lunedì 14 ottobre 2019

Rosalie Lamorlière

Presunto ritratto di Rosalie Lamorlière.
Di lei non si conoscono ritratti certi ma sappiamo che la figlia di
 Joseph Boze dipinse un ritratto di Rosalie
nel periodo in cui il noto pittore si trovava in carcere.
Non conosciamo molto del suo aspetto fisico, tranne quel poco che
Madame Simon-Viennot riferì dopo averla incontrata per intervistarla nel 1836:
una donna alta e magra e dall'aria solenne che dimostrava molto meno dei
suoi 68 anni. 
"La povera ragazza non ha una storia". Così, un famoso storico dell'Ottocento, Lenotre, riassumeva la vita di Marie-Rosalie Delamorlière.
Tuttavia questa giovane piccarda, il cui ricordo sarebbe svanito dalla memoria dell'umanità al pari di tante altre persone comuni, ebbe un destino che la legò in maniera imperitura al nome di Maria Antonietta. Oggi è quasi impossibile ricostruire con esattezza la sua vita e le sue origini perché la città di Breteuil, dove nacque il 3 marzo 1768, fu praticamente rasa al suolo dai tedeschi nel 1940 e molti documenti, tra cui i registri parrocchiali, andarono perduti per sempre.
Quel poco che sappiamo di Rosalie è che era figlia di un calzolaio e che rimase orfana di madre a 12 anni. Dovette prendersi cura dei sei fratelli più piccoli e iniziare a lavorare molto presto. A 22 anni si trasferì a Parigi proprio in piena rivoluzione andando a lavorare come domestica presso Madame Beaulieu, donna di fede monarchica, il cui figlio era un famoso attore comico dell'epoca.
Per evitare qualsiasi equivoco che in un periodo storico come quello della Francia rivoluzionaria poteva anche portare a spiacevoli conseguenze, abbandonò il primo nome "Marie", eliminando in questo modo qualsiasi connotazione religiosa, e il "De"(larmolière) che non era affatto, nel suo caso, una particella nobiliare ma che avrebbe potuto sembrarlo per assonanza.

Quando Luigi XVI fu condannato a morte, madame Beaulieu, già paralizzata, ne fu annientata. Maledisse i carnefici del re e morì poco dopo. 
Suo figlio raccomandò Rosalie a madame Richard, ex merciaia e moglie del custode della Conciergerie. La ragazza prese servizio nella prigione con molta riluttanza, spinta da Monsieur Beaulieu che conoscendone l'indole caritatevole e la pronta intelligenza, la pregò di accettare un lavoro dove avrebbe potuto essere utile a tante persone oneste rinchiuse nella prigione.

Fu così che Rosalie si ritrovò a lavorare alla Conciergerie proprio nel momento in cui vi veniva trasferita la regina, nell'agosto del 1793.

Quando la ragazza, assieme a Madame Richard, entrò per la prima volta nella cella di Maria Antonietta notò che la regina si asciugava meccanicamente la fronte madida di sudore.
"I suoi occhi contemplarono con stupore, l'orrenda nudità della stanza " raccontó Rosalie.
I coniugi Richard cercarono per quel che poterono di rendere più umana la detenzione della regina attraverso piccole accortezze come quella di coprire la parete contro la quale si trovava il letto con una grossa tenda (la stanza era umidissima e le pareti trasudavano) e di fornire biancheria fine per il letto. Prima che la regina entrasse in quel tugurio, la Richard aveva fatto acquistare presso un tappezziere, tale Bertrand, che abitava a due passi dalla Conciergerie, un letto a cinghie, due materassi, un guanciale, una coperta, una poltrona di canna fungente da guardaroba,  e un bidet di bazzana rossa fornito del suo schizzetto, il tutto per la "vedova Capeto". Aveva poi aggiunto nella stanza una tavola e due sedie di paglia e un paravento. Rosalie aveva portato, dalla sua stanza, uno sgabello di stoffa e uno scatolone perché la regina potesse riporvi i pochi effetti personali. "Ella", racconta la ragazza, "ricevette lo scatolone con la stessa soddisfazione che se le fosse stato prestato il più bel mobile del mondo".

"Il 2 agosto, durante la notte, quando la regina arrivò dal Tempio, notai che non aveva portato con sé nessun tipo di vestito. Il giorno dopo, e ogni giorno da allora in poi, questa infelice principessa chiese la biancheria e Madame Richard, temendo di compromettersi, non osò prestargliela o fornirgliela. Alla fine il municipale Michonis, che nel suo cuore era un uomo onesto, si recò al Tempio e, il decimo giorno, portò di nascosto un pacco, che la regina aprì rapidamente. Conteneva bellissime camicie di batista, fazzoletti da taschino, fichus, calze di seta o di filoselle nere, una vestaglia bianca per la mattina, qualche berretto da notte e diversi pezzi di un nastro bianco, di larghezze diseguali. " (1)

"La signora, che era eccessivamente pulita e delicata, guardava la mia biancheria che era sempre pulita, e dalle sue occhiate sembrava ringraziarmi per le accortezze che avevo per lei. A volte mi indicava il suo bicchiere perché le servissi da bere. Beveva solo acqua, anche a Versailles, come ci ricordava a volte. Ammiravo la bellezza delle sue mani, la cui piacevolezza e bianchezza erano al di sopra di qualunque cosa si potesse dire.
Senza importunarla mi inserivo tra il tavolo e il suo letto e ammiravo l'eleganza di tutti i suoi tratti che la finestra illuminava perfettamente, e un giorno notai qua e là alcuni segni di vaiolo molto leggeri, per così dire impercettibili, che non si notavano a quattro passi da lei. Ai tempi di Lebeau, Madame si acconciava i capelli ogni giorno davanti a lui e me, nel mentre che preparavo il letto, e che sistemavo il vestito su una sedia. Notai dei capelli bianchi su entrambe le tempie. Non ce n'era quasi nessuno sulla fronte o tra gli altri capelli".
"Madame Richard mi permise di prestarle il mio specchietto. Offrirglielo mi fece arrossire perché lo specchio era stato acquistato sulle bancarelle e non mi era costato più di venticinque soldi. Mi sembra ancora di vederlo. Era bordato di rosso con volti cinesi dipinti su entrambi i lati. La regina accettò lo specchietto perché lo ritenne una cosa piuttosto importante e lo usò fino all'ultimo giorno di vita".


Ute Lemper nei panni di Maria Antonietta nel film "L'Autriachienne" (1989)
La giornata di Maria Antonietta era lenta e monotona anche perché nulla le era consentito fare, nemmeno lavorare a maglia per paura che con i ferri potesse porre fine ai suoi giorni. La sua unica distrazione consisteva nel guardare le due guardie che giocavano a "jacquet"; a intervalli strappava il grosso filo della tela che rivestiva le pareti della sua cella e con quel filo, con la sua mano liscia, realizzava una rete minutissima aiutandosi con il ginocchio che le fungeva da cuscinetto.

Medaglione esposto al Carnavalet contenente i fili della tappezzeria della cella in cui fu rinchiusa la regina

La mattina si alzava alle sette, si infilava le pantofoline "ribattute" e beveva una tazza di caffè o di cioccolata. Faceva la sua toeletta davanti allo specchietto prestatole da Rosalie: "la sua pettinatura era delle più semplici" ci racconta la ragazza, "si separava i capelli sulla fronte dopo avervi sparso un po' di cipria profumata", dopo di che con un nastro bianco legava l'estremità dei capelli, li annodava con forza e poi le due parti di nastro venivano incrociate e fissate sulla testa, dando alla capigliatura la forma di uno chignon mobile.

"Madame Richard, per via di una recente legge, aveva nascosto la propria argenteria, la regina era servita con posate di stagno che io tenevo pulite e lustre per quanto mi era possibile. Sua Maestà mangiava con appetito abbastanza buono; spezzava il pollame in due, vale a dire che lo faceva durare due giorni. Scarniva gli ossi con una facilità e una cura incredibili. Non lasciava mai i legumi, che costituivano il suo secondo piatto. Quando aveva finito, recitava a bassa voce l'atto di ringraziamento, si alzava e camminava avanti e indietro. Era per noi il segnale di andarcene."


"Si erano dimenticati di toglierle i due anelli con solitario. Quei due brillanti erano, senza che ella vi facesse caso, una specie di trastullo per lei. Seduta e sovrappensiero, se li toglieva, se li rimetteva, li passava da una mano all'altra parecchie volte in uno stesso momento". 

Per distrarla Madame Richard le condusse un giorno il più piccolo dei suoi figli, Fanfan, "che era biondo e aveva occhi molto vivaci". La povera donna, raccontò Rosalie "vedendo quel bambino, trasalì visibilmente ; se lo prese tra le braccia, lo coperse di baci e di carezze e si mise a piangere, parlandoci del signor Delfino, che era su per giù della stessa età; ci pensava giorno e notte; e ne parlava continuamente... ".

"L'angoscia, l'aria cattiva, la mancanza di esercizio fisico, peggioravano le condizioni di salute della regina. Il sangue le si riscaldava, ed essa soffriva di fortissime perdite. Io ne ero di solito al corrente; essa mi chiedeva in gran segreto stracci fatti con la biancheria, e spesso io facevo a pezzi le mie camicie e mettevo gli stracci sotto il suo cuscino". 

Nelle sere di settembre la regina soffriva il freddo; nella stanza non c'era un caminetto e neanche una stufa. Rosalie, ogni sera riscaldava davanti al suo fuocherello acceso la camicia da notte della regina prima di portagliela.

Testimonianze, queste, estremamente commoventi e allo stesso tempo preziose per uno storico che si appresta a ricostruire nei dettagli la vita della regina alla Conciergerie. Tuttavia i pareri degli studiosi sono discordanti su Rosalie. C'è chi ritiene che a lei dobbiamo la più sincera relazione delle settantasei ultime giornate della regina. Altri considerano la ragazza quasi un'invenzione letteraria nata dalla bizzarra immaginazione di Lafont D'Aussonne (tra i primi biografi di Maria Antonietta) che fu il primo a riportare integralmente la "relazione" di Rosalie (ricordiamo che la giovane era praticamente analfabeta) nelle "Memorie segrete e universali sulla vita e le disgrazie della regina di Francia"; all'ultima ancella di Maria Antonietta, D'Aussonne avrebbe affidato il ruolo della pia ragazza del popolo che fu accanto alla regina nell'ultima fase della sua vita, portandole un po' di consolazione e calore umano. Per molti, dunque, una costruzione romantica nata in piena Restaurazione.

La firma un po' incerta di Rosalie. La ragazza era praticamente analfabeta
Le perplessità nascono dal fatto che nella relazione scritta rilasciata da Madame Bault (moglie del secondo custode della Conciergerie che prese servizio nella prigione dopo l'arresto dei coniugi Richard) il nome di Rosalie non viene mai menzionato. La signora Bault riportò che gli unici che potevano avvicinarsi alla regina erano suo marito e sua figlia. La sorveglianza, dopo L'Affare del Garofano" si era fatta più dura e Madame Bault, nei suoi ricordi, ci tiene a sottolineare il fatto che nemmeno lei poteva entrare nella cella della sovrana. Altro particolare degno di nota: non vi è, nella relazione della Bault, alcun riferimento alle frequenti emorragie di Maria Antonietta; viene citato solo il fatto che la regina aveva un grande bisogno di biancheria intima. 

Vi è però la testimonianza del poliziotto Lèger, incaricato con un altro gendarme, il cui nome non ci è  dato sapere, di sorvegliare la regina dopo la sentenza di morte. Lèger contraddice e rafforza allo stesso tempo le storie di Madame Bault e di Rosalie. Contrariamente a quanto affermarono entrambe, la regina di ritorno dal tribunale rivoluzionario, non tornò nella sua cella ma fu condotta in un gabinetto attiguo al tribunale, destinato ai condannati che non potevano essere consegnati alla morte fino al giorno successivo al loro giudizio. Dunque Rosalie non assistette né rassicurò Maria Antonietta. D'altra parte il gendarme coinvolge direttamente Madame Bault ricordando di come la regina le chiese di potersi cambiare la camicia per via di una perdita di sangue che da diversi giorni la stava esaurendo. La moglie del portiere non se lo fece ripetere due volte. 
Pertanto Lèger indica senza alcun dubbio che la regina soffriva davvero di emorragie, confermando in questo modo la testimonianza di Rosalie, senza però confermare la presenza e il ruolo della ragazza alla Conciergerie. Ma anzi indica un legame tra Maria Antonietta e Madame Bault, andando a smentire i racconti di quest'ultima che affermava di non essere mai stata alla presenza della regina. 

A chi dobbiamo credere? A madame Bault che nei suoi ricordi mise in risalto la devozione del marito e della figlia verso la sovrana ma che tace sulle continue emorragie di quest'ultima? Un silenzio effettivamente inquietante, forse attribuibile solo alla modestia, alla consapevolezza di essere impotenti di fronte ai problemi di salute di una condannata a morte; ad una certa abitudine a vivere in ambienti malsani e nauseabondi, intrisi di sudore e sangue.
O dobbiamo credere alla relazione di Rosalie?

Géraldine Danon nei panni di Rosalie nel film "L'Austriachienne"
Comunque la si guardi, per uno storico non è semplice districarsi tra le testimonianze di un periodo storico come quello della Rivoluzione.  D'altra parte nel periodo della Restaurazione le memorie e le relazioni di chi visse a contatto con i sovrani non si contano; non solo esse avevano lo scopo di riabilitare la memoria del re e della regina e di ingraziarsi in questo modo Luigi XVIII e la duchessa d'Angouleme, ma divennero anche un business. Stefan Zweig scrive a tal proposito: "Ciascuno che un tempo abbia avuto un posticino alle Tuileries, nella prigione o nel tribunale rivoluzionario, si presenta come scrittore: la sarta e la seconda governante dei figli, tutti i suoi amici e, last not least, persino il carnefice, signor Sanson, devono scrivere memorie o prestare almeno il nome dietro adeguato compenso." 

Eppure uno storico accorto e scettico come Zweig considera autentica la relazione di Rosalie e assieme a lui anche tanti altri autorevoli storici come Castelot e Lenotre. Non tutti però sono d'accordo sul ruolo da protagonista che la ragazza ebbe nelle ultime ore di vita di Maria Antonietta.
Nella biografia di Joan Haslip, per esempio, si può leggere: "Maria Antonietta stava pregando quando Bault arrivò presto quel mattino nella sua camera. Lei chiese una tazza di cioccolato e un piccolo pane chiamato mignonnette, che le fu portato da un caffè vicino. Fu la moglie del governatore, non Rosalie, che l'aiutò a vestirsi quell'ultima mattina...". Dunque l'ultimo pasto della regina fu una cioccolata calda? Rosalie ci dice che Maria Antonietta ebbe solo la forza di sorseggiare uno o due cucchiai del brodo speciale che lei stessa le aveva preparato. A tal proposito è interessante ricordare la figura del medico Joseph Souberbielle specializzato in ginecologia ed oncologia che fu per un certo periodo anche medico militare. Amico e medico personale di Robespierre, fu tra i giurati al processo della regina. Su incarico di Robespierre aveva monitorato la salute di Maria Antonietta consigliandole di consumare un brodo speciale a base di pollo. Rosalie menzionava spesso questo brodo che preparava personalmente e di cui andava particolarmente orgogliosa.

Un altro tassello, dunque, che ci porta a ritenere la testimonianza della ragazza verosimile. E' in effetti poco plausibile, tenendo conto dello stato di salute e dello stato d'animo della regina che quest'ultima, poche ore prima di morire, avesse ordinato una tazza di cioccolata. E' invece più credibile che abbia sorseggiato pochi cucchiai controvoglia del brodo preparatole da Rosalie.
Rosalie riferisce di aver servito questo brodo alla regina anche durante il processo, quando l'udienza venne sospesa nel pomeriggio. La regina non aveva mangiato nulla fin dal mattino: "Presi immediatamente un ottimo brodo che tenevo di riserva sul fornello. Salii dalla Regina. Mentre stavo per arrivare in una sala, dove lei si trovava, un commissario di polizia di nome Labuzière, piccolo e rincagnato, mi strappò la zuppiera dalle mani e, dandola alla sua amante, giovane e ben messa, mi disse: 'questa giovane ha un gran voglia di vedere la vedova Capeto; è una bellissima occasione per lei', e quella donna immediatamente si allontanò, portando il brodo che andava spandendo di qua e di là. Ebbi un bel pregare e supplicare Labuzière; era onnipotente e dovetti obbedire. Che cosa avrà pensato la regina? ricevendo la zuppiera dalle mani di una persona che non conosceva?".

Ma continuiamo con le poche note biografiche che abbiamo a disposizione anche grazie al lavoro di ricerca  svolto da Ludovic Miserole nel suo romanzo storico "Rosalie Lamorlière, l'ultima cameriera di Maria Antonietta" del 2010. Ad oggi l'unico libro dedicato a questa delicata figura pressoché sconosciuta.

Alla Conciergerie Rosalie ebbe contatti con altre famose personalità come Madame Du Barry, Robespierre, Philippe-Egalitè, e a tutti manifestò grande umanità. Ciò le valse il soprannome di "Mam'zelle Capet". Lavorerà nella prigione in totale sei anni. Dopo di che continuerà a lavorare come domestica, cuoca e sarta. Nel 1801 ebbe una figlia da padre rimasto sconosciuto. Della bambina non si occuperà mai. Questa parte della sua vita rimane un mistero. Nel 1824, afflitta da una violenta sciatica, entrò nell'Ospedale degli incurabili (successivamente ospedale di Laennec). Le verrà pagata una pensione di 200 franchi su interessamento della duchessa d'Angouleme che però non volle mai incontrarla. Nell'ospedale finirà i suoi giorni all'età di 80anni.

Sepolta in una fosse comune nel cimitero di Montparnasse su interessamento della figlia le verrà eretto un monumento funebre al cimitero di Père Lachaise presso la tomba di famiglia del genero, Antoine Lacroix. Vi si legge:

 "In memoria di mia madre, Rosalie Dellamolière, l'ultima persona che fu accanto alla defunta regina Maria Antonietta durante la sua prigionia per 76 giorni per i bisogni di tutto il suo servizio che assolse con dolcezza e rispetto. Morì il 2 febbraio 1848 all'età di 80 anni. Prega per lei". Dellamolière è il nome con il quale venne registrata la figlia all'atto di nascita; probabilmente un errore di trascrizione da parte dell'ostetrica che si occupò della registrazione. Un suo pronipote morì a Parigi nel 1912.




Sebbene avesse preziosi ricordi della regina (compresi pezzi di tessuto appartenuti a Maria Antonietta cuciti su un suo vestito), a Rosalie non piaceva molto parlare di quel periodo alla Conciergerie. Non le piaceva essere ridotta a questo semplice ruolo di ultima testimone e probabilmente le sarebbe piaciuto tenere per sé il rapporto di confidenza nato tra lei e la regina. Malgrado ciò accettò di essere intervistata due volte. Una volta nel 1824 dal già citato Lafont D'Aussonne  e un'altra nel 1836 da Madame Simon-Viennot che incontrò l'ormai sessantottenne Rosalie il 1° dicembre 1836 presso l'ospedale degli incurabili e che riportò l'intervista nel suo libro "Maria Antonietta di fronte al XIX secolo" edito nel 1838.

Ecco il dialogo riportato per iscritto da Simon-Viennot:

Io: Sarete stata ascoltata con profondo interesse alle Tuileries dall'augusta figlia di Maria Antonietta che, senza di voi, non avrebbe mai saputo con che grande eroica abnegazione fu sopportato questo martirio durato sessantacinque giorni

Rosalie: Godo ancora dei benefici della duchessa d'Angouleme ma non ho mai potuto ringraziarla; tuttavia sarei felice di rinunciare a tutti i vantaggi che mi ha elargito pur di vedere una volta la figlia di Madame.

Avevo notato che Rosalie, parlando di Maria Antonietta, l'aveva chiamata solo "Madame" e le chiesi se, durante il suo servizio presso di lei, non le si rivolgesse con un altro titolo: "No", rispose lei. "Tuttavia, quando mi trovavo sola con Sua Maestà, avrei potuto parlarle come al mio sovrano; ma temevo che tutto questo potesse ricordarle il suo luminoso passato; reprimevo davanti a lei l'ammirazione che il suo sublime coraggio mi ispirava. Ahimè! Avrei voluto servirla in ginocchio ma fingevo di mostrare devozione solo alla mia padrona, Madame Richard.

Io: La regina Maria Antonietta veniva descritta dal popolo come una donna violenta e vendicativa; avete mai notato questa disposizione di carattere che le veniva attribuita, durante i crudeli oltraggi che subì alla Conciergerie? Vi sembrava animata, come molti dei suoi nemici, da progetti o desideri di vendetta contro i suoi persecutori?

Rosalie: Non l'ho mai sentita lamentarsi del suo destino o dei suoi nemici e la calma delle sue parole rispecchiavano il suo riserbo; tuttavia, c'era in questa tranquillità qualcosa di così profondo e di così imponente, che Madame Richard, il carceriere Lebeau (Bault) ed io, entrando nella sua stanza, rimanevamo sempre rispettosi all'entrata senza osare avvicinarci a meno che non fosse lei stessa ad invitarci con la sua voce dolce e il suo sguardo aggraziato.

Io: Parlava mai della morte di Luigi XVI, sembrava temere la stessa sorte?

Rosalie: Diceva che egli era felice adesso (in cielo), ma ho motivo di credere che ella ritenesse di essere rimandata in Austria con i suoi figli.

Io: Questa calma inalterabile di cui parlate, non era forse frutto di una sorta di debolezza morale o insensibilità, derivanti dalla sua sofferenza e dalla sua lunga detenzione?

Rosalie: La sua sensibilità era estrema e non passava inosservata nemmeno al più disattento.
Portava nascosto nel corsetto, il ritratto del giovane re e un ricciolo dei suoi capelli, ravvolto in un guantino di pelle gialla che aveva servito al bambino, ed io mi accorsi ch'ella si nascondeva spesso vicino al misero suo letto di cinghie per baciare, piangendo, quelli oggetti. Si poteva parlare delle sue sventure, della congiuntura in cui si trovava, senza che mostrasse emozione o abbattimento alcuni; ma le lacrime le scorrevano incessanti all'idea di lasciare i figlioli.
Circa le emorragie che seguivano le sue crisi di nervi e che non l'abbandonarono fino alla morte, ci supplicò di non prestarle alcun soccorso medico perché nulla potevamo fare per la causa della sua malattia.
Fu perquisita più volte alla Conciergerie, e le fu strappato brutalmente l'orologio che portava appeso al collo da una catena bella robusta. Tuttavia, pochi giorni prima della sua morte, aveva ancora il medaglione contenente il ritratto del giovane re. Ignoro cosa ne fu.



Io: E' vero, come asseriscono illustri scrittori, che la regina lavava e accomodava da sola la propria biancheria alla Conciergerie?

Rosalie: Avrebbe ringraziato il cielo se un tale favore le fosse stato accordato. Ma fu condannata alla totale inazione, e anche se lei non se ne lamentava, vedevo che soffriva molto di questa inattività.

Io: Diverse persone si vantarono  di aver corrotto il portiere e recato vari aiuti alla regina nei suoi ultimi momenti; si può credere alle loro affermazioni?

Rosalie: No, perché anche se avessero convinto il portiere Lebeau (Bault), il più timido e il più  pauroso degli uomini, i cortili e i corridoi erano pieni di guardie. Fouquier e i suoi agenti penetravano giorno e notte nella cella della Principessa, facendola alzare senza pietà con il pretesto di frugare nel suo letto, e sconvolgendo tutti i suoi effetti personali.

Io: Incontraste Maria Antonietta dopo la sua condanna?

Rosalie: Discesi nella sua cella per ordine di Lebeau, alle sette; due candele consumate stavano ancora bruciando sul suo tavolino. Ne dedussi che erano rimaste lì tutta la notte. La principessa giaceva vestita sul suo letto: aveva ancora il suo abito da lutto. Un ufficiale della gendarmeria, seduto nell'angolo più remoto della stanza, sembrava dormire. Mi avvicinai tremante alla signora e la supplicai di accettare il brodo che avevo preparato sulla mia stufa. Sollevò la testa, mi guardò con la solita dolcezza, e rispose con un sospiro "Ti ringrazio figlia mia, non ho più bisogno di niente". Me ne andai piangendo, ed ella temendo di avermi offesa, o forse solo per rivedermi un'ultima volta, mi richiamò per dire "Bene! Rosalie, portami il tuo brodo."

Tony Robert Fleury. L'ultimo giorno di Maria Antonietta (1906)

Io: E prese questo brodo quando glielo portaste?

Rosalie: Solo uno o due cucchiai. Poi mi chiese di aiutarla a vestirsi. Le era stato detto di lasciare il suo vestito da lutto, perché ciò avrebbe potuto incitare il popolo ad insultarla; ma in prigione pensammo che si temesse piuttosto l'interesse che avrebbe potuto suscitare la sua posizione di vedova del re. La principessa non fece obiezioni e scelse la sua vestaglia bianca del mattino. Dal momento che aveva perduto tutto il suo sangue, aveva anche messo da parte una camicia per andare a morire, e capii che intendeva presentarsi in modo decente per quanto glielo permettesse la sua grande miseria, come aveva fatto il giorno del processo. Al momento di spogliarsi, si nascose nello spazio tra il muro e il letto a cinghie, per sfuggire allo sguardo dell'ufficiale; ma questo giovane si fece avanti senza rispetto appoggiando i gomiti sul cuscino per guardarla. La principessa arrossì molto e si coprì in fretta con la sua grande modestia; poi stringendo le mani e girandosi con una sguardo supplichevole sul lato dell'ufficiale: "Signore" esclamò, "in nome dell'onestà, lasciatemi cambiare i vestiti senza testimone!

Io: Quest'uomo dovette sentirsi ben mortificato dalla sua azione?

Rosalie: Al contrario, rispose con asprezza, che i suoi ordini erano di non perdere di vista nemmeno un momento la condannata. La regina levò gli occhi al cielo, e li riportò su di me senza dire una parola, perché ero abituata a capire tutti i suoi sguardi, e mi posizionai in modo da sottrarla quel tanto che era possibile a quelli dell'ufficiale. Allora, in ginocchio dietro il letto e con tutte le precauzioni che la sua modestia suggeriva, Sua Maestà riuscì a cambiarsi senza nemmeno scoprire le spalle o le braccia.

La semplicità con cui Rosalie aveva appena ricordato l'atto più sublime della vita di Maria Antonietta, mi causò un'emozione così violenta che fu impossibile per me farle altre domande.... Dopo aver abbracciato la povera creatura in cui la forza dell'anima e l'eroismo dei sentimenti si elevavano al di sopra della meschinità della sua condizione, lasciai l'ospedale con il cuore pieno di ammirazione e tristezza.


Immagine tratta dallo sceneggiato "La Rivoluzione Francese" con Jane Seymour nei panni di Maria Antonietta
Per finire troviamo  nell'opera di Lenotre "La prigionia e la morte di Maria Antonietta" una testimonianza di Rosalie che fa da epilogo al delicato legame che si era instaurato tra lei e la regina:

"Il primo usciere del tribunale, accompagnato da tre o quattro colleghi, venne a chiamarmi tramite il custode e mi ordinò di seguirlo nel sotterraneo. Mi permise di riprendere lo specchio e lo scatolone. Quanto alle altre cose che erano appartenute a Sua Maestà, mi ordinò di serrarle in un lenzuolo. Mi fecero piegare per raccogliere una cannuccia di paglia che si trovava, non so come, sul pavimento della camera, e portarono via quelle miserabili reliquie della migliore e della più sfortunata principessa che sia mai esistita."



Note

(1) Quando la regina arrivò alla Conciergerie, scrisse alla figlia un biglietto:
"Voglio scrivervi, mia cara figliola, per dirvi che sto bene; sono calma, sarei tranquilla se sapessi che la mia povera figliola è senza inquietudini. Vi abbraccio assieme con vostra zia con tutto il cuore. Mandatemi calze di filaticcio, un soprabito di bambagina, una sottana."
La lettera fu sequestrata dai commissari, ma grazie a Michonis Maria Antonietta ottenne che le mandassero dal Tempio un pacco da parte di Madame Elisabetta contenente: camicie ornate da ricamini detti mignonnettes, due paia di calze di seta nera, una mantellina, tre fazzolettoni di lino e un paio di scarpe alla "Saint-Huberty", di cui aveva urgente bisogno in quanto quelle che calzava erano marcite per l'umidità. Queste scarpe saranno da lei indossate il giorno dell'esecuzione.

1 commento:

  1. Ciao.
    Io seguo con interesse il tuo lavoro. Come te sono una grande appassionata di storia francese.
    Complimenti

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