato nell'area del Petit Trianon.
All'epoca erano ancora molte le persone che consideravano i corvi messaggeri di tristi presagi. Il corvo in questione era piuttosto socievole ed era abituato a mangiare le molliche di pane che gli venivano lasciate dai visitatori e dal personale di servizio. Una mattina di ottobre del 1785, la regina era affacciata alla finestra del suo boudoir al Petit Trianon ed era intenta a fare colazione.
Il corvo apparve all'improvviso sbattendo le ali e chiedendo chiaramente cibo, atterrando proprio sul davanzale della finestra della regina. Maria Antonietta a tutta prima stupita e anche un po' allarmata gli offrì subito un biscotto. Più tardi la regina raccontò il fatto al marito. che ne rimase inquieto per via delle sue convinzioni superstiziose.

mercoledì 23 marzo 2022

La piuma di Arlecchino

Fermaglio donato da Luigi XVI a Maria Antonietta
La moda di indossare piume tra i capelli, attirò la satira e le caricature che denunciavano la ridicolaggine delle acconciature femminili. Queste immagini circolavano ovunque e alcune ricordavano non senza malizia, le fattezze della regina. Maria Teresa non aveva mancato di fare le sue rimostranze alla figlia: "Leggo sui giornali che le tue acconciature di nastri e piume si fanno ogni giorno più alte. Sai bene che sono sempre stata dell'opinione che la moda dovrebbe essere seguita con moderazione. Una regina giovane e bella, naturalmente attraente, non dovrebbe indulgere in tali follie. Non ne hai bisogno. Al contrario, un'acconciatura semplice servirebbe soltanto a sottolineare il fascino della sua persona e sarebbe anche più adatta al suo rango. Dovrebbe essere lei a dettare la moda e tutti seguirebbero quello che essa sceglie di fare." Nonostante le forti reprimende della madre, Maria Antonietta si era appropriata della moda delle piume, anticipandola e lanciandola. Le piume erano tra gli ornamenti che preferiva e davano alle acconciature volumi e altezze eccessivi.

Non solo Maria Teresa ma anche Luigi XVI trovava ridicola questa tendenza. Il re aveva elegantemente suggerito alla moglie, facendole dono di un leggiadro fermaglio a forma di piuma, di non utilizzare troppe stravaganze modaiole:

"Vi prego di limitarvi a questo ornamento, anche perché il vostro fascino non ha bisogno di ulteriori aggiunte. Il presente dovrebbe farvi piacere ancor di più, dal momento che non ha aumentato la mia spesa, poiché composto esclusivamente dai diamanti che possedevo quando ero Delfino". Il suggerimento ovviamente cadde nel vuoto.

Un giorno a corte si esibì il famoso attore italiano Carlo Bertinazzi, meglio noto come Carlin, colui che interpretava Arlecchino con indosso una maschera nera ritraente tratti simili al cane che oggi porta il suo nome, il Carlino.

Acquaforte di autore ignoto pubblicata nel 1777 sul London Magazine - British Museum

lunedì 14 febbraio 2022

Il diario di Luigi XVI

Luigi XVI in un ritratto di Boze

Si è portati a credere che i diari dell'epoca fossero privati ma nel 18 ° secolo, gli occhi del pubblico sembravano al contrario essere presenti nella mente del proprietario di un diario. Ciò che era considerato intimo e segreto era in realtà noto ma convalidato dalla privacy. 

E' questo il caso del famoso diario di Luigi XVI, al quale tutto il suo personale poteva avere accesso. Si è detto che si trattava di un diario di caccia ma a dire il vero, non si è nemmeno sicuri che i luoghi in cui il sovrano asserisse di essere andato a caccia fossero quelli giusti. In alcuni casi si recava in luoghi che poi non annotava. E' chiaro che il sovrano rendeva noto solo ciò che voleva, oltretutto tra molte incongruenze.

Se guardiamo alla pagina del giugno 1788, ci rendiamo conto che il re aggiunse sistematicamente, a posteriori, di aver dormito a Rambouillet; ciò può sembrare banale ma non lo è.

Non si trattava dunque del diario di un ansioso, come molti biografi sostengono, che aveva bisogno di scrivere tutto meticolosamente, ma di un diario ufficiale. Quando qualcuno aveva bisogno di sapere dove si trovasse il re in un determinato giorno, non doveva fare altro che andare a consultare il diario reale. Non era necessario che il sovrano annotasse la verità. Le annotazioni stavano ad indicare solo ciò che il re voleva che si sapesse ufficialmente. I molti "rien" (niente) potevano celare qualsiasi cosa. Il modo migliore per tradurli era: "Andate, non c'è niente da vedere. "

giovedì 27 gennaio 2022

Gaetano Blasa e la sua collezione

Collezionare oggetti è una pratica antichissima, risalente all'antico Egitto e alla Mesopotamia. Ma fu a partire dal '500 che la figura del collezionista divenne tale nell'accezione moderna di tale definizione. 

Un singolare aspetto del collezionismo cinquecentesco è rappresentato dalla Wunderkammer, o meglio "la camera delle meraviglie", contenente rarità di ogni genere. Lo strano, il meraviglioso, il curioso costituivano l'interesse  maggiore della Wunderkammer. Nel Settecento il collezionismo aulico cedette il campo alle cosiddette "Curiosità". 

Ho trovato molto interessante il modo in cui un mio caro amico, Gaetano Blasa, ha descritto il suo essere "collezionista. Gaetano da anni nutre una profonda passione per Maria Antonietta, tanto da raccogliere su di lei una collezione interessante e degna di nota, fatta di libri, curiosità e cimeli. Una vera e propria "Wunderkammer", una manna per ogni amante della regina.