Particolare di un dipinto di Jean François de Troy |
Il Natale a Versailles era una ricorrenza prettamente religiosa. Il re e la sua famiglia passavano le feste nella Cappella Reale, tra il mattutino, il vespro, le tre messe della notte di Natale e la grande messa del 25 dicembre.
L'usanza voleva che la Vigilia di Natale (come accadeva a Pasqua, durante la Pentecoste e per il giorno di Ognissanti) il re toccasse gli scrofolosi. Era credenza infatti che il sovrano essendo un unto del signore avesse il potere di guarire gli scrofolosi, in particolar modo durante le cerimonie sacre.
Durante l'Avvento era vietato giocare e andare a teatro ma con Luigi XV e Luigi XVI questo regime strettamente spirituale fu un po' alleggerito e i cortigiani furono tenuti ad osservare questo contegno solo durante la vigilia di Natale. Si poteva però eseguire musica legata al periodo natalizio, i tradizionali Noels che venivano cantati e suonati in privato dalla famiglia reale.
A mezzanotte il re o il delfino gettavano un ceppo di legno nel camino in segno beneaugurante (in Francia si predilige il legno di alberi da frutto); un'usanza ancora oggi osservata anche qui in Italia in alcune regioni e la cui origine è antichissima.
A tavola, la Vigilia di Natale, si mangiava magro: pesce, zuppe e frutti di mare, in particolare ostriche. Il giorno di Natale, dopo la messa, il pasto era più sostanzioso; tre specialità furono introdotte durante il regno di Luigi XIV: il tacchino, i marrons glacés e lo champagne (un'invenzione che la leggenda attribuisce al monaco Dom Pérignon).
Il tacchino, proveniente dall'America era considerato esotico, e quindi raro, e soppiantò presto l'oca alla tavola del sovrano. Le carni venivano farcite e tartufate.
I Marron Glacés, la cui origine non è del tutto chiara, divennero una vera e propria tradizione il giorno di Natale. François Pierre La Varenne, tra i più noti cuochi dell'epoca di Luigi XIV, ci svela personalmente la ricetta in un suo libro: bollire le castagne, sbucciarle e appiattirle leggermente con le mani; disporle su un piatto e ricoprirle con uno sciroppo bollente fatto di acqua, zucchero, succo di limone o acqua di fiori di arancio. Servirle calde o fredde.
A Versailles, nell'Ancien Régime, non erano previsti doni per il giorno di Natale, né l'albero che era piuttosto una tradizione tedesca. La Palatine, in una lettera a sua figlia Elisabetta Carlotta divenuta duchessa di Lorena (futura nonna paterna di Maria Antonietta) ricordava non senza nostalgia l'albero di Natale della sua infanzia e i relativi doni che venivano fatti ai bambini per il giorno di Natale: "Non so se da voi c'è il diletto in uso in Germania chiamato Christkindl, cioè bambin Gesù (tradizionale portatore di doni di Natale nei paesi germanici), dove i tavoli vengono disposti come altari e guarniti di doni per ogni bambino, vestiti nuovi, soldi, sete, bambole, caramelle e ogni genere di cose. Alberi di bosso vengono disposti su questi tavoli e a ciascun ramo viene attaccata una candelina: l'effetto è bellissimo."
La Palatine aveva tentato di introdurre la tradizione anche a Versailles, così come successivamente fece Maria Leszczynska, ma senza successo. Il marito, Monsieur Philippe, fratello del re sole, sentenziò che non era il caso di spendere a Versailles per tradizioni tedesche.
I doni a Versailles venivano fatti il primo dell'anno quando la famiglia reale offriva dei presenti ai suoi intimi. Tabacchiere in oro, gioielli preziosi, ricche vesti, costituivano una spesa astronomica.
Luigi XVI che annotava ogni giorno nel suo diario le sue spese personali ci svela chi erano i principali destinatari dei suoi doni per il primo dell'anno: la regina e sua sorella minore, Madame Elisabeth. Tra il 1780 e il 1783 la principessa ricevette doni in gioielli pari a 150.000 livres, una somma quasi irrisoria se confrontata con gli ordini che il re faceva presso il suo orafo di fiducia Aubert per i doni destinati a Maria Antonietta.
Il Gabinetto della Pendola a Versaills |
La Pendola di Passemant |
Prima dello scoccare della mezzanotte, il re e la sua famiglia si riunivano, fin dai tempi di Luigi XV, nel gabinetto della pendola, per salutare il nuovo anno. Il salottino deve il suo nome alla magnifica pendola fatta installare da Luigi XV, alta 2 metri e 26, realizzata dall'ingegnere Passemant, dall'orologiaio Dauthier e dal bronzista Caffieri.
Sormontata da una sfera di cristallo dove si muovono a tempo reale i pianeti rappresentati secondo il sistema eliocentrico di Copernico, la pendola servì, per la prima volta nella storia, a fissare l’ora ufficiale del Regno di Francia.
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