Fa effetto paragonare questi pochi e semplici prodotti, all'opulenza alla quale la regina era abituata. Maria Antonietta teneva particolarmente alla sua persona e alla sua immagine. Non solo vesti, acconciature e gioielli occupavano la sua giornata ma anche la cura del corpo e la scelta dei profumi.
Di sicuro le sane abitudini igieniche erano un retaggio dell'educazione appresa in Austria; in alcune istruzioni dell'imperatrice, rilasciate alla governante delle sue figliole, Giovanna e Josepha, si apprende che Maria Teresa si raccomandava che le sue bambine venissero lavate e pettinate tutti i giorni, senza eccezioni.
A Vienna le governanti usavano per la piccola Antonia e le sue sorelle "olio di rose" per la cura del
viso, "acqua di rose" per le loro toilette e "essenze di violette" come profumo. Curavano inoltre la loro pelle con delle creme di ‘’pasta di rose’’.
Eppure, da una lettera di Maria Teresa indirizzata a Maria Antonietta, datata 1° novembre 1770, si evince che a 15 anni, la futura regina della moda, sofisticata e attenta all'igiene, era ancora un maschiaccio poco curato:
"Vi prego, non lasciatevi andare alla trascuratezza; non si confà alla vostra età, e ancor meno alla vostra condizione; essa porta con sé sporcizia, sciatteria, e indifferenza anche in altre sfere, e sarebbe un male per voi [...]La Windischgraez, che è felicemente arrivata, per quanto piuttosto stanca, mi ha confermato che quando volete siete davvero affabile e seducente. Mi ha anche assicurato che, pur non avendo ella potuto parlarvi con comodo, avete di che essere contenta; tuttavia, non potendosi rifiutare di rispondere in tutta franchezza alle mie domande, mi ha infine confessato che vi trascurate non poco, anche riguardo alla pulizia dei denti; sapete che quello è un punto fondamentale, così come la vostra figura, che ella ha trovato molto peggiorata. Siete ora nell'età in cui ci si forma; è il momento più critico. La Windischgraetz ha anche aggiunto di avervi vista assai male acconciata e di aver osato parlarne con le vostre dame. Mi dite che a volte indossate abiti del vostro corredo: quali avete conservato? Ho pensato che, se mi inviate le vostre misure esatte, potrei farvi confezionare qui dei bustini o dei corsetti. Dicono che a Parigi siano troppo rigidi; successivamente ve li invierei tramite corriere".
Maria Antonietta durante la sua toilette aiutata da Léonard e Rose Bertin in un quadro ottocentesco di Heinrich Lossow |
Maria Teresa sapeva bene che l'immagine della futura regina di Francia non poteva risultare trascurata e sudicia e di sicuro il rimbrotto materno diede i suoi effetti in positivo, superando addirittura le aspettative, tanto che pochi anni più tardi Maria Teresa avrebbe ripreso la figlia perché troppo vanitosa.
La toilette della regina e la fase di applicazione del maquillage sul viso, furono oggetto di critica da parte del fratello Giuseppe II in occasione della sua visita a Versailles.
L'imperatore accusava apertamente la sorella di aver introdotto troppe nuove mode stravaganti e la canzonava sulla quantità di rosso che lei usava per truccarsi.
Nelle memorie di Madame Campan si legge a tal proposito che un giorno, mentre la Regina si era truccata più del solito, prima di presiedere ad una partita a carte, Giuseppe le indicò sarcasticamente una signora che era nella stanza, e che, in verità, era simile ad una maschera:
"Un po' più sotto gli occhi...marcate il rosso come una furia, come fa quella signora".
L'eccesso lo si raggiungeva la sera, quando l'illuminazione fioca delle candele richiedeva trucchi forti e contrasti accesi. Giuseppe II rimase letteralmente sbalordito da come le dame a Versailles, apparissero mostruose, truccate con un cerone molto pesante, le guance rese rubizze con il rouge e le labbra tinte con diverse tonalità, a seconda dell'età della signora (rosso per le giovani, rosso scuro per le signore attempate).
Mademoiselle Desmiers d'Archac, una pronipote del Saint-Simon, era ammirata negli anni '80 del settecento perché sapeva intonare il suo belletto con la "luce del giorno o quella delle candele"
Il rossetto era molto usato in Francia, simbolo di una certa posizione sociale e di ricchezza. A Vienna l'imperatrice aveva vietato alle figlie di truccarsi, eccetto che per quelle fidanzate che comunque dovevano truccarsi senza eccessi. A tal proposito Maria Antonietta scriveva alla madre che a Versailles le donne di una certa età continuavano a mettersi il rossetto, persino più acceso di quello delle giovani, nonostante dopo i 45 anni le signore fossero tenute a portare, per l'etichetta, colori meno accesi.
L'eccesso lo si raggiungeva la sera, quando l'illuminazione fioca delle candele richiedeva trucchi forti e contrasti accesi. Giuseppe II rimase letteralmente sbalordito da come le dame a Versailles, apparissero mostruose, truccate con un cerone molto pesante, le guance rese rubizze con il rouge e le labbra tinte con diverse tonalità, a seconda dell'età della signora (rosso per le giovani, rosso scuro per le signore attempate).
Mademoiselle Desmiers d'Archac, una pronipote del Saint-Simon, era ammirata negli anni '80 del settecento perché sapeva intonare il suo belletto con la "luce del giorno o quella delle candele"
Il rossetto era molto usato in Francia, simbolo di una certa posizione sociale e di ricchezza. A Vienna l'imperatrice aveva vietato alle figlie di truccarsi, eccetto che per quelle fidanzate che comunque dovevano truccarsi senza eccessi. A tal proposito Maria Antonietta scriveva alla madre che a Versailles le donne di una certa età continuavano a mettersi il rossetto, persino più acceso di quello delle giovani, nonostante dopo i 45 anni le signore fossero tenute a portare, per l'etichetta, colori meno accesi.
Prima di procedere all'applicazione del maquillage vero e proprio, la Regina detergeva accuratamente la sua pelle con Acqua Cosmetica di Piccione seguita da un tonico di bellezza astringente e sbiancante, la cosiddetta Acqua d'Angelo. E' interessante notare che alcune ricette di bellezza erano ancora molto simili a quelle consigliate da Caterina Sforza (una lontana nonna di Maria Antonietta) nel suo manuale di bellezza. Per ottenere l'acqua di piccione, che era un composto di origine danese, si procedeva a mischiare cetrioli, succo di limone, muschio di quercia, cicoria selvatica, gigli e borragine. Si uccidevano 2 piccioni e si lasciavano macerare. La poltiglia si amalgamava in un alambicco assieme al cosiddetto zucchero raffinato, poi si univa alla mollica di pane bianco, mezza pinta di vino e canfora. Il composto si lasciava riposare ancora per 18 giorni e da esso si distillava l'acqua di piccione che aveva potere sbiancante e rimpolpante per la pelle. Queste ricette che sembrano uscite da un laboratorio di streghe, furono in realtà largamente usate ancora nell'Ottocento e per buona parte del Novecento.
L'Acqua d'Angelo, secondo la ricetta di Buch'oz, così si componeva: benzoino, quattro once, storace, due once, sandalo citrino, un'oncia, due grossi chiodi di garofano, due o tre petali di Iris di Firenze, mezza buccia di limone, due noci moscate, mezza oncia di cannella, due pinte di acqua di rose, e una pinta di acqua di Melissa; il tutto si metteva in un alambicco ben chiuso e si distillava a bagnomaria il composto.
Per il make-up si procedeva stendendo con attenzione uno strato di cerone bianco sul viso della regina, accompagnandolo con una spolverata di polvere profumata dal color rosa acceso. Maria Antonietta applicava anche il bistro sugli occhi (oggi chiamato khol, la versione - per così dire - "occidentalizzata" del kajal indiano); all'epoca della Regina, truccarsi gli occhi non era molto di moda tra le grandi dame. Era ritenuta un'abitudine più adatta ad una mantenuta. Si cercava quindi di truccare gli occhi in maniera meno vistosa diluendo sapientemente il bistro, un pigmento giallo-bruno noto sin dall'antichità, e utilizzato soprattutto dai pittori, ricavato dalla fuliggine (il nome greco bystra vuol dire appunto "fuliggine") mescolata ad acqua e ad addensanti naturali. A seconda della diluizione il pigmento poteva risultare leggero, quasi impalpabile, o mediamente coprente.
L'Acqua d'Angelo, secondo la ricetta di Buch'oz, così si componeva: benzoino, quattro once, storace, due once, sandalo citrino, un'oncia, due grossi chiodi di garofano, due o tre petali di Iris di Firenze, mezza buccia di limone, due noci moscate, mezza oncia di cannella, due pinte di acqua di rose, e una pinta di acqua di Melissa; il tutto si metteva in un alambicco ben chiuso e si distillava a bagnomaria il composto.
Ricostruzione della toilette di una signora - Allestimeto di Stefania de Piccoli, Palazzo Barolo |
Sulle labbra, sulle sopracciglia e per dare lucentezza alle ciglia, venivano usati bastoncini di pomata alla rosa, garofano e vaniglia.
La ricostruzione della toilette della regina a Versailles. I vestiti dei manichini sono opera di Isabelle de Borchgrave tutti rigorosamente realizzati in carta. |
All'epoca di Luigi XVI gli ideatori di cosmetici si rivolsero sempre più sovente all'Accademia delle scienze. Ciò spiega come mai, alla fine del secolo, le sostanze che andavano a comporre i cosmetici non fossero più composte da sostanze velenose quali piombo e mercurio ma piuttosto da materie vegetali. Nella Toilettes de Flore, Buch'oz raccomandava di utilizzare zafferano piuttosto che il vermiglione ricavano dal bismuto. Maria Antonietta era rifornita, per quanto riguardava il make-up, da Mademoiselle Martin (Rose Bertin) o dal suo profumiere Fargeon, che le proponeva come rossetto una tonalità a base di carminio (una sostanza naturale ricavata da un insetto, la cocciniglia) talco polverizzato (la cui quantità variava a seconda della tonalità di rosso desiderato), olio di oliva e gomma adragante.
Jean-Louis Fargeon era un giovane profumiere quando, deciso a tentare la
fortuna, fece recapitare alla regina un paio di guanti profumati trattati con essenze notoriamente apprezzate da Maria Antonietta quali
garofani rossi, viole, giacinti e muschio. La regina apprezzò molto
quel dono e commissionò a Fargeon fragranze per lei, i suoi figli e per
le sue stanze.
Profumare ambienti e vesti era una cosa comune in un'epoca in cui l'igiene scarseggiava e si combatteva contro i cattivi odori. Gli appartamenti di Maria Antonietta a Versailles erano profumatissimi, ricchi di fiori freschi, pot pourri, oli e sacchetti profumati. Il castello era una vera sentina e molti cattivi odori salivano fino alle camere della regina che per risolvere il problema rimediava profumando le sue stanze di essenze fresche: fiori d'arancio, limone, rosa, lavanda, violetta e giunchiglia, ovunque andasse voleva circondarsi di splendidi profumi. Utilizzava per se stessa semplici profumi alla rosa o alla violetta oppure più complessi, composti di vaniglia, muschio, lavanda, gelsomino, giglio, limone, cannella, angelica, chiodi di garofano e coriandolo. Tutte essenze molto apprezzate nel XVIII secolo, che si rifacevano alla natura, alla primavera e al bucolico.
Fargeon diventò il punto di
riferimento della sovrana e creò per lei ciprie, profumi e creme per il viso e per il corpo. La regina amava particolarmente unguenti alla rosa, vaniglia, frangipane, tuberosa, garofano, gelsomino e millefiori.
Nel 2006 la scrittrice francese Elisabeth de Feydeau durante le ricerche per il suo libro"Jean-Louis Fergeon perfumer de Marie Antoniette" ha sottoposto il formulario originale al famoso "naso" francese Kurkdjian che è riuscito a ricreare un mix floreale fatto di rosa, iris, gelsomino, tuberosa e fiori d'arancio, legno di cedro e sandalo, utilizzando ingredienti naturali al 100% e seguendo fedelmente la ricetta del XVIII secolo. Il risultato di questo lavoro è stato un costosissimo ed esclusivo profumo: "Sillage de la Reine", in cristallo Baccarat con prezzi esorbitanti e in edizioni limitate.
La ricostruzione del tavolo da toilette di Maria Antonietta a Fontainebleau |
Profumare ambienti e vesti era una cosa comune in un'epoca in cui l'igiene scarseggiava e si combatteva contro i cattivi odori. Gli appartamenti di Maria Antonietta a Versailles erano profumatissimi, ricchi di fiori freschi, pot pourri, oli e sacchetti profumati. Il castello era una vera sentina e molti cattivi odori salivano fino alle camere della regina che per risolvere il problema rimediava profumando le sue stanze di essenze fresche: fiori d'arancio, limone, rosa, lavanda, violetta e giunchiglia, ovunque andasse voleva circondarsi di splendidi profumi. Utilizzava per se stessa semplici profumi alla rosa o alla violetta oppure più complessi, composti di vaniglia, muschio, lavanda, gelsomino, giglio, limone, cannella, angelica, chiodi di garofano e coriandolo. Tutte essenze molto apprezzate nel XVIII secolo, che si rifacevano alla natura, alla primavera e al bucolico.
Una scatola porta nei |
Nel 2006 la scrittrice francese Elisabeth de Feydeau durante le ricerche per il suo libro"Jean-Louis Fergeon perfumer de Marie Antoniette" ha sottoposto il formulario originale al famoso "naso" francese Kurkdjian che è riuscito a ricreare un mix floreale fatto di rosa, iris, gelsomino, tuberosa e fiori d'arancio, legno di cedro e sandalo, utilizzando ingredienti naturali al 100% e seguendo fedelmente la ricetta del XVIII secolo. Il risultato di questo lavoro è stato un costosissimo ed esclusivo profumo: "Sillage de la Reine", in cristallo Baccarat con prezzi esorbitanti e in edizioni limitate.
Molte delle ricette cosmetiche della Regina erano suggerite direttamente dal già citato Pierre-Joseph Buc’hoz, medico, botanico, naturalista, il primo ad
utilizzare la musica come trattamento alla malinconia. Buc'hoz che scrisse un'opera dedicata ai giardini di Maria Antonietta, "Il giardino dell'Eden, il
paradiso terrestre ritrovato nel giardino della Regina", ci ha
lasciato anche diverse ricette di bellezza per la cura del corpo e dello
spirito, ricette raccomandate alla stessa Maria Antonietta, nell'opera
"La Toilette de Flore".
Maria Antonietta aiutata a vestirsi dalle sue cameriere - Jean Michel Moreau |
Seguendo le ricette di Buc'hoz, la regina di notte dormiva indossando guanti rivestiti con cera, acqua di rose e olio di mandorle dolci e probabilmente trattava i capelli, al fine di accentuare il suo colore biondo ramato, con un lavaggio di zafferano, curcuma, sandalo e rabarbaro.
Il lavaggio dei capelli avveniva più o meno ogni tre
settimane; Léonard si serviva di una miscela la cui formula era
mantenuta segreta. Quasi certamente il divin parrucchiere utilizzava la "pozione magica" delle nostre bisnonne, simile a quella che Fanny Angerer avrebbe utilizzato per
Sissi più di un secolo dopo, vale a dire a base di uova, aceto di vino bianco e rhum.
Il bagno di una nobildonna in un dipinto ottocentesco di Ludovico Marchetti |
Un passaggio importante della toilette era l'applicazione sul viso delle "mosche", vale a dire finti nei di seta oliata che potevano avere la forma di stella, di fiore, di luna, talvolta ornati di piccoli diamanti. La loro funzione era inizialmente quella di nascondere le imperfezioni, come le cicatrici rilasciate dal vaiolo, ma anche quello di esaltare la carnagione bianca. Maria Antonietta aveva contratto il vaiolo a tre anni ma in una forma talmente leggera che le cicatrici risultarono essere praticamente inesistenti. Col tempo i nei divennere un vero e proprio linguaggio: a seconda di dove venivano applicati sul viso corrispondevano ad un messaggio particolare.
Per i denti la regina ordinava una polvere speciale a base di cenere e oppiacei, oppure una pasta dentifricia a base di
mirra, miele e salvia che aveva anche una funzione disinfiammante sulle
gengive.
Sulla depilazione non abbiamo notizie ma sappiamo che le dame utilizzavano una ceretta a base di miele e resina.
La toilette di Maria Antonietta - François Brunery |
Sulla depilazione non abbiamo notizie ma sappiamo che le dame utilizzavano una ceretta a base di miele e resina.
La ricostruzione della vasca della regina a Versailles realizzata con una vasca di rame dell'epoca |
Quanto al bagno è assai probabile che Maria Antonietta lo aromatizzasse come proponeva Buc' hoz, mescolando borragine, lupino e violacciocca, oppure mescolando mandorle dolci, pinoli, semi di lino, radice di altea e bulbo di giglio; come detergente utilizzava un particolare sapone all'ambra e bergamotto, a base di crusca ed erbe, dall'azione delicata ed esfoliante.
La regina, che amava le comodità, si fece installare nel 1786 una condotta d'acqua nel suo guardaroba per avere l'acqua corrente (probabilmente tramite un serbatoio collegato ad una fontana).
L'adduzione di condotti e lo sgombro permettevano di avere l'acqua corrente grazie a canalizzazioni che scendevano nel mezzanino superiore. L'acqua era riscaldata sul posto grazie ad una caldaia a legno messa in una stufa. Questo bagno conteneva una sola vasca di rame il cui esterno era incastrato in una cassa di legno dipinta ad olio. La vasca era sormontata, secondo l'abitudine del tempo, da un piccolo baldacchino di tela bianca. Maria Antonietta che aveva voluto copiare la vasca della sorella Carolina a Caserta, dallo stile chiaramente pompeiano, usò questa vasca molto poco, trovandola troppo fredda. Preferiva bagnarsi nella sua camera piena di sole in una "scarpa", genere di vasca chiusa a forma di scarpa, dove passavano solamente la testa e le spalle. Quest'ultima vasca da bagno era fatta di rame rivestito di stagno, contenuto in una cassaforma di canna. Le donne, non solo la regina, facevano il bagno con una camicia di flanella.
Un nécessaire da viaggio con oggetti da toilette della regina esposto al museo del profumo di Grasse |
Scrive Madame Campan nelle sue memorie: "La sua modestia era estrema in ogni dettaglio della toeletta intima: faceva il bagno vestita di una lunga veste di flanella abbottonata fino al collo, e mentre le due donne che l'assistevano l'aiutavano ad uscire dalla vasca, esigeva che davanti a lei si tenesse disteso un lenzuolo, tenuto alto, per impedire alle donne di vederla".
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