Il ventunesimo compleanno della regina fu festeggiato nel castello di Fontainebleau. Maria Antonietta che, di solito, come si evince da una lettera di Mercy all'imperatrice Maria Teresa del 1772, festeggiava il proprio genetliaco in ritiro e meditazione, decise di fare per l'occasione le cose in grande.
sabato 31 ottobre 2015
mercoledì 28 ottobre 2015
Balli in maschera
Nel 1897 la Duchessa di Devonshire organizzò un ballo in maschera per festeggiare i 60 anni di regno della regina Vittoria. Gli invitati, circa 700, dovevano rigorosamente indossare un costume ispirato a personaggi del passato, della letteratura e della mitologia. Di questo famoso ballo in maschera esistono 200 fotografie realizzate dal fotografo James Lauder e dai suoi assistenti. Ovviamente al ballo non potevano mancare costumi ispirati a Maria Antonietta e al suo tempo.
Nelle immagini la contessa di Warwick con un costume ispirato a Maria Antonietta:
La contessa Kilmorey con un costume ispirato a Madame Du Barry |
La viscontessa di Milton nelle vesti di Madame Vigée Le Brun |
Maude Alethea Stanley come Madame Valois de La Motte |
Le feste mascherate non erano, come oggi, legate solo ad eventi come il Carnevale ma erano occasioni molto frequenti. Celebre fu il "Ballo dei Tassi", dato in onore del matrimonio del Delfino Luigi Ferdinando con l'Infanta di Spagna il 25 febbraio 1745. Il ballo fu immortalato da Charles-Nicolas Cochin fils in un celebre dipinto. Tra gli arbusti presenti nel quadro, vi era celato anche Luigi XV, il cui costume intendeva riprodurre i tassi del parco. Una nobildonna, avvicinata da un tasso, credendo fosse Luigi XV, vi si concesse.
Il Ballo dei Tassi - Charles-Nicolas Cochin fils (1745) |
Cochin immortalò la scena di un tasso che fa la corte ad una bella cacciatrice, un evidente omaggio al sovrano e a colei (madame de Pompadour) il cui astro aveva iniziato a brillare.
Jeanne Antoinette, mascherata da Diana cacciatrice, mirava ad affascinare il Re in questa pubblica occasione, al punto che Voltaire avrebbe più tardi inviato alla bella fortunata un madrigale, il cui linguaggio cifrato poteva essere chiaro solo agli iniziati, ma che celebrava senza dubbio la nuova favorita:
martedì 27 ottobre 2015
La Suonatrice di salterio e il Disegnatore
Nel 1784 la regina commissionò all'orologiaio Pierre Kintzing e all'ebanista David Roentgen un automa musicale.
Il risultato fu una suonatrice di salterio con le fattezze della sovrana. Si narra che i capelli dell'automa fossero della regina stessa e che il vestito fosse stato confezionato con la stoffa di un abito di Maria Antonietta.
Le arie furono composte da Allemand Christoph Willibald Gluck che a Vienna era stato insegnante di musica dell'allora arciduchessa. Presentato a Versailles lo stesso anno, l'automa fu acquistato dalla regina nel 1785 che lo donò all'Accademia delle Scienze.
Il risultato fu una suonatrice di salterio con le fattezze della sovrana. Si narra che i capelli dell'automa fossero della regina stessa e che il vestito fosse stato confezionato con la stoffa di un abito di Maria Antonietta.
Le arie furono composte da Allemand Christoph Willibald Gluck che a Vienna era stato insegnante di musica dell'allora arciduchessa. Presentato a Versailles lo stesso anno, l'automa fu acquistato dalla regina nel 1785 che lo donò all'Accademia delle Scienze.
Attualmente l'automa si trova presso il Museo delle Arti e dei Mestieri.
Acconciatura alla greca
In questa miniatura di François Dumont, Maria Antonietta è ritratta con un'insolita acconciatura che prende ispirazione dalla moda greca, definita anche "acconciatura ad ampux".
Si trattava di una sciarpa che avvolgeva a mo di fascia la circonferenza cranica.
Già in pieno Rinascimento il modello greco era stato ampiamente rispolverato soprattutto ad opera di Raffaello ma nel Settecento, dopo gli scavi di Pompei e Ercolano, si verificò un rinnovato interesse per la cultura classica.
Si trattava di una sciarpa che avvolgeva a mo di fascia la circonferenza cranica.
Già in pieno Rinascimento il modello greco era stato ampiamente rispolverato soprattutto ad opera di Raffaello ma nel Settecento, dopo gli scavi di Pompei e Ercolano, si verificò un rinnovato interesse per la cultura classica.
Madame Vigée Le Brun realizzò diversi autoritratti con questo tipo di acconciatura che a poco a poco assunse delle varianti tanto che il foulard poteva sembrare un turbante. Famosa la cena "greca" che la pittrice dette in onore di Vaudreuil (che si dice fosse suo amante): tutti gli invitati indossarono abiti bianchi e classicheggianti. La Le Brun fu una delle prime signore ad eliminare la cipria e per un ritratto chiese espressamente alla regina di non applicarla sui capelli ma di tenerli liberi e sciolti.
Non c'era una regola precisa su come aggiustare il foulard, ogni signora lo acconciava come meglio credeva e la regina di sicuro, in questa miniatura, anticipa lo stile Rockabilly degli anni '50 e '60 del Novecento, con il foulard sulla sommità della testa a trattenere la chioma.
L'attrice Jane Russell con una tipica pettinatura "rockabilly". |
mercoledì 21 ottobre 2015
L'Affare del Garofano
La moda di portare un fiore infilato nell’occhiello della giacca, di solito un garofano, ha origine alla fine del ’700 e si collega ad un episodio della Rivoluzione Francese.
Maria Antonietta imprigionata alla Conciergerie, costantemente sorvegliata dalle guardie, aveva comunque modo di ricevere visite dall'esterno: per lo più curiosi, come la stramba Mrs Atkins, si dice persino un prete (colui che ricevette l'ultima confessione della regina) e pittori. Generalmente queste persone pagavano una somma di denaro a Michonis, l'ispettore del carcere. Un giorno Michonis fa entrare nella cella della regina il Cavaliere di Rougeville, un monarchico, cavaliere di San Luigi. Costui, avendo necessità di consegnare un biglietto a Maria Antonietta con le dettagliate istruzioni di un piano di fuga, lo infila furbescamente tra i petali di un garofano disinvoltamente appuntato sul petto. Con un gesto rapido getta il garofano nella cella, senza essere visto. Maria Antonietta cercherà di rispondere al biglietto servendosi di un ago. Questo biglietto è ancora oggi conservato come una reliquia agli Archivi Nazionali, attaccato con uno spillo all'interrogatorio della regina; è assolutamente illeggibile anche perché, in seguito, vi furono applicate altre punture di spillo per renderlo indecifrabile. E' una strisciolina di carta grigia con un che di seta. Fu decifrato da uno specialista, Pilinski, con queste parole: "sono guardata a vista. Non parlo con nessuno. Mi fido di voi. Verrò".
Maria Antonietta imprigionata alla Conciergerie, costantemente sorvegliata dalle guardie, aveva comunque modo di ricevere visite dall'esterno: per lo più curiosi, come la stramba Mrs Atkins, si dice persino un prete (colui che ricevette l'ultima confessione della regina) e pittori. Generalmente queste persone pagavano una somma di denaro a Michonis, l'ispettore del carcere. Un giorno Michonis fa entrare nella cella della regina il Cavaliere di Rougeville, un monarchico, cavaliere di San Luigi. Costui, avendo necessità di consegnare un biglietto a Maria Antonietta con le dettagliate istruzioni di un piano di fuga, lo infila furbescamente tra i petali di un garofano disinvoltamente appuntato sul petto. Con un gesto rapido getta il garofano nella cella, senza essere visto. Maria Antonietta cercherà di rispondere al biglietto servendosi di un ago. Questo biglietto è ancora oggi conservato come una reliquia agli Archivi Nazionali, attaccato con uno spillo all'interrogatorio della regina; è assolutamente illeggibile anche perché, in seguito, vi furono applicate altre punture di spillo per renderlo indecifrabile. E' una strisciolina di carta grigia con un che di seta. Fu decifrato da uno specialista, Pilinski, con queste parole: "sono guardata a vista. Non parlo con nessuno. Mi fido di voi. Verrò".
lunedì 19 ottobre 2015
L'ultima comunione della regina
L'ultima comunione di Maria Antonietta in un dipinto di Michel-Martin Drolling |
Molti storici negano la probabilità che la regina abbia ricevuto la comunione prima di morire, asserendo che molto probabilmente fu un'invenzione nata sotto la Restaurazione per nascondere il fatto che Maria Antonietta fosse morta senza avere ricevuto i conforti religiosi. C'è comunque la testimonianza dell'abate Magnin, uomo di tutto rispetto che, assieme alla signorina Fouché, sostenne di essere entrato nella cella della sovrana con la complicità di Bault.
"Il ricordo di ciò che era accaduto quando Luigi XVI si trovava al Tempio nella medesima congiuntura, e i sentimenti che animavano la regina, mi spinsero a proporle di dirle la santa messa nel buio stanzino che occupava, e di impartirle la santa comunione. Assicurai a Sua Maestà che ci sarebbe stato facile portare colà tutti gli oggetti per tali auguste cerimonie. Avevamo infatti a nostra disposizione, in quei giorni spaventosi, piccolissimi calici che si smontavano, messalini in 18°, pietre d'altare portatili, poco più lunghe del piedistallo d'un piccolo calice: cose tutte che si potevan rinchiudere in un astuccio d'utensili, e potevamo nasconderceli facilmente in tasca.
"Il ricordo di ciò che era accaduto quando Luigi XVI si trovava al Tempio nella medesima congiuntura, e i sentimenti che animavano la regina, mi spinsero a proporle di dirle la santa messa nel buio stanzino che occupava, e di impartirle la santa comunione. Assicurai a Sua Maestà che ci sarebbe stato facile portare colà tutti gli oggetti per tali auguste cerimonie. Avevamo infatti a nostra disposizione, in quei giorni spaventosi, piccolissimi calici che si smontavano, messalini in 18°, pietre d'altare portatili, poco più lunghe del piedistallo d'un piccolo calice: cose tutte che si potevan rinchiudere in un astuccio d'utensili, e potevamo nasconderceli facilmente in tasca.
Maria Antonietta in prigione
Maria Antonietta in gramaglie, Alexander Kucharski (1793) |
Alla Conciergerie Maria Antonietta era servita, per i lavori pesanti, da un certo Barassin, condannato a 14 anni di lavori forzati per delitti comuni. Paul Gaulot riferisce un dialogo tra costui e uno scrittore che, vari anni dopo la morte della regina, lo interrogava sulla vita di questa alla Conciergerie.
Alla domanda su come fosse trattata la regina, Barassin rispose: 'come gli altri'.... e il dialogo continua:
"Come! 'come gli altri'? "
"Si, come gli altri; ciò non può sorprendere che gli aristocratici."
"E cosa faceva la regina nella sua triste stanza?"
"La Capeto! Bha, era molto imbarazzata, si riaccomodava le scarpe..."
"Come dormiva?"
"Su un lettino pieghevole, come voi."
"Come era vestita?"
"Aveva un abito nero tutto stracciato; sembrava una gazza'.
"Era sola? "No, un gendarme era sempre di guardia alla sua porta.
"Il gendarme era con lei?"
"Ve l'ho detto, era di guardia alla porta, ma ella era separata da lui da un paravento tutto forato attraverso il quale potevano vedersi a vicenda."
"Chi le portava i pasti?"
"La cittadina Richard."
"E cosa le serviva?"
"Ah, delle cose buone: del pollo e delle pesche; qualche volta le portava un mazzo di fiori, e la Capeto la ringraziava con tutto il cuore."
Alla domanda su come fosse trattata la regina, Barassin rispose: 'come gli altri'.... e il dialogo continua:
"Come! 'come gli altri'? "
"Si, come gli altri; ciò non può sorprendere che gli aristocratici."
"E cosa faceva la regina nella sua triste stanza?"
"La Capeto! Bha, era molto imbarazzata, si riaccomodava le scarpe..."
"Come dormiva?"
"Su un lettino pieghevole, come voi."
"Come era vestita?"
"Aveva un abito nero tutto stracciato; sembrava una gazza'.
"Era sola? "No, un gendarme era sempre di guardia alla sua porta.
"Il gendarme era con lei?"
"Ve l'ho detto, era di guardia alla porta, ma ella era separata da lui da un paravento tutto forato attraverso il quale potevano vedersi a vicenda."
"Chi le portava i pasti?"
"La cittadina Richard."
"E cosa le serviva?"
"Ah, delle cose buone: del pollo e delle pesche; qualche volta le portava un mazzo di fiori, e la Capeto la ringraziava con tutto il cuore."
domenica 18 ottobre 2015
Abito all'amazzone e redingote
Gli abiti da amazzone riprendevano la linea dell’abito maschile, con giacca camicia e gilet, o falso gilet unito alla giacca.
Derivazione tipicamente inglese dell’abito da amazzone fu la robe à la redingote che riprendeva anch’essa la linea dell’abito maschile semplice e perfetta per il giorno, le scampagnate e le passeggiate.
Derivazione tipicamente inglese dell’abito da amazzone fu la robe à la redingote che riprendeva anch’essa la linea dell’abito maschile semplice e perfetta per il giorno, le scampagnate e le passeggiate.
Maria Antonietta in redingote |
Maria Antonietta a 16 anni in abito da amazzone |
Lady Worsley in abito da amazzone. Sir Joshua Reynolds |
Un abito all'amazzone |
Particolare della redingote |
La "robe à la Française"
Madame de Pompadour con una "robe à la française" - Boucher, 1759 |
L'Andrienne era così chiamata perché fu indossata per la prima volta dall'attrice Marie Carton Dancourt durante la rappresentazione della commedia “Andrienne” di Baron (rifacimento della “Andria” di Terenzio Afro Scipione): l’attrice che interpretava il ruolo della protagonista era incinta e per potersi cambiare agevolmente tra una scena e l’altra sfoggiò questa sorta di comodo camicione da infilare su bustino e panier.
In seguito l'abito si fece sempre più stretto in vita, rimanendo più abbondante sul retro, declinandosi nell'abito alla francese.
La robe à la Française fu lanciata nei primi anni di regno di Luigi XV. Era caratterizzata sul davanti da un bustino stretto, scollato e che metteva in bella mostra il seno; da una “pièce d’estomac”, un inserto di stoffa triangolare che veniva inserito nella parte centrale del bustino e che poteva far parte del corsetto o essere posto sopra di esso.
Aveva una funzione prevalentemente decorativa e allo stesso tempo nascondeva i lacci del corsetto con allacciatura frontale. La gonna era ampia e a cupola, si apriva davanti mostrando il “sottanino”, mentre sulla schiena si allargava in uno strascico che partiva dalle spalle con pieghe a cannone cucite e poi sciolte.
Queste grandi pieghe posteriori che ricadevano dalle spalle fecero sì che la veste assumesse anche il nome di "robe à la Watteau", dal nome del famoso pittore Antoine Watteau che per primo ritrasse delle signore indossanti questo abito.
Una pièce d'estomac |
Una "robe volante" - The Kioto Costume Institute |
Una "Andrienne" - Metropolitan Museum of Art |
Queste grandi pieghe posteriori che ricadevano dalle spalle fecero sì che la veste assumesse anche il nome di "robe à la Watteau", dal nome del famoso pittore Antoine Watteau che per primo ritrasse delle signore indossanti questo abito.
Particolare di un dipinto di Antoine Watteau. La dama di spalle indossa un abito con le tipiche pieghe a cannone che ricadono dalle spalle sul restro della veste. |
Le maniche si allargavano a pagoda fino al gomito, da cui uscivano cascate di pizzo dette “engageantes”. La gonna era sorretta dal “panier” costituita da nastri e stecche di balena e talmente larga da impacciare i movimenti nel sedersi e nel passare le porte.
Il retro della robe à la française |
Robe à la Française - Museo del Costume Palazzo Pitti, Firenze |
Robe à la Française - Museo del Costume Palazzo Pitti, Firenze |
Verso il 1770, la Robe à la française divenne esclusivamente un abito da indossare a corte o durante cerimonie importanti lasciando il posto ad abiti più agevoli e borghesi.
Una naturale evoluzione della robe à la Française fu l'abito "pet-en-l'air" la cui giacca, abbinata ad una gonna, manteneva il motivo delle pieghe a cannone che ricadevano sul retro partendo dalle spalle.
Qui in basso un'evoluzione particolare della Robe à la Française, la Robe à la Piémontaise.
E' raro vedere una veste alla Piemontese perché questo modello, degli anno '80 del Settecento, durò lo spazio di un mattino, dopo di che scomparve. La caratteristica di questa veste era la mescolanza di stili: française, anglaise e in alcuni casi anche polonaise.
Una "robe pet-en-l'air" |
Qui in basso un'evoluzione particolare della Robe à la Française, la Robe à la Piémontaise.
E' raro vedere una veste alla Piemontese perché questo modello, degli anno '80 del Settecento, durò lo spazio di un mattino, dopo di che scomparve. La caratteristica di questa veste era la mescolanza di stili: française, anglaise e in alcuni casi anche polonaise.
Robe à la Piemontaise - 1780 Galleria del Costume di Palazzo Pitti |
Robe à la Piemontaise - 1780 Galleria del Costume di Palazzo Pitti |
Robe à l'Anglaise
La robe à l'anglaise, così chiamata perché fu lanciata in Inghilterra, ebbe la sua massima diffusione verso gli anni settanta del Settecento. A differenza della robe à la française, non prevedeva l’utilizzo del panier, sostituito da imbottiture posizionate al di sotto del bustino non rigido ma attillato per evidenziare il punto vita. L'abito era aderente al corpo e stretto in vita e poteva aprirsi sul davanti per rivelare una sottoveste dal colore in contrasto con la gonna. Spesso veniva abbinata alla veste un fichu (scialle che copriva il petto e le spalle).
Qui in basso una tipica robe à l'anglaise in taffetà a righe bianche e rosa del 1785, conservata al Metropolitan Museum of Art di New York. Il museo collega questa veste a Maria Antonietta. Onestamente non credo sia appartenuta alla regina ma sicuramente Maria Antonietta, come si evince dalla sua gazette des atours, aveva diversi abiti con motivi a righe. E' quindi un ottimo esempio originale di come dovevano presentarsi alcuni abiti della regina:
A seguire una robe à l'anglaise conservata al Museo del Costume di Palazzo Pitti a Firenze:
Abiti all'inglese conservati al Kyoto Costume Institute Museum:
Robe à la Polonaise
Maria Antonietta con una "robe à la polonaise" nel particolare di un dipinto di Hubert Robert |
Negli anni '70 del Settecento sorse un modello chiamato "robe retroussée dans le poches", letteralmente "veste nascosta nelle tasche", un tipo di abito che prese subito piede per la sua praticità e utilizzato soprattutto per le passeggiate.
L'abito era provvisto di una sopravveste che veniva sollevata su entrambi i lati e inserito per parte in alcuni tagli praticati ad uopo nell'abito (di qui il termine "tasche"). La sopravveste in questo modo produceva sul retro dei drappi rigonfi.
Lo stile si ispirava agli abiti da lavoro delle donne più umili che per praticità sollevavano le vesti sui fianchi appuntandole alla meglio.
Più tardi la "robe retroussée dans le poches" assunse un connotato più elegante nel modello chiamato "robe à la polonaise" (veste alla polacca).
La veste alla polacca era provvista di una sopravveste che si divideva in tre parti (un numero non a caso), ciascuna delle quali era mantenuta sollevata da cordoni o nastri formando sui fianchi e sul retro degli sbuffi rigonfi. Il nome "veste alla polacca" derivava dalla prima spartizione della Polonia tra Austria, Prussia e Russia, avvenuta nel 1772, ecco perché la sopravveste era divisa in tre parti.
Un'illustrazione dell'epoca che mostra una robe retrousée dans le poches |
Un particolare dell'illustrazione qui a fianco che mette in evidenza i tagli praticati nella veste |
Maria Antonietta con una robe à la polonaise in un disegno di Madame Vigée Le Brun |
Una robe retroussée dans le poches a righe bianche e rosse - The Kyoto Costume Institute. |
Due vesti alla polacca - Metropolitan Museum of Art, New York |
Robe à la polonaise - Metropolitan Museum of Art, New York |
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