mercoledì 28 dicembre 2016

Corse in slitta

Con Maria Antonietta le corse in slitta tornarono in auge e divennero una vera e propria mania a corte, come la stessa Madame Campan ci racconta nelle sue memorie. Ma la Campan non è l' unica che ci ha tramandato il ricordo di questi innocenti divertimenti. Lo stesso Principe De Ligne scriveva:

"Ho partecipato alla prima corsa in slitta organizzata a Parigi durante la quale rovesciai in un fosso del Boulevard Neuf la duchessa di Mazzarino".
Una splendida fotografia di Versailles sotto la neve
In una lettera di Mara Antoinetta all’Imperatrice datata 14 gennaio 1776 si può leggere:
"Abbiamo avuto una copiosa quantità di neve che non se ne vedeva così tanta da molti anni; si va in slitta come a Vienna. Ci siamo stati ieri qui, e oggi hanno fatto una grande corsa a Parigi. Mi avrebbe fatto piacere poterci andare, ma siccome non vi è mai stato vista una regina, mi avrebbero fatto i conti, e ho preferito rinunciarvi, piuttosto che essere scocciata da nuove storie ”.

Come spesso accadeva però, Maria Antonietta non raccontava sempre la verità alla madre. Dalla lettera di Mercy all’Imperatrice datata 28 febbraio 1776 emerge un' altra versione:

“Il freddo eccessivo non ha impedito a Sua Maestà di fare molte corse in slitta, delle quali alcune si sono svolte nel parco e nei dintorni di Versailles e qualche altra al Bois de Boulogne. Ad una di queste corse la Regina è arrivata fino i boulevards di Parigi e ha anche attraversato molte strade della città. In queste occasioni dove il terreno coperto dal ghiaccio era molto scivoloso, si sarebbero potute verificare cadute frequenti e pericolose; la Regina, per bontà e umanità, non ha voluto essere seguita dalle sue guardie, né dal numero ordinario del servizio a cavallo; nonostante ciò, questo atto di bontà non è stato generalmente acclamato; il pubblico, senza riflettere sul motivo e abituato a vedere i suoi sovrani sempre circondati da un corteo fastoso, ha trovato che la Regina si mostrava con un seguito troppo inferiore alla sua grandezza e alla sua dignità”.

lunedì 19 dicembre 2016

La nascita di Madame Royale

Particolare del dipinto di Joseph Caraud -
Marie Antoinette et sa fille Madame Royale (1870)
Herrenchiemsee (Foto di Jessica Armanelli)
Contrariamente a quanto si legge in molte biografie di Maria Antonietta, riguardo alla sua stoica resistenza al dolore al momento della nascita di Madame Royale, c'è la testimonianza della giovane Marie-Angélique de Mackau, da poco Marchesa di Bombelles, che assistette all'evento. La ragazza, dama del seguito di Madame Elisabeth, scrive al marito ambasciatore a Ratisbona, una lettera dove racconta in toni vibranti la nascita della principessina Marie-Thérèse Charlotte:
"Versailles, 20 Dicembre 1778
Dopo il grande evento che è appena avvenuto, gattino mio, sono stata così stravolta che non ti ho potuto scrivere nemmeno una parolina. Spero che tu l'abbia saputo fra i primi. Siamo abbastanza afflitti di avere una bambina, ma speriamo che la Regina faccia meglio l'anno prossimo. Sai che è stata molto male, dopo aver partorito? Il sangue le è salito alla testa prima che le ultime fasi del parto si fossero concluse. Vermond l'ha fatta salassare al piede, cosa che ha rimesso tutto a posto, ma penso che sarebbe morta se fosse stata salassata anche solo due minuti più tardi. Si dice che sia molto raro che quando ad una donna capita una cosa simile, riesca poi a sopravvivere. Questo pensiero fa venire i brividi. Ora sta bene, ha dormito otto ore questa notte ed è perfettamente tranquilla. Ho passato la scorsa notte in bianco: mi hanno svegliata alle tre di notte; sono stata nel salone da gioco (il salone della Pace) dove era raccolta tutta la corte; ci hanno fatto entrare nella camera nel momento delle doglie espulsive, di modo che l'ho vista partorire. Ti assicuro che in quel momento ho reso grazia a Dio di non essere incinta. Non posso renderti l'idea dell'effetto che mi ha fatto. Ho pensato di avere un malore sentendola urlare. Ha partorito a mezzogiorno. Nel primo pomeriggio tutti quanti hanno avuto notizia dell'evento; la sera c'è stato un fuoco d'artificio sulla piazza d'armi, bellissimo. Ho dormito di tutto cuore questa notte, perchè ero distrutta dal sonno. (...)".
Fa un certo effetto pensare che la povera Marie-Angélique morirà proprio di parto a soli 38 anni, dando alla luce il suo settimo figlio (anch'esso non sopravvissuto alla nascita).

sabato 17 dicembre 2016

Il Tè

La marchesa di Montesson, la marchesa di Crest e la contessa di Damas bevono
il tè -  Carmontelle
La bevanda più elegante che si possa gustare arrivò tardi in Europa, alla fine del XVI secolo, anche se alcuni viaggiatori ne avevano già fatto menzione nei loro scritti. La vendita del tè a tazze o a bricchi si iniziò nei caffè di Venezia nel 1599. Undici anni dopo, per merito della Compagnia Olandese delle Indie, il tè fu importato anche in altri paesi europei. Le foglioline che si compravano a caro prezzo dallo speziale erano considerate un medicinale grazie alle loro proprietà lassative. Ci volle ancora qualche decennio perché questa bevanda iniziasse la sua incredibile ascesa. Il 3 settembre del 1658 sul settimanale "Mercurius politicus" un annuncio pubblicitario comunicava ai lettori che nella Sultaness Head Coffee House, presso il Royal Exchange di Londra, veniva servita "una nuova bevanda cinese, approvata da tutti i medici, che i cinesi chiamano Tcha e altre nazioni Tay, vale a dire Tea". Pochi anni dopo, nel 1662 Caterina di Braganza, moglie di Carlo II, ne diffuse la moda a corte.

Come tutte le novità anche il tè incontrò molte resistenze. Vi fu persino chi, come Jonas Hanway, sosteneva che, bevendolo, gli uomini perdessero la statura e le donne l'avvenenza. Samuel Johnson si descriveva invece come un "bevitore di tè inveterato e senza pudori, che per vent'anni ha annaffiato i suoi pasti unicamente con l'infuso dell'affascinante pianta, che con il tè ha dato il benvenuto al mattino".

giovedì 15 dicembre 2016

Marion della Rosa

Capo giardiniere dei giardini del Petit Trianon e del parco di Versailles dal 1982, Alain Baraton ha scritto diversi libri sui giardini e le piante di Versailles. "Il giardiniere di Versailles", edito nel 2015, è stato tradotto in italiano e lo consiglio caldamente a chi vuole apprendere aneddoti mai sentiti sulla reggia, i suoi abitanti e i suoi giardini da Luigi XIV ai giorni nostri. 

Tra le tante curiosità relative a Maria Antonietta c'è la storia di Marion che riporto qui integralmente:

"Tra la vittime innocenti si trovano i nomi di Marion e Jean de l'Eau: fanno parte dei 'Racconti e leggende del Trianon'. Marion era la figlia di uno dei giradinieri del parco e la regina le si era affezionata. Se Maria Antonietta qualche volta viene presentata come tirannica e spendacciona, il suo amore per i bambini non è mai stato messo in dubbio. La piccola doveva avere dodici anni alla vigilia della Rivoluzione. I bambini a quell'epoca lavoravano e Marion aveva il compito di tagliare le rose e confezionare mazzi per la regina... Né lei né Marion mancavano mai al loro appuntamento quotidiano. Si racconta anche che, all'inizio della Rivoluzione, nella breve stagione della monarchia costituzionale, Maria Antonietta avesse pianto sentendo l'adolescente intonare canti rivoluzionari. Il dettaglio probabilmente non è storico, ma rende la storia tanto più bella!...Toccò poi a Marion singhiozzare quando portarono via la sua regina e fata madrina. Non fu certo la sola ad essere triste. Jean de l'Eau, chiamato così perchè tra i suoi compiti c'era quello di andare a Ville-d'Avray a prendere l'acqua di sorgente per sua maestà, dovette arruolarsi nell'esercito per difendere la Rivoluzione minacciata alle frontiere. Condannato ad abbandonare Marion, che segretamente amava, Jean dell'Acqua si separò da Marion della Rosa.


Fleur de lys

Narra una leggenda che Luigi VII, vedendo dopo una battaglia vittoriosa degli iris fioriti in un campo, decise di farne l'emblema del suo regno. 

Particolare del ritratto di Maria Antonietta di Jean Baptiste Gautuer Dagoty in cui è visibile sul manto regale l'emblema
del regno di Francia
Fiore simmetrico, la sua struttura è il tre: tre petali interni eretti, tre petali esterni ricadenti. Fu chiamato fleur de Louis per essere poi confuso, a causa dell'assonanza delle due parole, con il fleur-de-lys, il fiore del giglio: così nel Medioevo si cominciò a considerare come fiore simbolo della monarchia francese non l'iris, ma il giglio. Lo stesso errore fu commesso con l'emblema di Firenze dove tuttavia ogni anno, sotto il piazzale Michelangelo, viene aperto al pubblico il giardino dell'iris: ve ne fioriscono vari tipi e di tutti i colori. Il fatto che l'iris sia l'autentico fiore della città medicea lo attesta anche il suo nome botanico, Iris florentina

domenica 11 dicembre 2016

La pittrice della regina

Madame Vigée Le Brun a 16 anni in un autoritratto a pastello
Maria Antonietta non era un soggetto facile da ritrarre. Molti pittori si erano cimentati nell'impresa ma furono davvero in pochi a coglierne la vera essenza. Fu la giovane Elisabeth Vigée Le Brun la sola che probabilmente riuscì a trasferire su tela la soprendente freschezza e il fascino evanescente di una donna che non era bella nel senso che diamo noi a questa parola ma in un certo senso semplimente graziosa e dotata di una allure che sfidava ogni critica.
La pittrice vedeva la regina con gli occhi acritici del pittore di corte, la cui carriera dipendeva dai favori di una donna che desiderava essere immortalata più come regina della moda che come regina di Francia. Tuttavia fu la sola che riuscì a minimizzarne i difetti dando il massimo rilievo ai pregi, come nel delizioso ritratto con la rosa, che mette in evidenza le bellissime mani.

Coetanea di Maria Antonietta e dal talento precoce, Madame Vigée Le Brun era la figlia di un pittore poco noto e di una parrucchiera. Aveva sposato a 20 anni un collega pittore, Jean-Baptiste Le Brun, donnaiolo e con il vizio del gioco, che sfrutterà la carriera e la celebrità della moglie. Al tempo stesso però, Monsieur Le Brun era un ottimo mercante d'arte e sua moglie ne trarrà beneficio per la sua professione. Da questo matrimonio che finirà presto, nacque un'unica figlia, l'amatissima Jeanne-Julie-Louise. Nemmeno durante la gravidanza Elisabeth lascerà i pennelli; si dice che solo durante il travaglio smise di lavorare.

giovedì 8 dicembre 2016

La frutta Martorana

La frutta "Martorana" è un dolce tipico siciliano realizzato con la pasta di mandorle. Il nome deriva dalla chiesa di Santa Maria della Martorana, fatta costruire nel 1143 da Giorgio d’Antiochia, nei pressi del vicino monastero benedettino, fondato dalla nobildonna Eloisa Martorana nel 1194.

La frutta Martorana

mercoledì 7 dicembre 2016

Les Chaussons de la Belle

Chi non ha presente la vispa e piccante damina del celebre dipinto di Fragonard, che perde graziosamente una delle sue scarpette dall'altalena?
Quelle scarpette così ben immortalate dal pittore sono spesso visibili in tanti altri dipinti dell'epoca. Si chiamavano mules e furono lanciate, si dice, da una delle tante favorite di Luigi XV, la duchessa de Châteauroux, sponsorizzate si direbbe oggi. Chiuse nella parte anteriore ma lasciate scoperte nella parte del calcagno, le mules, che avevano l'aspetto di eleganti pantofole, potevano essere con o senza tacco e venivano indossate anche nei mesi invernali.

Queste calzature tornano a rivivere oggi grazie ad una collezione made in Italy, "Les Chaussons de la Belle", rigorosamente realizzata a mano; ispirata alla sofisticata, voluttuosa estetica del Settecento ma allo stesso tempo modernissima e attuale. Una collezione raffinata, sensuale e libertina di objets de désir dedicata ad un tipo di donna colta, intelligente e femminile.

domenica 4 dicembre 2016

Biscotti di Natale

Particolare del guazzo di Maria Cristina che rappresenta il giorno di San Nicolò.
Maria Antonietta mostra felice la bambola ricevuta in dono mentre il fratellino
Massimiliano mangia i biscotti
Nel celebre guazzo realizzato dall'arciduchessa Maria Cristina, rappresentante il giorno di San Nicolò (qui a fianco in un particolare), si notano in terra dei biscotti tipici delle festività natalizie: i Linzeraugen e i biscotti pan di zenzero. I primi sono una derivazione della Linzer Torte (torta di Linz), in tedesco Linzerauge significa "occhi di Linz". 

La ricetta della Linzer torte è quella più antica al mondo e i biscotti sono la versione ridotta di tale torta; si ottengono tagliando un cerchio di un impasto simile a quello della torta, ricoprendolo di marmellata (preferibilmente di ribes), piazzando un altro tondo di pasta in cima, questa volta a forma di ciambella con un buco al centro dell'impasto e spolverando poi con dello zucchero a velo.

I biscotti pan di zenzero (ginger-bread)  si possono facilmente trovare ancora oggi nei mercatini di Natale e nelle più svariate forme; a forma di omino, a forma di San Nicola, a forma di cuore, a forma di stella. Molto antichi e documentati già in epoca elisabettiana, venivano realizzati nei conventi e potevano essere acquistati dallo speziale. Ricchi infatti di spezie, come appunto lo zenzero, la cannella e i chiodi di garofano, la loro funzione era digestiva ma soprattutto energetica, un aiuto per sopportare meglio il freddo, non per niente sono biscotti tipici dei paesi nordici.