martedì 21 luglio 2015

Giuseppe II

Giuseppe bambino nel costume
tradizionale ungherese
Il futuro imperatore Giuseppe II, fratello maggiore di Maria Antonietta, nacque alla Hofburg di Vienna il 13 marzo 1741. "Per avere un figlio maschio, bisogna pregare San Giuseppe". Così consigliava a suo tempo la nonna paterna dell'imperatrice Maria Teresa che, infatti, aveva chiamato Giuseppe il suo primogenito.

Così il tanto atteso erede maschio fu battezzato con i nomi di Giuseppe Benedetto Augusto Giovanni Antonio Michele Adamo Davide. 

In quanto erede al trono, Maria Teresa si era preoccupata di curare accuratamente la sua educazione ma, come spesso accade, tanta sollecitudine aveva provocato nel ragazzo l’effetto contrario. Giuseppe fu, fin da giovanissimo, un contestatore ante litteram. “Il mio Giuseppe non sa obbedire” si lamentava la madre. 

I gesuiti, suoi precettori, avevano fatto di lui un furioso anticlericale. Quando scoprì Voltaire se ne ubriacò e quando scoprì che il filosofo era intimo amico di Federico il Grande, divenne anche lui grande ammiratore del sovrano, malgrado questi fosse nemico numero uno degli Asburgo e sua madre lo detestasse definendolo l’anticristo. Non ebbe pace finchè non andò di persona ad esternare a Federico la propria ammirazione. “Che vi siate scelto per modello Federico, non vi fa onore. Questo conquistatore non è mai riuscito a conquistarsi un amico. E che vita è, una vita senza calore umano?” scrisse Maria Teresa al figlio.

martedì 7 luglio 2015

La chemise à la Reine - Genesi di un nuovo stile

Madame Vigée Le Brun in un autoritratto
Nel 1783 Elisabeth Vigée Lebrun è a Versailles per ritrarre Maria Antonietta. Un pomeriggio la regina invita la sua pittrice a seguirla, e la porta in un padiglione trasformato in pinacoteca dove sono conservati dei quadri: una parte del patrimonio artistico dei re di Francia. La pittrice così scrive nelle sue Memorie, edite nel 1842:

"Quello stesso pomeriggio la regina scese ma non volle posare, volle che la seguissi in un padiglione dove, mi disse, erano conservati molti dipinti: voleva mostrarmene uno in particolare. Fu così che ci trovammo di fronte al dipinto di Leonardo, di fronte al ritratto di quella sconosciuta signora fiorentina che il pittore italiano aveva affidato al re di Francia (si tratta del re di Francia Francesco I). Rimanemmo a lungo in silenzio a osservare quella straordinaria figura, come per capire chi e che cosa avevamo davanti, ma quella cinquecentesca signora fiorentina ci irrideva con il suo sorriso, ammaliante, e pieno di mistero. Ci domandammo se fosse una modella ritratta per passione oppure se fosse una sposa raffigurata per commissione. Civettammo sul fatto che, una sposa, si presentasse alla sua glorificazione raffigurativa senza insegne della sua dignità: senza anello, senza gioielli, esposta a quell’abisso che stava alle sue spalle. Questo ritratto, dicemmo, dovette forse causare uno scandalo quando fu esposto al giudizio dei committenti, al giudizio del marito.

venerdì 3 luglio 2015

Una mattinata con la regina

Questo "guazzo" su carta del 1775, oggi al museo di Versailles e che rappresenta Maria Antonietta, giovane regina di vent'anni, è opera del pittore Jean-Baptiste Gauthier-Dagoty.
Al suo arrivo in Francia, Dagoty, figlio di un incisore, prese presto servizio a corte entrando nelle simpatie della giovane regina. "La sua arte era scarsa, ma la veridicità del suo pennello era estrema". In parole povere non era tanto la somiglianza e la veridicità dei volti ad impressionare, quanto il modo che il pittore aveva di ricreare costumi, ambienti e atteggiamenti.

La scena è in gran parte ricostruita ma rimane egualmente preziosa, a testimonianza di uno stile di vita e del vecchio regime ormai al tramonto.

Maria Antonietta occupa il centro della tela, la protagonista è lei. Indossa una semplice veste da camera e intrattiene la sua piccola corte suonando l'arpa, lo strumento amato fin dall'infanzia. 

La regina amava feste e divertimenti e aveva l'abitudine di dare molti concerti, soprattutto nei giardini di Versailles o nei suoi appartamenti privati. Nel gennaio del 1773 l'allora Delfina scriveva alla madre: "Nonostante i piaceri del Carnevale, sono sempre fedele alla mia cara arpa e mi accorgo che sto facendo progressi". L'imperatrice, conoscendo la patologica pigrizia della figlia, la incoraggiava a distanza a proseguire gli studi musicali e il 3 marzo dello stesso anno le scriveva: "Vi mando un pezzo per arpa; ditemi se è possibile eseguirla o meno...".