Passeggiata a Marly le Roi - Jean Michel Moreau |
"...a Marly-le-Roi visitai il posto più bello che avessi mai visto in vita mia. Su ogni lato del magnifico palazzo c'erano sei case estive che comunicavano tra loro tramite sentieri ricoperti di gelsomino e caprifoglio. L'acqua scendeva in cascate dalla cima di una collina dietro il castello, andando a formare un grande canale sul quale galleggiava un certo numero di cigni. Alberi stupendi, tappeti verdi, fiori, fontane, una delle quali zampillava cosi alta che se ne perdeva la vista - tutto grandioso, tutto regale, tutto parlava di Luigi XIV. Una mattina incontrai la regina Maria Antonietta a piedi nel parco con alcune dame della sua corte. Erano tutte in abiti bianchi; era così giovane e bella che per un attimo pensai di trovarmi in un sogno. Ero con mia madre, e stavo per andarmene via quando la Regina fu così gentile da fermarmi, invitandomi a proseguire in qualsiasi direzione preferissi. Ahimè! quando tornai in Francia nel 1802 mi affrettai a rivedere la nobile, sorridente Marly... Il palazzo, gli alberi, le cascate e le fontane erano tutti scomparsi, appena qualche pietra è stata lasciata."
Terrazza di Marly, dipinto di Hubert Robert |
Scrive Madame Campan nelle sue memorie:
"Alla regina erano venuti a noia i viaggi a Marly, e non aveva trovato difficoltà a farli venire a noia anche al re, che ne temeva le spese, poiché tutti vi trovavano il loro nutrimento. Luigi XVI aveva stabilito per quei viaggi un’etichetta diversa da quella di Versailles, ma ancora piu’ rigida. Il gioco e le cene avvenivano tutti i giorni ed esigevano una toilette accurata, le domeniche e i giorni di festa, vi erano dei giochi d’acqua, il popolo era ammesso nei giardini e vi accorreva tanta gente quante ce n’era alle feste di Saint Cloud.
I secoli hanno un loro colore: Marly riportava ancora più di Versailles quello di Luigi XIV; tutto sembrava opera della bacchetta magica di una potente fata.
I palazzi, i giardini rassomigliavano alle decorazioni teatrali dell’ultimo atto di un’opera. Non esiste più la benché minima traccia di tanta magnificenza; i demolitori rivoluzionari hanno strappato dalla terra anche le condutture dell’acqua. [...] Il giardino di Marly, lungo e molto vasto, saliva con un insensibile dislivello fino al padiglione del sole, abitato dal re e dalla sua famiglia. I padiglioni dei 12 segni dello zodiaco fiancheggiavano i 2 lati del prato ed erano uniti tra loro da elementi pergolati dove i raggi del sole non potevano penetrare. I padiglioni più prossimi a quello del sole erano riservati ai principi del sangue e ai ministri; gli altri erano occupati dai dignitari di Corte o dalle persone invitate a Marly; tutti i padiglioni prendevano il loro nome dagli affreschi che ne coprivano i muri e che erano stati eseguiti dagli artisti più celebri del secolo di Luigi XIV.
Sulla linea del padiglione più alto c’era la Cappella, a destra un padiglione chiamato “La Prospettiva”, che serviva a mascherare una lunga costruzione in cui si trovavano 100 appartamenti destinati alla servitù di Corte, le cucine, e vaste sale, in cui più di 30 tavole erano splendidamente imbandite.
Durante la metà del regno di Luigi XV le dame portavano ancora “l’abito di Corte di Marly”, chiamato cosi’ da Luigi XIV, e che differiva pochissimo da quello adottato a Versailles; l’abito alla francese, con pieghe sul dorso e grandi paniers, lo sostituì e fu portato fino alla fine del regno di Luigi XVI.
I diamanti, le piume , il belletto , le stoffe ricamate d’oro e d’argento, cancellavano completamente l’aspetto di un soggiorno campestre. [...] Dopo il pranzo, e prima del momento del gioco, la regina , le principesse e le loro dame, sospinte da persone che indossavano la livrea del re in carriole sormontate da baldacchini ricamati in oro, percorrevano i boschetti di Marly, i cui alberi, piantati da Luigi XIV, raggiungevano una altezza prodigiosa; in molti boschetti l’altezza degli alberi era tuttavia sovrastata da getti d’acqua limpidissimi, mentre in altri cascate di marmo bianco le cui acque colpite da un raggio di sole sembravano veli d’argento, facevano contrasto con l’imponente oscurità degli alberi.
La sera, per essere ammessi al gioco della regina, era sufficiente a un qualsiasi uomo ben vestito venir presentato da un Ufficiale della Corte al guardaporte del salone da gioco. Il salone, vasto e di forma ottogonale, si elevava fino all’altezza del tetto all’italiana e finiva con una cupola ornata di balconi dove molte donne non presentate a Corte ottenevano con facilità di prendere posto, per godere la vista della brillante riunione.
Senza far parte della Corte, glu uomini ammessi nel salone potevano pregare una delle dame alla zecchinetta o al faraone della regina, di giocare sulle loro carte l’oro e i biglietti che consegnavano a questo scopo.
I ricchi e grandi giocatori di Parigi non mancavano una sola serata nel salone di Marly e le somme perdute o guadagnate erano sempre considerevoli. [...] Gli uomini presentati a Corte ma non invitati a risiedere a Marly vi si recavano tuttavia come a Versailles, e tornavano in seguito a Parigi; si diceva allora che si era a Marly soltanto “di straforo”; e nulla era piu’ strano che sentir rispondere da un affascinante marchese ad uno dei suoi amici che gli domandava se faceva parte del viaggio a Marly : “No, sono qui solo di straforo”; il che equivaleva a dire: sono qui come tutti coloro la cui nobiltà non risale al 1400. Quanti sublimi talenti, quante persone di gran merito che dovevano presto, disgraziatamente, attaccare la monarchia, si trovavano tra coloro che dicevano di essere a Marly "di straforo".
I viaggi a Marly costavano molto denaro al re [...] e nei 5 o 6 anni che precedettero la rivoluzione vi furono pochissimi viaggi."
"Alla regina erano venuti a noia i viaggi a Marly, e non aveva trovato difficoltà a farli venire a noia anche al re, che ne temeva le spese, poiché tutti vi trovavano il loro nutrimento. Luigi XVI aveva stabilito per quei viaggi un’etichetta diversa da quella di Versailles, ma ancora piu’ rigida. Il gioco e le cene avvenivano tutti i giorni ed esigevano una toilette accurata, le domeniche e i giorni di festa, vi erano dei giochi d’acqua, il popolo era ammesso nei giardini e vi accorreva tanta gente quante ce n’era alle feste di Saint Cloud.
I secoli hanno un loro colore: Marly riportava ancora più di Versailles quello di Luigi XIV; tutto sembrava opera della bacchetta magica di una potente fata.
Giochi d'acqua a Marly - Hubert Robert |
Sulla linea del padiglione più alto c’era la Cappella, a destra un padiglione chiamato “La Prospettiva”, che serviva a mascherare una lunga costruzione in cui si trovavano 100 appartamenti destinati alla servitù di Corte, le cucine, e vaste sale, in cui più di 30 tavole erano splendidamente imbandite.
Durante la metà del regno di Luigi XV le dame portavano ancora “l’abito di Corte di Marly”, chiamato cosi’ da Luigi XIV, e che differiva pochissimo da quello adottato a Versailles; l’abito alla francese, con pieghe sul dorso e grandi paniers, lo sostituì e fu portato fino alla fine del regno di Luigi XVI.
I diamanti, le piume , il belletto , le stoffe ricamate d’oro e d’argento, cancellavano completamente l’aspetto di un soggiorno campestre. [...] Dopo il pranzo, e prima del momento del gioco, la regina , le principesse e le loro dame, sospinte da persone che indossavano la livrea del re in carriole sormontate da baldacchini ricamati in oro, percorrevano i boschetti di Marly, i cui alberi, piantati da Luigi XIV, raggiungevano una altezza prodigiosa; in molti boschetti l’altezza degli alberi era tuttavia sovrastata da getti d’acqua limpidissimi, mentre in altri cascate di marmo bianco le cui acque colpite da un raggio di sole sembravano veli d’argento, facevano contrasto con l’imponente oscurità degli alberi.
Giochi d'acqua a Marly - Particolare del dipinto di Hubert Robert |
Senza far parte della Corte, glu uomini ammessi nel salone potevano pregare una delle dame alla zecchinetta o al faraone della regina, di giocare sulle loro carte l’oro e i biglietti che consegnavano a questo scopo.
I ricchi e grandi giocatori di Parigi non mancavano una sola serata nel salone di Marly e le somme perdute o guadagnate erano sempre considerevoli. [...] Gli uomini presentati a Corte ma non invitati a risiedere a Marly vi si recavano tuttavia come a Versailles, e tornavano in seguito a Parigi; si diceva allora che si era a Marly soltanto “di straforo”; e nulla era piu’ strano che sentir rispondere da un affascinante marchese ad uno dei suoi amici che gli domandava se faceva parte del viaggio a Marly : “No, sono qui solo di straforo”; il che equivaleva a dire: sono qui come tutti coloro la cui nobiltà non risale al 1400. Quanti sublimi talenti, quante persone di gran merito che dovevano presto, disgraziatamente, attaccare la monarchia, si trovavano tra coloro che dicevano di essere a Marly "di straforo".
I viaggi a Marly costavano molto denaro al re [...] e nei 5 o 6 anni che precedettero la rivoluzione vi furono pochissimi viaggi."
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