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martedì 20 agosto 2019

Pauvre Jacques

Tra le composizioni attribuite a Maria Antonietta con una certa attendibilità, spiccano tre romanze delicate e nostalgiche:

Portrait charmant del 1774;
C'est mon ami del 1787/1788;
Pauvre Jacques del 1789.
La storia della musica è ricca di brani attribuiti ad alcune teste coronate. A Giovanni IV del Portogallo è attribuita la celeberrima Adeste Fideles. Ad Enrico VIII è attribuita la splendida "Greensleeves" che si dice dedicata ad Anna Bolena (la canzone è citata persino da Shakespeare nelle "Allegre comari di Windsor"). Federico il Grande, ottimo flautista, si dice abbia composto diverse composizioni per questo strumento.
Ma esattamente come nel caso di Maria Antonietta, non vi sono autografi atti a spazzare via ogni ragionevole dubbio sull'autenticità di queste attribuzioni.
Le tre romanze attribuite alla regina sono melodie estremamente semplici, dove le note sono sempre le stesse più o meno ripetute. Maria Antonietta non era certo una musicista professionista ma aveva una buona preparazione musicale. Nulla di strano dunque attribuire una "maternità" regale ad arie così rilassanti, che fanno ambiente senza avere alcuna pretesa artistica.
Nel caso di Pauvre Jacques, tuttavia, alcune testimonianze indicano che non fu composta dalla sovrana, che pare ne abbia scritto solo il testo, ma dalla marchesa de Travanet. Scrive la Baronessa d'Oberkirch nelle sue memorie:
"...Sono legata a Mme de Travanet da una viva amicizia. E' una delle migliori, una delle più spirituali, una delle più affascinanti donne che conosca. E' stata dama di Mme Elisabeth, e non lo è più attualmente. E' lei che ha composto la canzone "Pauvre Jacques", la cui aria e le cui parole sono così toccanti...".

Affettuosamente chiamata "Travanette" da Mme Elisabeth, la marchesa fece parte degli intimi della regina durante i bei tempi del Petit Trianon. Maria Antonietta le chiedeva spesso di trasformare le sue romanze in musica. La storia di "Pauvre Jacques" è entrata nel mito anche perché la canzone divenne popolare durante la Rivoluzione; le sue parole si adattavano bene al destino dei sovrani e i realisti la fecero propria in contrapposizione a canzoni come la Carmagnole o il ça ira.
Fonte di ispirazione per le parole di Pauvre Jacques fu la storia d'amore tra Jacques Bosson, direttore svizzero della latteria a Montreuil di Mme Elisabeth, e Marie-Françoises Magnin.
Madame Elisabeth assiste alla distribuzione del latte nei giardini di Montreuil, sua residenza. (Richard Fleury François, XIX secolo)


lunedì 19 agosto 2019

Abito alla Brunswick

L'abito alla Brunswick, molto di moda in Germania, prese particolarmente piede negli altri paesi come costume da viaggio. Si trattava dei numerosi abiti informali del tardo Settecento, derivati dalla classe operaia ma realizzati con tessuti pregiati, come seta e raso. Esso comprendeva una giacca con scollatura alta e cappuccio e una sottoveste coordinata. Le maniche della giacca erano costituite da una manica superiore con balze al gomito e una manica inferiore stretta al polso. L'abito che ricordava un "caraco à la polonaise" poteva avere una veste corta oppure più lunga, in questo caso prendeva il nome di veste alla "gesuita". In effetti il retro della veste era tagliato in modo da ricordare le vesti sacre. Molto popolare a partire dagli anni '60 del Settecento, la veste fu in voga almeno fino al 1772 con piccole varianti.
 
A seguire alcuni esempi di veste alla Brunswick:
 
Pompeo Batoni - Lady Fox


Alexander Roslin - Ritratto di giovinetta con spaniel
 
Johann Georg Ziesenis -
Ritratto di Guglielmina di Prussia nipote prediletta di Federico il grande e cugina di terzo grado di Maria Antonietta

L'abito di taffetà rosa antico del dipinto di Roslin, potrebbe sembrare una robe à la francaise con la compere (i due mezzi corpetti abbottonati al centro) e le manches en pagode ma il cappuccio non ha niente a che vedere con la robe à la française (appartiene alla categoria delle douillette), a dimostrazione delle tante varianti della veste alla Brunswick.

Stesso discorso per l'abito di Guglielmina: in questo caso si tratta di una redingote in raso operato verde con maniche all'Amadigi (che però saranno di moda solo negli anni '80 mentre il ritratto è di almeno dieci anni prima). Stupisce che fosse portata totalmente aperta sul corpetto (in genere veniva aperta dalla vita in giù). I colori sono quelli amati dalla Pompadour (verde/rosa) che però era già morta da almeno cinque anni dato che il ritratto di Guglielmina è datato 1769. Entrambe le signore hanno acconciature ancora piuttosto contenute (à tete de mouton) ed attardate nel gusto rococò (siamo proprio alla fine del periodo dato che cinque anni più tardi Maria Antonietta inaugurerà le acconciature piramidali).