domenica 14 luglio 2019

Riflessioni sul processo della regina

"Per colpire la monarchia, la rivoluzione fu costretta ad attaccare la regina, e nella regina la donna"
(Stefan Zweig)

E' impossibile porre maggiore grazia e maggiore bontà nella cortesia; ella possiede una forma di affabilità che non permette mai di dimenticare che essa è regina e tuttavia persuade sempre che essa lo dimentichi"
(Madame de Staël)

Madame de Stael accanto al busto di suo padre. Firmin Massot (1810)
Nell'agosto del 1793 fu dato alle stampe un testo: "Riflessioni sul processo della regina". L'autrice si definiva semplicemente una "femme", una donna, e  nell'introduzione affermava che il suo nome non poteva essere utile e doveva restare sconosciuto e per ribadire l'imparzialità del suo scritto sosteneva che tra tutte le donne che avevano avuto il privilegio di conoscere la regina, lei era quella che aveva avuto meno di tutti relazioni personali con Maria Antonietta. Le sue riflessioni meritavano dunque fiducia. Oggi noi sappiamo che l'autrice fu una delle candidate a sposare il conte di Fersen che però scelse di non sposarsi. I motivi del celibato furono esposti molto chiaramente in una lettera del conte a sua sorella: "Ho preso una decisione. Non voglio contrarre legami coniugali: sono contrari alla natura... Non posso appartenere alla sola persona alla quale voglio appartenere, quella che mi ama davvero, perciò non voglio appartenere a nessuna".

Nonostante Anne-Louise Germaine Necker, meglio nota come Madame de Staël (questo il nome dell'autrice delle riflessioni), avesse quindi un motivo più che valido per portare rancore alla regina, ella scrisse un testo memorabile in sua difesa, da vera femminista ante litteram, profetizzando ai francesi il “rimorso collettivo” puntualmente avveratosi.


Figlia del ricco banchiere ginevrino Necker, la sua presentazione a corte pochi anni prima, fu un vero disastro. Brutta ma intelligentissima, arrivò leggermente in ritardo (quasi un crimine!). Scendendo dalla carrozza una cucitura dell'abito confezionatole da Rose Bertin saltò. Inchinandosi alla regina le sfiorò l'orlo dell'abito ma le guarnizioni del suo strascico si ruppero a sua volta. Possiamo capire la pessima impressione che fece a Corte ma il re, sempre bonario e soprattutto comprensivo, sorrise a Germaine: "Se non vi trovate a vostro agio da noi, non lo sarete da nessun altra parte". La Regina, gentile come sempre, la condusse in un salottino dove una sarta riparò velocemente i danni.
La Baronessa d'Oberkirch molto più' severa dei sovrani sentenziò: "Ha avuto poco successo, tutti l'hanno trovata brutta, impacciata, goffa soprattutto. Non sapeva cosa fare di se stessa e si è trovata molto fuori posto tra l'eleganza di Versailles. Monsieur de Stael, al contrario, è assolutamente bello e di ottima compagnia.....".
Il barone de Stael, ambasciatore del re di Svezia, che Germaine aveva finito per sposare dopo una lunga trattativa conclusasi con un contratto di matrimonio sottoscritto dalla stessa Maria Antonietta, era un bell' uomo ma assolutamente una nullità intellettualmente (da notare che nella società di Corte era invece più apprezzato della moglie).

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Nelle parole scritte da Madame de Stael in difesa di Maria Antonietta, si percepisce chiara, nitida e forte tutta la passione, tutto il dolore provato dalla scrittrice; si percepisce quanto avesse perfettamente chiaro che con la sovrana sarebbe morto anche l'atteggiamento della società verso le donne in generale. Per noi, con il distacco di più di duecento anni è molto semplice fare queste considerazioni ma per lei, che ne era contemporanea, è la dimostrazione di una mente molto fine e ricettiva che centra un punto focale, non solo nella sorte della regina, ma di quella che sarà la sorte di tutte le donne dopo di lei, attaccate quando devono essere difese, colpite quando non possono più difendersi. Colpevoli di essere vittime.

Maria Antonietta nella prigione del Tempio. Henriette Virginie Dautel, XIX secolo
La rivoluzione condannò Maria Antonietta soprattutto per lanciare un messaggio all'Austria con la quale sarebbe scesa a patti se solo l'imperatore avesse voluto. Il trasferimento alla Conciergerie fu una sorta di monito. Il discorso è molto complesso, da una parte l'esecuzione di un "simbolo" come quello che rappresentava la regina, era un modo per lanciare un messaggio a tutte le donne, e Madame de Stael nel suo discorso su Maria Antonietta lo colse in pieno. Vanno però ricordati anche i giochi politici. La regina era un ostaggio prezioso ma quando si capì che l'imperatore non avrebbe ceduto nessun territorio conquistato e non sarebbe sceso a patti per riavere una zia che nemmeno conosceva, allora si decise la sua sorte.

Con la decapitazione del re, simbolicamente la rivoluzione aveva consacrato nel sangue del legittimo detentore del potere il nuovo regime. Con la morte della regina, non solo si erano liberati di una presenza scomoda anche e soprattutto per le sue origini austriache ma avevano simbolicamente rimesso la donna in una condizione di sudditanza. Come scrive la Craveri ne "La civiltá della conversazione", fino alla rivoluzione erano la donne a dare il tono allo stato. Erano loro, seppur prive di diritti, a decidere chi o cosa fosse importante o degno di nota; chi o cosa avrebbe monopolizzato l' opinione pubblica. Proprio perché avevano meno contatti con il mondo esterno, erano considerate il baluardo della purezza della lingua, in quanto meno esposte a contaminazione straniere. Venivano tenute in alta considerazione riguardo a tutto ciò che aveva una rilevanza. Non dimentichiamo che anche la rivoluzione fu veicolata dalle donne. Con la morte della regina tutto questo finisce e per le donne inizia quel percorso di casalingazione che avrà il suo culmine nell'epoca vittoriana, dove la donna perfetta era silenziosa, debole e priva di autorità, anche di quella ufficiosa. La condanna di Maria Antonietta fu anche un modo per far tacere le donne e il punto fu che molte di loro non se ne accorsero ma, anzi, ne agevolarono lo sviluppo.
La condanna della regina non fu un monito solo verso l'Austria ma verso tutte le donne che nonostante l'eguaglianza tanto sbandierata dalla rivoluzione, continuavano ad essere percepite come pericolose avversarie.

Maria Antonietta davanti al tribunale rivoluzionario. Incisione di J. Frédéric Cazenave su disegno di Pierre Bouillon, 1805-1815 - Biblioteca Nazionale di Francia

Qui a seguire il testo completo:


Riflessioni sul processo della regina

Avvertimento. Il mio nome, non poteva essere utile, deve restare sconosciuto;ma, per affermare l’imparzialità di questo scritto,ho bisogno di dire che,tra le donne chiamate per vedere la regina, io sono una di quelle che meno di tutti ha avuto, con questa principessa, relazioni personali; queste riflessioni meritano dunque la fiducia di tutti i cuori sensibili, perché esse non sono inspirate che per l’impulso di cui sono tutte animate.


Il mio progetto non è per niente di difendere come un giureconsulto; ignoro di quale legge ci si può servire per raggiungerlo, ed i suoi giudici loro medesimi non ci proverebbero farcelo apprendere; quello che loro chiamano opinione, quello ch’essi credono la politica,sarà il loro motivo e il loro scopo. Le parole d’arringa,di prova, di giudizio, sono una linguaggio di convenzione tra i popoli ed i loro capi;ed è ad altri sintomi che si può presagire la sorte di questa illustre infortunata. 

Io sto dunque per parlare solamente all’opinione, analizzare la politica, raccontare quello che ho visto, quello che io so della regina, e rappresentare le conseguenze orribili che avrebbe la sua condanna, voi, donne di tutti i paesi, di tutte le classi sociali, ascoltatemi con l’emozione che io provo! Il destino di Maria Antonietta racchiude tutto quello che può toccare il vostro cuore, se voi siete state felici ella lo è stata; se soffrite,da un anno, da più lungo tempo ancora hanno straziato il suo cuore;se voi siete sensibili,se voi siete madri, lei ha amato con tutte le forze dell’anima, e l’esistenza ha ancora il prezzo ch’essa conserva, tanto che possa a noi restare degli oggetti che ci sono cari. 

Io non voglio attaccare né giustificare alcun partito politico, Io temerei di distrarre o di allontanare un solo interesse dell’augusta persona che sto per difendere: repubblicani, costituzionalisti, aristocratici, se voi avete conosciuto la disgrazia, se voi avete avuto bisogno di pietà, se l’avvenire offre ai vostri pensieri un timore qualsiasi, riunitevi voi tutti per salvarla. Che! La morte terminerebbe una cosi lunga agonia! Che! La sorte di una creatura umana potrebbe andare cosi lontano in sventura! Ah! Respingiamo tutti il dono della vita , non esistiamo più in un mondo dove tali fortune vagano sul destino! Ma devo contenere la profonda tristezza che mi opprime; io non vorrei che piangere,e tuttavia bisogna ragionare, discutere un argomento che mi sconvolge l’anima ogni istante. La calunnia si è attaccata a perseguitare la regina, anche prima di quest’epoca dove lo spirito di partito ha fatto sparire la verità dalla terra. Una triste e semplice ragione ne è la causa, è che lei era la più felice delle donne. 

Maria Antonietta la più felice! Ecco! Tale fu la sua sorte, ed il destino dell’uomo è adesso cosi deplorabile, che lo spettacolo di un’eclatante prosperità non è nient’altro che un presagio funesto. Quante volte non ho io inteso raccontare l’arrivo in Francia della figlia di Maria Teresa, giovane, bella, riunendo allo stesso tempo la grazia e la dignità, tale come ci si immaginava la regina dei Francesi! Imponente e dolce,lei si poteva permettere tutto quello che la sua bontà inspirava, senza mai far perdere niente alla maestà del rango che si esigeva da lei di rispettare. 

L’ebrezza dei Francesi vedendola fu inesprimibile; il popolo la ricevette, non solo come una regina adorata,ma sembrava anche essergli grato per essere affascinante e che le sue grazie incantevoli operavano sulla moltitudine come sulla corte che la circondava. Meno di cinque anni fa tutta la sua vita politica, tutto quello che lei ha meritato l’amore o l’odio aveva auto luogo, meno di cinque anni fa ed io ho visto tutta Parigi precipitarsi sui suoi passi con trasporto: queste stesse strade che gli hanno fatto percorrere di supplizio in supplizio erano cosparse di fiori al suo passaggio; lei deve riconoscere gli stessi benvenuti che l’hanno accolta, le stesse voci che che si levavano al cielo implorandolo per essa. 

E dopo questo periodo cos’è arrivato? Il suo coraggio e la sua disgrazia. Quest’entusiasmo il cui ricordo si aggiunge all’amarezza del suo destino, quest’entusiasmo il cui ricordo deve così inquietare i francesi e renderli sospettosi dei loro nuovi giudizi, lo si ricusa oggi come un errore; ma è anche vero che nessuno differisce quanto lei dalla reputazione che i suoi nemici hanno tentato di donarle; non si è cercato la verosimiglianza nella menzogna, tanto si è contato sull’invidia che sa così ben rispondere all’orribile aspettativa dei calunniatori. 

La regina per prima cosa non si è occupata di affari che per compiere qualche atto di beneficenza o di generosità; qualche volta si è trovato che fosse troppo facile per le une e per le altre; e questa donna, così coraggiosa in presenza della morte, ha potuto essere accusata di debolezza quando la disgrazia o l’amicizia desideravano servirsi de lei; ma percorrendo i registri delle finanze, si può vedere che i suoi stessi doni non si sono elevati che alla somma più moderata, e bisogna fuorviare il popolo per giungere a persuaderlo che le imposte delle quali era sovraccaricato erano per causa di consumi che non raggiungevano tuttavia ad un quarto della lista civile decretata dall’Assemblea costituente. 

La guerra in America, le depredazioni dei ministri, gli abusi di ogni genere sconosciuti ad una giovane regina, come alla maggior parte degli uomini di stato di quel tempo, causarono questo deficit nelle finanze, i cui effetti sono stati così terribili; ma è possibile osare attribuire questo deficit a due o tre milioni distribuiti ogni anno in beneficenza, di cui la maggior parte ritornava nelle mani dei poveri e degli sfortunati? Voi che lei ha soccorso, voi che fate parte di questo popolo oggi potente, dite se soffrirete che per il nome dei vostri interessi si punisca la regina per i generosi effetti della sua pietà per voi! 


L'appello della regina alle madri di Francia. Studio preparatorio di Paul Delaroche

Studio preparatorio di Paul Delaroche
E voi, madri di famiglia, che una così toccante predilezione la impegnava a preferire, dite se siete voi che chiedete che la si accusi per i doni che lei vi ha prodigato! Il re amava la regina con tenerezza, e la sua dedizione per lui, e le sue virtù materne ben giustificano questo sentimento; ma tuttavia egli non la consultava quasi mai sulle cose dei suoi ministri. M. de Maurepas, dai primi giorni del regno di Luigi XVI, si mostra contrario alla regina; era geloso della sua giovane influenza su di un giovane re; e riuscì ad allontanarla assolutamente dagli affari di cui i gusti della sua età l’allontanavano già naturalmente. M. de Maurepas fece licenziare due ministri cittadini, M. Turgot e M. Necker, e la regina mostra pubblicamente che li stimava e li rimpiangeva entrambi. M. de Vergennes continua gravemente i frivoli sistemi di M. de Maurepas, e temendo ugualmente l’ascendente della regina, spinse il re a liberarsene. M. de Colonne gli successe, e niente è più conosciuto dell’energica avversione della regina per questo ministro, il cui spirito amabile tuttavia sembrava dover sedurre coloro il cui giudizio non sarà unicamente guidato dalla riflessione. 

La regina, che trovò nella facilità del carattere di M. de Colonne molti mezzi per soddisfare i gusti più prodighi, la regina uscendo d’improvviso dal cerchio abituale dei suoi doveri e dei suoi amici, attacca questo elegante ministro con l’austerità della morale e della ragione, convince il re a licenziarlo, e segna con quest’atto, e con la nomina dell’arcivescovo de Sens, la sua prima influenza sugli affari pubblici. Faccio appello a tutti coloro, vissuti a corte, hanno potuto conoscere con certezza la storia intima della Francia; è un’altra epoca del regno del re che la regina gli ha fatto adottare i suoi consigli? E non è certo che fino a quel momento ha gioito dello splendore del trono senza ricercare l’autorità? Il ministero dell’arcivescovo de Sens, causa immediata della rivoluzione, può essere biasimata dai partigiani del sistema aristocratico; ma sicuramente i democratici dovevano approvarlo; e con questa amministrazione che il germe di tutti i loro principi si è sviluppato. 

Il ministro contrappone lui stesso le comuni al Parlamento, alla nobiltà, al clero; il re dichiara che il potere d’imporre non gli apparteneva; gli Stati generali furono promessi, tutti i francesi invitati a pubblicare i loro annunci sul modo di convocazione, infine gli osservatori di quel tempo cedettero d’indovinare che l’arcivescovo de Sens voleva una rivoluzione in Francia, e dopo, ha dato il suo più autentico consenso. Ignoro fino a che punto la regina sapesse il suo segreto; ma quando il solo ministro che lei ha fatto nominare si è mostrato democratico, quando la sola epoca nella quale ha preso una qualche parte agli affari, quella in cui i principi della rivoluzioneranno cominciato ad essere ammessi, come la si può accusare di essere nemica della libertà? Come si può trovare in lei dei crimini? Dei crimini? 

Ah! Quale espressione parlando di lei! Nella sua giovinezza forse è stata brillante e leggera, forse allora confidava troppo nella fortuna; ma il suo carattere non si è pronunciato, in età matura, che per tratti di coraggio e di sensibilità che suppongono tutte le virtù. Cosa si è fatto per staccare i francesi da questo amabile oggetto fatto per piacere a loro? Si è detto loro che Maria Antonietta detestava la Francia, che era austriaca; ed è con questo nome che nella loro ira i suoi nemici l’hanno sempre chiamata, certi di abbattere lo spirito del popolo, che una parola smarrisce, che una parola raduna, e che non si appassiona mai tranne per idee espresse da una sola parola. Tutti i cuori erano pronti ad amare Maria Antonietta; il mezzo più sicuro dell’invidia per allontanarli era di persuaderli che non avrebbero ottenuto che odio per il prezzo del loro amore; ci sono riusciti presto. Tuttavia era abbastanza insensato credere che la regina partita da Vienna a tredici anni, non potendo ottenere che un ruolo secondario nella sua patria, preferiva questa patria alla Francia, di cui era regina! Alla Francia, soggiorno così delizioso; ai francesi, con i quali la sua grazia e la sua gaiezza allora le donavano tanta analogia. 

Ah! Quando nominandola parlo di splendore e di gioia, il mio cuore si stringe dolorosamente; mi ricordo questa tomba presso quei luoghi dove si sono date feste, con questa iscrizione: e anch’io, vivevo nell’Arcadia; esiste ancora quella sfortunata che mi rappresenta questo ricordo; ma ahimè! Questa triste illusione non è che la più straziante: le feste, c’era un trono; la tomba, c’è una cella. Tutte le verosimiglianze confermano l’attaccamento della regina per la Francia; e quali fatti si possono addurre per distruggere delle congetture così forti? L’alleanza dell’Austria con la Francia? È stato nel 1756, prima della nascita di Maria-Antonietta, che è stata conclusa; dopo, non si è presentata nessuna ragione per romperla, nessun ministro propose di rinunciarvi. 

È vero che la regina non si è immischiata nella politica di Francia unicamente per confondere sua madre o suo fratello con suo marito; è vero che tutta la sua vita è una dimostrazione del suo rispetto per i vincoli della natura; ma una virtù, lontano dallo spaventare, deve rassicurare su tutte le altre; si garantiscono reciprocamente: e se la regina si fosse mostrata l’avversaria della propria famiglia, sarebbe allora che la sua patria adottiva, che la Francia avrebbe dovuto diffidare di lei. La luce è stato portato su tutto ciò che si credeva più segreto; migliaia di osservatori sono stati incaricati di esaminare le traccie dell’antico governo: si è onorata la denuncia, spaventate la fedeltà, offerto al terrore la sicurezza libera dalla vergogna; al fanatismo, il successo al riparo dal pericolo; tutte le passioni umane sono state messe in libertà per dirigersi tutte contro la potenza passata, contro oggetti che si ricorda d’aver invidiato, ma che si è certi di non poter più temere. 

Ed ecco i mezzi per l’attacco, e vedete quali sono le prove, i fatti che si sono conquistati! Esiste un solo indice della connivenza della regina con gli austriaci, di un soccorso particolare dato dalla Francia a questa corte, di un solo andamento straniero al trattato pubblico concluso tra le due potenze? Ah! La più bella giustificazione di questa disgraziata vittima, sono le accuse con quali la si opprime! Che ondata, che furore, che insulti, che abilità, che mezzi estranei alla verità, ma più efficaci della verità su di un popolo appassionato: tali mezzi non potevano fare illudere gli uomini illuminati, e nulla sapeva diminuire l’amarezza della loro pietà. 

Ciononostante, per eccitare la moltitudine, non si è smesso di ripetere che la regina era la nemica dei francesi, e si è dato a questa accusa le forme più feroci. Non conosco niente di più colpevole che rivolgersi al popolo con movenze appassionate; le si può perdonare all’accusato, ma nell’accusatore l’eloquenza e un assassinio. Questa classe della società, che non ha il tempo di opporre l’analisi all’asserzione, l’esamina con l’emozione, governerà nel modo in cui è trascinata, così, accordandole un gran potere, non si compie affatto un crimine nazionale di qualsiasi tipo con l’alterazione della verità. La verosimiglianza non è niente per l’uomo che in passato non ha riflettuto; al contrario, più è meravigliato, più gli piace credere. La regina avrebbe voluto l’infelicità dell’impero sul quale regnava, della nazione sulla quale riposava la sua gloria, la sua felicità e la sua corona! Ma è abbastanza giudicarla per il suo interesse: merita di più, è buona per sua natura, è buona a suo proprio pericolo. 

Dite, voi che l’accusate, dite qual è il sangue, quali sono le lacrime che ha mai fatto scorrere? In queste antiche prigioni che voi avete aperto, avete trovato una sola vittima che accusa Maria-Antonietta della sua sorte? Nessuna regina, durante il periodo della sua potenza, si è vista calunniata cos’ pubblicamente; e più si era certi che lei non voleva per niente punire, più hanno moltiplicato le offese. Si sa che fu l’oggetto d’innumerevoli atti d’ingratitudine, milioni di libelli, di processi disgustanti, e si cerca invano le tracce di un’azione vendicatrice. È dunque vero che lei non ha causato la disgrazia di nessuno, colei che soffre tormenti inauditi! Non risentono lo stesso dei risentimenti nei supplizi che le hanno fatto provare! A cosa è dunque arrivato l’uomo per abiurare così tutti i sentimenti d’umanità? Come si è potuti giungere a rinnovare in uno stesso popolo questo inesauribile furore? Quale forza o quale debolezza dona a delle passioni fittizie questo terribile ascendente? 

La condotta della regina, mentre ha regnato, quando i suoi veri sentimenti si potevano soddisfare senza timore, è stata di una bontà perfetta; come avrebbe sviluppato un carattere così differente da quello che aveva dimostrato fino ad allora, nel momento stesso in cui si è trovata alle prese con la disgrazia? Ella ha riunito tutte le sue forze per una risoluzione sublime, per una risoluzione che il cielo può solo ricompensare, quella di legarsi alla sorte del suo sposo e dei suoi figli. Malgrado tutti i pericoli dai quali ogni istante era minacciata, Francesi, una seconda volta si è affidata a voi. 

La venerazione dell’Europa non potrà mai staccarsi dalla memoria di Luigi XVI, e la più grande gloria della regina è la dedizione al suo sposo; ciononostante le variazioni di sistema che si può rimproverare agli ultimi tempi dell’amministrazione sono una prova manifesta che i suoi principali agenti non erano sottomessi all’autorità della regina; è un fatto positivo che la maggior parte tra loro potevano appena vantarsi di averla vista, e nelle loro deliberazioni nessuno ha potuto riconoscere l’intrepida fermezza della figli di Maria-Teresa. Si sa solamente che il 6 ottobre, il 20 giugno, il 10 agosto, quando le fu proposto di difendersi dall’accusa di aver sparso il sangue dei francesi, la regina non ascolta più che i sentimenti di una donna, la sollecitudine di una madre, e non ridiventa un eroe che al momento in cui si minacciava la sua vita. Voi che l’avete vista guardare i suoi bambini, voi che sapete che nessun pericolo potrebbe risolverla a separarsi dal suo sposo, mentre tante volte le strade le furono aperte per tornare nella sua patria, credete voi che il suo cuore era barbaro o tiranno? Ah! Chi sa amare non ha mai fatto soffrire; chi può essere punito???? la vendetta celeste. Si, se tra i giudici di Maria-Antonietta, ce n’è uno che sia padre, che prova una dolce affezione, egli sarà suo difensore. L’istinto dell’anima gli farà scoprire la verità, malgrado le trappole della calunnia, e dei ricordi e dei raffronti sensibili lo rendono incapace di finire una tale disgrazia. 

Ma di quale astuzia non si è servito l’odio! Sa, come l’amore, tutti coloro che può turbare, e prima ha cura di indurire i cuori. Si cerca bassamente di eludere il rispetto che deve ispirare la regina, con questo genere di calunnia con cui è così facile far appassire tutte le donne, con questo genere di calunnia di cu l’ingiustizia stessa può svilire quasi quanto la verità; ma ciononostante la regina è, per il suo destino, al di sotto di questa comune sorte delle donne;troppo splendore circonda la sua esistenza per non dissipare tutte le menzogne. Coloro che la hanno circondata, i soli veri giudici della sua vita privata, sanno che lei ha sempre praticato le virtù che dopo quattro anni la fecero ammirare dall’Europa intera. L’anima s’indeboliva degradandosi; e colei che con la sua sola fierezza si è ingrandita nella sfortuna, si è ripresa in presenza dell’oltraggio, né s’era mai abbassata ai propri occhi. Voi proverete invano ad umiliarla, voi la chiamerete con nomi disprezzanti, voi la getterete in una prigione infamante, voi la trascinerete alla barra del vostro tribunale; ma ovunque lei vi apparirà come la figlia di Maria-Teresa. 

Oggi credevate di vederla, quando il 6 ottobre avanza sul balcone in presenza del popolo, tra i due suoi bambini, il fascino del suo cuore e la gloria della sua vita: la moltitudine irritata le gridava, nessun bambino. La regina, a quelle terribili parole, temendo di far loro condividere i suoi pericoli, si affretta ad allontanarli; ma ritorna subito per consegnarsi sola, o per non disonorare la nazione francese parendo di sospettarla. La sera dello stesso giorno, calma come in una entrata trionfale, si rivolge al sindaco di Parigi, per assicurarlo che lei e il re si rimettevano con fiducia alla custodia del popolo di Parigi. Vi ricordate il 20 giugno, quando la sua sola presenza ha disarmato i progetti che in seguito sono esplosi: restata bella a forza di coraggio, i suoi nemici non furono più ascoltati dal popolo che la guardava; ma alla fine di questo giorno memorabile, i suoi figli furono da lei separati dalla moltitudine che la circondava; in quell’istante tutta la sua calma l’abbandona, un granatiere della Guardia Nazionale la riporta tra le sue braccia, e, elevandola al di sopra della folla per mostrarglieli, allunga per un momento la felicità della madre: la regina, allora cadendo in ginocchio, si prosterna davanti al suo liberatore: augusta riconoscenza, spettacolo più imponente dello stesso trono dal quale lei discendeva! 

Ma se davanti al tribunale dove la regina doveva essere condotta, conserva ancora tutta la sua fierezza, il popolo per lo meno non si irrita davanti a questo spettacolo! Se voi volete indebolire questo grande carattere, conducetele i suoi bambini; ma non sperate niente dai vostri supplizi, non le impediranno di restare tutt’intera per il giudizio della storia e per la dignità del suo nome. Ah! Lontano dall’odiarla, interessatevi a questo sublime esempio; se siete repubblicani, rispettate le virtù che dovete imitare: quest’anima che non sa curvarsi, quest’anima avrebbe amato la libertà romana, e voi avete bisogno della sua stima, anche quando la perseguitate. Si prova tanta pena nel concepire la possibilità di un’atrocità, che costa eccessivamente l’attaccarsi all’esame dei motivi che potevano deciderla; lo si fa tuttavia per meglio combatterla, e io tento questo lavora così penoso e nuovo. Gli uomini principali di un partito popolare cercano tutti i mezzi per legare il popolo indissolubilmente alle loro proprie cause; sanno che in tutte le rivoluzioni la gloria a l’inverso non appartengono che ai capi; e, temendo che il popolo non si fida di questa certezza, vogliono identificarsi con lui in tutti i modi; cercano di persuaderlo che è il vero autore degli atti che non gli lasciano in seguito nessuna speranza di ritorno. Prima di tutto l’esecuzione del re riunisce questi crudeli vantaggi. La Convenzione, per moltiplicare i giudici di Luigi XVI, s’è fatta applaudire da spettatori numerosi; si è assicurata di molteplici recapiti di diversi dipartimenti del reame; ha ordinato che centomila uomini in armi, il giorno della morte del re, acconsentisse, con il proprio silenzio, a questa terribile catastrofe. Se la suddivisione infinita di questa enorme azione non era sufficiente per legare la nazione al destino di coloro che l’hanno ordinata, se pensava che non si può distruggere un popolo, e che le vendette individuali non sapessero attendere l’oscura moltitudine: se la nazione, dico io, era rassicurata da questa opinione, e che non temeva niente per se stessa per la morte del re, è quella della regina che poteva spaventarla? 

Mi sembra, è vero, che ci è stato nel supplizio di questa sfortunata principessa qualche cosa ancora più disgustoso per le anime generose: straniera, donna, si sono violate in lei le leggi dell’ospitalità e quelle della natura. Le circostanze attuali così forse darebbero a questo oltraggio una più alta importanza politica; ma queste considerazioni non sono fatte che per colpire un piccolo numero, e niente saprebbe uguagliare il terribile spettacolo dell’esecuzione del re. La condanna della regina sarebbe dunque un crimine inutile, e proprio per questo più avvilente; ci vedremo o il bisogno della ferocità, o il terrore e il panico dei rimorsi. S’immaginava di raddoppiare il coraggio del popolo inebriandolo col sangue di una nuova vittima? 

Ma questa terribile risorsa adesso è sposata: si è talmente abituati all’idea della morte, gli oppressori come gli oppressi hanno talmente familiarizzato con lei, che prodigarla ancora non ecciterà più nessun tipo di emozione. Infine si vorrà dare al popolo una più grande fiducia nella situazione degli affari, mettendogli sotto gli occhi una soluzione più pericolosa di tutte le altre? Ma come sarà fatto questo calcolo! Chi presuppone la calma, è la saggezza delle deliberazioni; ma tutti gli eccessi sono ugualmente una prova del malessere dell’anima. Solo la ragione preserva dai pericoli, o testimonia che si è cessato di temerla. Questi motivi, si potrebbe dire, questi motivi non sono la vera causa del pericolo che minaccia la regina; ma il suo nome, ma i suoi figli ispirano più interesse del resto della famiglia dei Borboni, più voti si riunivano attorno a lei: è dunque necessario sbrigarsi ad immolarla. E sapete perché questa augusta sfortunata affascina ancora i cuori francesi? Perché si è certi che i suoi sentimenti sono stati favorevoli alla vera libertà; perché si ha la prova che si è costantemente opposta ai progetti ostili contro la Francia, e perché non ci si è voluta prestare; perché la sua morte favoriva in più modi coloro concepivano la speranza di asservirvi; e infine perché lei ha più moderazione e meno risentimenti, perché ha ricevuto la disgrazia come un angelo e come un filosofo; perché ha tutte queste virtù più che dei sostenitori: è così su queste accuse che la condannerete? 

Non osereste confessare questo segreto; ma potreste sperare di nasconderlo? E non sapete che tutto ciò che è scritto con lettere di sangue sarà letto dall’universo! Ma il vostro interesse combatte ancora questo nuovo argomento; la sensazione che le anime sincere non possono staccarsi mai da una grande disgrazia, ricadrà successivamente sugli individui di questa famiglia che sopravvivono a coloro che si immola. I francesi che versarono lacrime per il destino del re hanno consacrato alla regina l’affetto straziante che provavano per il suo sposo; se la regina morisse a sua volta,se il piccolo infante, erede di tante sfortune, morisse privato delle cure della sua commovente madre, ci si attaccherebbe ai resti di questa razza reale perseguitata, e i principi che si respingono oggi si interesseranno a loro quando non esisteranno più. 

Ah! Se temete la regina perché la si ama prima, è lei tuttavia la cui libertà, il cui soggiorno fuori dalla Francia vi sarà meno temibile; sono gli ostacoli che possono irritare l’ambizione, ma le disgrazie che Maria-Antonietta ha sofferto disingannano gli uomini e la vita; uscendo dalla tomba non si aspira al trono, liberata da infelicità così lunga fino al bisogno di felicità. La sua pietà religiosa, la sua tenerezza devota, tutto vi garantisce che ha staccato il suo cuore da se stessa, e che il ritorno all’esistenza, alla natura, basteranno per occupare i pochi anni in cui le restano ancora la forza. Forse ci si riserva la sua liberazione come mezzo per negoziare con gli austriaci? Senza dubbio, rimettendo tra le mani dell’imperatore la regina e i suoi bambini, si otterrebbe molto dai nipoti di Maria-Teresa, e l’Europa intera è talmente commossa dalla sorprendente storia di queste illustri vittime, che facendo cessare le loro infelicità, si alleggeriva coloro che ci pensano; ma nel momento in cui le considerazioni politiche sottrarrebbero le potenze dal cedere alla voce dei sentimenti, quale vergogna pei i francesi condannare la regina perché lei sarà senza difesa! 

Avrebbero accordato la sua vita al terrore, le rifiuterebbero la giustizia, e la loro rabbia atroce e pusillanime si eserciterebbe su una donna, quando si saranno assicurati che è senza appoggio. No, io non ci posso credere; no, il passato quale è stato, non può dare ancora l’idea di una tale azione. Ma coloro che consigliano questo oltraggio, ignorano che aggiungeranno energia all’armata austriaca con la notizia del supplizio di Maria-Antonietta? Quelli che hanno raddoppiato la forza delle truppe francesi in un anno, quelli che rendono le guerre civili più sanguinose di tutte le altre, ogni soldato fa più che obbedire, egli combatte per proprio impulso, per il successo del suo proprio sentimento individuale. Eh bene! Voi avrete creato tra i tedeschi un movimento nazionale sacrificando la figlia di Maria-Teresa! 

Non è ungherese che non vede in voi un nemico personale. Ah! Quando giurarono all’illustre madre di Maria-Antonietta di morire per difendere i suoi figli,quando una voto libero, universale, rivestito di tutti i caratteri di sovranità che voi riconoscete, lega il popolo alla sua causa, pensate che se il genio della storia ha loro presentato sua figlia prigioniera, oltraggiata, immolata, questa nazione non abbia ripetuto mille volte il giuramento di vendetta? Voi non dovrete combattere i satelliti di un despota, ma i coraggiosi amici di una disgraziata vittima, soldati a loro volta entusiasti, invincibili come i veri difensori di una libertà generosa. Forse un’oscura passione persuaderà alcuni di voi che niente potrà diminuire l’orrore che ispirano i giorni sanguinanti dei quali siamo stati testimoni; ignoro se esista un termine aldilà del quale nuovi avvenimenti non producono più nuove sensazioni, ma è almeno certo che la Francia,governata, dominata successivamente da tanti individui diversi, non carica nessun uomo del peso della storia di tutti, e permette a ciascuno di assolversi con un’azione generosa. 

Ah ! che la difesa della regina, che la sua libertà siano l’oggetto di una tale emulazione! Questi giudici che pronunciano sulla sua sorte sono designati all’attenzione dell’Europa; nessun impiego, nessuna funzione estranea alla loro solenne missione può cancellare in loro il carattere di assassini o di liberatori della regina. Siccome loro non sono i rappresentanti della nazione, sono le grida delle tribune di Parigi, o la voce delle loro coscienze, che possono chiamare il voto della Francia. È al terrore che vogliano cedere? È alla virtù che credono obbedire? 

Ah! Se dessero l’esempio di resistere alle passioni del momento, come incatenerebbero, l’avvenire! Le possibilità della sorte sarebbero fissate in loro favore; la stima degli uomini, questo bene il cui piacere si moltiplica sotto tante forme in tutti i tempi, in tutti i paesi, si piazzerà tra loro e la disgrazia. Non si chiede loro che disprezzare un pericolo più eclatante che reale. Il popolo francese può essere commosso dal coraggio della virtù, benché, il fanatismo delle opinioni politiche l’abbia denaturato; allor quando dei repubblicani lo richiameranno ai suoi sentimenti naturali, lo minacceranno con le loro rassegnazioni, sfideranno il suo furore liberandosene senza resistenza, no, non avranno niente da temere! Si potrebbe invidiare la loro morte, se la subissero per salvare una regina innocente; ma loro, ripeto, non avrebbero niente da temere. Popolo francese, non abiurate l’ultimo resto dei vostri antichi ricordi. Avete già trionfato su eserciti stranieri; già li avete respinti dal territorio francese; volete disonorare lo stesso valore, separandolo da tutte le altre virtù? Se persistete nella vostra crudeltà, se immolate la regina, i vostri allori si appassiranno in mezzo a voi. 

Non vi ingannate, forse è la distruzione della regalità e degli ordini privilegiati che mette contro di voi la maggior parte dei governi d’Europa; ma ciò che solleva le nazioni, è la barbarie delle vostre proscrizioni. Voi governate con la morte; la forza che manca al vostro governo, la ritrovate nel terrore, e laddove esisteva un trono avete innalzato un patibolo! Ciò che fece la forza dei primi principi della rivoluzione, è il fatto che sembravano un ritorno alle idee naturali. Quale più terribile capovolgimento dei sentimenti innati nel cuore dell’uomo dell’ostentazione della crudeltà, di questa eloquenza che non è aiutata che dalla minaccia, di questi giuramenti che non promettono che morte! Nel genere d’ebbrezza in cui si tuffa una rivoluzione, si crede il resto del mondo cambiato come se stesso; ma quando l’uomo si risveglia e si vede detestato dai suoi simili, qual è la sua sorte! 

Arbitri della vita della regina, voglio parlare secondo i vostri desideri; vi voglio implorare: siate giusti, siate generosi verso Maria-Antonietta; ma siate ugualmente gelosi della sua gloria: immolandola voi la consacrate per sempre. I vostri nemici vi hanno fatto più male con la loro morte che con la loro vita. Voi eravate i più potenti quando avete iniziato a punire, e se siete stati clementi verso i vostri avversari, è allora che si è potuto crederli colpevoli. Se le possibilità della prosperità ritornasse una seconda volta, se la Providenza, protettrice della libertà, vuole una seconda volta donare alla Francia i mezzi per acquisirla e quelli per farla amare dagli uomini, gli spiriti stanchi per tante scosse crudeli, quali che siano le loro opinioni, quali che siano i loro ricordi, abbracceranno facilmente la più leggera speranza di felicità; il riposo e la pace, ecco forse oggi tutta l’ambizione dei più abili! 

Voi disponete della Francia, di questo paese così necessario a coloro che l’hanno abitatati. Ah! Se parlate di unione e di sicurezza a tutti i francesi, se rassicurate l’Europa con principi di ordine e di giustizia, voi non prevedete da soli quali sacrifici otterrete. Se siete destinati a terminare per fortuna questa guerra, sperimentate sui vostri cittadini la potenza della generosità; ella si amplia, penetra dove i vostri comandi sono obbligati a fermarsi; e questa generazione che avanza è talmente oppressa dalla sfortuna, che dopo la vita fino alla felicità tutto sembrerà loro un nuovo dono; ma soprattutto salvate la regina, non si potrà sopportare questa nuova catastrofe; temete la forza della disperazione, e che le lacrime del mondo ottengano o dal vostro orgoglio o dalla vostra pietà la salute di questa commovente vittima. 

Ma perché, mi chiederanno i filosofi di questo tempo, perché il vostro cuore è più commosso per la regina che per tanti altri disgraziati che il corso della rivoluzione ha fatto perire? Sarete tra quelli che piangono un re più di un altro uomo? Si, faccio parte di queste persone; ma non è per la superstizione della regalità, è per il culto sacro della disgrazia. So che il dolore è una sensazione relativa, che si compone di abitudini, di ricordi, di contrasti, del carattere infine, risultato di queste diverse circostanze; e quando la più felice delle donne cade in disgrazia, quando una principessa illustre è lasciata all’oltraggio, io misuro la caduta di ogni grado. Infine la regina sarà colpevole, l’universo intero non s’interesserà più al suo destino, dopo l’anno in cui ha tanto sofferto, nessun uomo, nessuna associazione di uomini ha il diritto di darle la morte. Questa lunga lista di sofferenze penetra in un oscuro rispetto; la regina doveva perire mille volte sotto tanti colpi ripetuti: la natura, il cielo, salvandola, l’hanno dichiarata sacra. 

Dopo un anno che il segreto più impenetrabile circonda la sua prigione, si sono rubati tutti i dettagli del suo dolore; mille precauzione sono state prese per soffocare le voci: un tale mistero onora il popolo francese. Si è temuta la sua indignazione, dunque si può ancora sperare la sua giustizia. Avrà saputo, questo popolo, +che si porta davanti alla finestra di Maria-Antonietta la testa della sua amica. Ignorando le fatali notizie di questo spaventoso giorno, la si obbliga con un barbaro silenzio, a contemplare per molto tempo i tratti sanguinanti che ella riconosce appena attraverso l’orrore e lo spavento. Infine si convince che le hanno presentato i resti sfigurati di colei che morì vittima del suo affetto per lei. Crudeli ordinatori di questa scene! voi che vedete davanti a voi la vostro sfortunata regina pronta a morire di disperazione, sapete allora tutto ciò che doveva soffrire? E i movimenti di un cuore sensibile, questi movimenti che dovevano esservi sconosciuti, li avete appresi per essere più sicuri dei vostri colpi? 

Durante il processo del re, ogni giorno ingiuriavate la sua famiglia con una nuova amarezza; è uscito due volte prima dell’ultima, e la regina, ritenuta prigioniera, non poteva venire a sapere né la disposizione degli spiriti né quella dell’Assemblea, le disse tre volte addio nell’angoscia della morte; infine il giorno senza speranza arriva. Colui che i lacci della disgrazia lo rendevano ancora più caro, il protettore, il garante della sua sorte e di quella dei suoi bambini, quest’uomo, il cui coraggio e la bontà sembravano aver raddoppiato la forza e il fascino con l’avvicinarsi della morte, disse alla sua sposa, alla sua celestiale sorella, ai suoi bambini, un eterno addio; questa disgraziata famiglia volle attaccarsi ai suoi passi, le loro grida furono udite dai vicini della loro dimora, e fu il padre, lo sposo sfortunato che li respingeva. 

È dopo quest’ultimo sforzo che marcia tranquillamente verso il supplizio, dove la sua costanza ha fatto la gloria della religione e l’esempio per l’universo. La sera le porte della prigione non si aprirono più, e questo avvenimento, di cui si parlava in tutto il mondo, cade tutto interamente su due donne sole e disgraziate, e che non erano sostenute che dall’attesa della stessa sorte di loro fratello e sposo. 

Nessun rispetto, nessuna pietà consola la loro miseria; ma raccogliendo tutti i loro sentimenti nel fondo del loro cuore, loro sapranno nutrire il dolore e la fierezza; ciononostante, dolci e calme ai milioni di oltraggi, i loro guardiani si videro obbligati a cambiare senza sosta i soldati appostati a sorvegliarle; scegliendo con cura, per questo incarico, i caratteri più induriti, per paura che individualmente la regina e la sua famiglia potessero riconquistare la nazione che si voleva alienare da loro. 

Dopo la terribile epoca della morte del re, la regina ha dato, se è stato possibile, delle nuove prove d’amore verso i suoi figli: durante la malattia di sua figlia, non c’è nessun genere di servizi che la sua tenerezza inquieta non abbia voluto prodigarle; sembrava avesse bisogno di contemplare senza sosta gli oggetti che ancora le restavano per ritrovare la forza di vivere, e ciononostante un giorno sono venuti a portare via i suoi figli; l’infante, per due volte ventiquattro ore, ha rifiutato di prendere qualsiasi alimento; giudicate cos’è sua madre con il sentimento energico e profondo che a quest’età già ha inspirato su di lei! Malgrado le sue lacrime, il pericolo della sua giovane vita, si è persistito nel separarli. Ah! Come avete osato, durante la festa del 10 agosto, mettere sulle pietre della Bastiglia delle iscrizioni che consacravano il giusto orrore dei tormenti che si erano sofferti? Le une ? i dolori di una lunga prigionia, le altre l’isolamento, la barbara privazione delle ultime risorse; e non credete che queste parole, sono strappati i figli alla madre, divorino tutti i ricordi di cui voi rintracciate la memoria! 

Ecco il quadro dell’anno che questa donna sfortunata ha percorso. E ciononostante esiste ancora; esiste ancora perché ama, perché è madre: ah! Senza questi sacri legami, perdonerebbe coloro che vorrebbero prolungare la sua vita! Ma quando malgrado tanto male vi resta ancora del bene da fare, trascinereste dalla cella al supplizio questa interessante vittima? Guardatela, crudeli! Non per essere disarmati dalla sua bellezza; ma, se le lacrime l’hanno appassita, guardatela per contemplare le tracce di un anno di disperazione! 

Che fareste di più se fosse colpevole? E cosa devono provare i cuori certi della sua innocenza? Mi rivolgo a voi, donne immolate tutte in una madre così tenera, immolate tutte con l’oltraggio che sarà commessa sulla debolezza, con l’annientamento della pietà; è finita per il vostro impero se regna la ferocità, è finita per il vostro destino se le vostre lacrime cadono invano. Difendete la regina con tutte le armi della natura; andate a cercare questo bambino, che perirà se accade che perde colei che lo ha tanto amato; presto sarà anche lui un oggetto importuno, per l’inesprimibile interesse che tante disgrazie faranno cadere sulla sua testa: ma chiede in ginocchio la grazia di sua madre; l’infanzia può pregare, l’infanzia s’ignora ancora. 

Sventura al popolo che avrebbe ascoltato le sue grida invano! Sventura al popolo che non sia né giusto né generoso! Non è a lui che la libertà sarebbe riservata. La speranza delle nazioni, per così lungo tempo legate al destino della Francia, non potrebbe più intravedere nell’avvenire alcun avvenimento riparatore da questa desolata generazione. 

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