martedì 4 giugno 2019

I guanti

Particolare di un ritratto di Maria Carolina eseguito da Mengs
Può sembrare strano ma sono pochissimi i ritratti in cui la regina indossa un paio di guanti. La ragione, specie per quanto riguarda i ritratti ufficiali eseguiti da Madame Le Brun, può risiedere nel fatto che Maria Antonietta era molto orgogliosa delle sue mani che metteva in risalto indossando gli amati braccialetti; per questo motivo le bellissime mani della regina venivano quasi sempre ritratte nude in tutto lo splendore della loro perlacea bianchezza.

Eppure il guanto era un accessorio cui la regina non poteva certo rinunciare essendo da secoli, fin dai tempi di Caterina de' Medici, considerato indispensabile nel guardaroba di uomini e donne.

La donna media del diciottesimo secolo non sarebbe mai stata vista senza guanti perché, così come le acconciature piramidali, essi erano uno status symbol.

Secondo il marchese Louis-Antoine de Caraccioli le donne di bell'aspetto non potevano esimersi dal cambiare i guanti fino a quattro o cinque volte al giorno.

Utilizzati fin dall'antichità (sono stati rinvenuti dei guanti persino nella tomba di Tutankhamon) i guanti hanno alle spalle una storia affascinante fatta di usi, pratiche, rituali e simbolismi. Quello che a tutta prima può apparire come un accessorio "innocente" diventa invece un perfetto elemento antropologico; lo studio dei guanti è in realtà anche uno studio della condotta umana.

Offrire una mano nuda nei tempi antichi a qualcun altro era considerato un segno di ostilità, mentre offrire una mano guantata era inteso come un gesto di pace e cordialità. Tuttavia, c'erano alcune eccezioni a queste regole. Per esempio, era considerato irrispettoso presentarsi al sovrano con le mani  guantate ed un tempo era obbligatorio togliere i guanti entrando in una chiesa. I sacerdoti dovevano indossare i guanti prima della consacrazione del sacramento in quanto simboleggiavano purezza, castità e pulizia. 

Maria Antonietta a 16 anni con un paio di guanti da caccia

Particolare di un ritratto di Maria Antonietta che riceve la visita del fratello Massimiliano. La regina indossa un paio di guanti lunghi di seta.
Particolare di un ritratto di Maria Antonietta realizzato da Dumont. La regina tiene tra le mani
un paio di guanti da cavallerizza.

Gli uomini e le donne alla moda avevano la propria etichetta su quando e come indossare i guanti. Ad esempio, dopo il 1590 nacque la tendenza di non indossare i guanti ma di tenerli semplicemente nelle mani. Un'altra tendenza era portare un guanto e infilare l'altro nella cintura. 

Tra il XVII e il XIX secolo, l'etichetta stabiliva che le mani di una donna sofisticata dovevano essere coperte in ogni momento. Ciò significava che una donna indossava i guanti non solo all'aperto ma anche al chiuso, mentre prendeva il tè, e persino a casa "en negligée".
Se una donna veniva vista senza guanti la sua reputazione poteva essere presto discreditata. Non era peró considerato appropriato per le donne indossare i guanti durante i pasti, apparire in pubblico senza di loro, sedersi in chiesa o in un luogo pubblico prive di questo accessorio.

Se una signora voleva far sapere a un uomo che lo amava infilava i guanti in sua presenza. Parimenti per dire ad un uomo di "andare via" e di non spingersi oltre la donna si sfilava i guanti.
In concomitanza con simbolismi e gesti rituali, nascevano anche modi di dire. Ad esempio per dire che una donna aveva perso la verginità, era molto in uso l'espressione "perdere i guanti". La Fontaine ha immortalato questa frase con i seguenti versi: 

"Mainte fille a perdu ses gants.
Et femme au retour s’est trouvée.
Qui ne sait la plupart du temps
Comme la chose est arrivée…"

Il guanto era segno di autorità, per cui l'espressione "dare il guanto" significava conferire larghi poteri mentre l'espressione "gettare il guanto" era segno di sfida.

Il Settecento, secolo libertino per antonomasia, ebbe un interesse feticistico per l'abbigliamento che toccava la pelle nuda, e i guanti, esattamente come le sottane e le calze, erano perfetti per solleticare le fantasie erotiche maschili. E' noto che la regina di Napoli, Maria Carolina (sorella di Maria Antonietta) fosse solita sfilarsi i guanti lentamente davanti al consorte che apprezzava molto questo sottile erotismo che anticipava di due secoli Rita Hayworth nel film Gilda.

Guanti appartenuti alla regina. Museo del Petit Trianon
Guanti rigenerati appartenuti a Maria Antonietta



I guanti svolgevano un ruolo importante nel corteggiamento tra uomini e donne. Usati come dono avevano un valore simbolico inestimabile nella società del tempo. Simbolico ma anche materiale se pensiamo che l'unico regalo di nozze ricevuto da Enrichetta Maria di Francia da parte del consorte Carlo I, furono sei paia di guanti arricchiti di gemme. Anna d'Austria possedeva la bellezza di trecentoquarantassette paia di guanti. E' chiaro che i guanti avevano la stessa importanza che veniva data ai gioielli. 

Secondo una vecchia tradizione i guanti dovevano essere realizzati in tre regni: la pelle doveva essere conciata in Spagna, il modello ideato in Francia e le cuciture (cioè la realizzazione finale) doveva avvenire in Inghilterra.

Nel 1614, i guantai francesi conquistarono il diritto di unirsi ai profumieri per dare vita ad una potente corporazione che vide la luce a Parigi e in seguito in altre città della Francia, come Grasse. La strana unione tra un mestiere collegato al tanfo dei conciatori e un altro dedito alla creazione di odori gradevoli trovava la sua giustificazione nell'usanza, diffusa in Francia da Caterina de' Medici, di profumare i guanti e altri oggetti in pelle. La moda della peaux d'Espagne, strisce di cuoio essiccato e fortemente profumate che venivano messe in fondo ai bauli, ebbe lunga durata. Il cuoio, infatti, una volta trattato, acquisiva quella dimensione di incorruttibilità tradizionalmente attribuita agli aromi. 
I guanti profumati, o guanti dolci, come venivano chiamati, erano molto richiesti in tutta Europa, e lo  furono fino alla fine del Settecento. 
Gli eleganti guanti ornamentali prodotti in Francia erano di stili diversi e ogni stile portava il nome del profumo con cui erano profumati. C'erano, per esempio, i "gants de Neroli", dal nome della principessa di Neroli il cui profumo, quello delle zagare, era molto in voga durante il regno di Luigi XIV, e i "gants d'occasion à la frangipaire", dal nome di un nobile che inventò una fragranza ad uso esclusivo dei guanti.
Le essenze venivano utilizzate singolarmente o in combinazione per conferire ai guanti una qualità odorosa unica e desiderabile. Un metodo ordinario per profumare i guanti era quello di mescolare il profumo di fiori o spezie al grasso animale o a qualche tipo di olio come quello di mandorle. Dopo di che si strofinava la miscela sui guanti. Una delle ricette più semplici prevedeva l'unione di acqua di angelica e acqua di rose da unire alla polvere di chiodi di garofano, all'ambra grigia, al muschio e al legno d'aloe. Il tutto veniva bollito fino a che il liquido non si riduceva del 50%. Il composto veniva filtrato e solo allora i guanti venivano immersi in esso. Successivamente i guanti venivano appesi e messi ad asciugare al sole, girati e rigirati. La procedura veniva ripetuta tre volte. 

I guanti alla moda indossati dalle classi superiori erano fatti di pellami pregiati. Pelli di daino, agnello, pecora, cervo, vitello, lepre e pollo erano quelle più richieste dall'alta società. Altre pelli utilizzate per la realizzazione di guanti comprendevano quelle di  bue, di alce, di cervo, di capra e persino di cane. Sembra  anzi che la pelle di cane avesse un particolare sigillo per alcune persone. Antonio Perez, un ex ambasciatore spagnolo, mandò a Lady Knolles un paio di guanti accompagnati da una lettera in cui si poteva leggere: "Questi guanti, signora, sono fatti della pelle di un cane, l'animale più lodato per la sua fedeltà."

Tra il 1500 e il 1700, i guanti di pelle di pollo furono quelli più richiesti dalle donne raffinate che li indossavano di notte per tenere le mani morbide e bianche. Questi guanti erano così sottili che si inserivano in un guscio di noce. Il termine guanti di pollo divenne un termine improprio poiché queste pelli furono presto sostituite dalle pelli sottili e fini dei vitelli non nati. La pratica di indossare i guanti di notte, riempiti di unguenti per conferire una particolare delicatezza alla pelle, era anche comune tra gli uomini.

Esistevano ovviamente anche i guanti realizzati in tessuti pregiati come la seta, il raso, il velluto e il lino. I guanti di cotone comparvero intorno al 1600, nello stesso periodo delle calze a maglia. Fibre pregiate come le fibre di ortica e le fibre di bisso (il baco da seta del mare) erano utilizzate anch'esse per la creazione di guanti. I guanti in fibra di bisso erano estremamente fini e delicati e anche molto costosi.

Nella seconda metà del Settecento si delineò l'uso dei guanti lunghi, che coprivano fino al gomito il braccio, lasciato scoperto dalle maniche corte. La moda prediligeva però i mezzi guanti che permettevano di lasciare in vista l'aristocratica bellezza delle dita affusolate, come appaiono, per esempio, nel ritratto della granduchessa di Toscana Maria Ludovica. Il raffinato senso estetico del Settecento affinò il taglio del guanto sulla mano con una linguetta appuntita che, risvoltata, assumeva un carattere ornamentale. In questo periodo i guanti erano di color bianco, di pelle o di seta, senza ricami né altri ornamenti.

Maria Ludovica granduchessa di Toscana con un paio di mezzi guanti - Opera di Mengs

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