Tra gli aneddoti più noti riguardanti Maria Antonietta ne spicca uno relativo alle sue ultime parole: "Pardon Monsieur, Je ne l’ai pas fait exprès". Questa parole, rivolte al boia Sanson, dopo avergli pestato accidentalmente un piede, sono note al pari dell'aneddoto del tutto inventato delle brioche. Ma cosa c'è di vero in merito?
Pagina del giornale "Les Révolutions de Paris" di Louis Marie Prudhomme - Anonimo, 1793 Parigi, Louvre - Gabinetto delle Stampe |
Zweig liquida l'aneddoto definendolo "inventato con troppo spirito per essere vero". Analizzando però alcuni particolari non è poi così scontato che la storia faccia parte del processo agiografico che fece da preambolo alla Restaurazione. Al Louvre, presso il Gabinetto delle Stampe, è conservata un'incisione, tratta da un foglio di giornale, che non lascerebbe dubbi sul fatto che la storia fosse, se non autentica, sicuramente sorta poco dopo l'esecuzione della regina. L'autore, anonimo, rappresenta gli estremi momenti di Maria Antonietta: si vede la regina rivolgersi al boia sul patibolo per fargli le sue scuse mentre gli aiutanti allestiscono gli ultimi preparativi per l'esecuzione. L'incisione comparve sul giornale Les Révolutions de Paris di Louis Marie Prudhomme all'indomani della morte di Maria Antonietta ma non per celebrarne la gentilezza, bensì con un intento del tutto diverso. Se infatti le scuse della regina al boia sono sempre state percepite dai posteri come un estremo atto di nobiltà, Prudhomme, vi legge solo un estremo momento di superbia e di orgoglio, arrivando persino ad asserire che forse la regina aveva volutamente cercato un pretesto per avere il suo ultimo momento da protagonista:
"Mentre saliva il patibolo, Antonietta posò inavvertitamente il suo piede su quello del cittadino Sanson; il boia sentì abbastanza dolore da esclamare: "Aiè!" Ella si voltò, dicendogli: "Signore, chiedo scusa, non l'ho fatto apposta". Potrebbe essere che abbia organizzato questa piccola scena perché venga ricordata; poiché l'amor proprio abbandona certi individui solo alla morte. Inoltre, tali erano tutti questi personaggi di corte. Hanno commesso i più grandi orrori, le più ripugnanti ingiustizie, a sangue freddo e senza rimorsi; e chiedono perdono per delle sciocchezze che sfuggono loro."
Un'altra fonte scritta in merito all'episodio la troviamo nell'opera di Horace Viel-Castel "Marie Antoinette et la Révolution, pubblicata nel 1859.
Viel-Castel affermava che l'aneddoto gli era stato riferito da un certo Monsieur Morin, che a sua volta l'aveva ricevuto dal boia Sanson.
Morin riferiva in una lettera a Viel-Castel il 27 giugno 1854: "ho appreso dallo stesso esecutore Sanson che la regina, durante i tristi preparativi per la sua esecuzione, dopo avergli calpestato un piede provocandogli un forte dolore gli disse "Chiedo scusa, Signore". Ho raccolto queste informazione essendo stato impiegato, molto giovane, presso l'ufficio amministrativo di polizia del dipartimento di Seine-et-Oise a Versailles dove Sanson si trovava per i suoi affari personali...".
Si può quindi asserire che fu lo stesso Sanson a raccontare per primo l'aneddoto ed effettivamente chi altri, se non il diretto interessato, avrebbe potuto farlo?
Ma, a parte ricercare la fonte originaria e verificarne la veridicità, la frase può essere considerata plausibile?
Maria Antonietta aveva ciò che lei stessa definiva la sua "gamba malata", un problema che si trascinava da tempo. Anni addietro, cadendo da cavallo, si era ferita una gamba e aveva contratto l'erisipela, un'infezione batterica del derma. Anche dopo essere guarita, la parte colpita rimase delicata, con perdita di riflessi; ciò impediva alla regina di poggiare saldamente il piede in terra e nella giusta posizione. Era quindi spesso soggetta a storte che la costringevano a periodi di riposo più o meno prolungati.
Il giorno dell'esecuzione la regina aveva in atto un'emorragia che sicuramente le aggiungeva ulteriore debolezza, e tremava per il freddo. E' verosimile quindi che in questo stato abbia barcollato, anche per una comprensibile paura, salendo i gradini del patibolo e involontariamente abbia pestato il piede al boia. Le scuse che rivolse al boia si confacevano alla sua innata gentilezza.
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