La cerimonia della messa a letto del re prevedeva una serie di riti e precedenze esattamente come al "lever".
Sotto Luigi XIV questi cerimoniali erano molto più articolati e la musica rivestiva in tali occasioni un ruolo importante in quanto sottolineava la "divinità" del sovrano.
Nacquero così composizioni come le Sinfonie per la cena del re di Delalande o i Trii per il coricarsi del re di Lully. Queste composizioni venivano eseguite frequentemente durante tali riti.
Sotto Luigi XIV questi cerimoniali erano molto più articolati e la musica rivestiva in tali occasioni un ruolo importante in quanto sottolineava la "divinità" del sovrano.
Nacquero così composizioni come le Sinfonie per la cena del re di Delalande o i Trii per il coricarsi del re di Lully. Queste composizioni venivano eseguite frequentemente durante tali riti.
La cerimonia del coucher veniva svolta regolarmente anche da Luigi XVI, nonostante la sacralità della cerimonia avesse ormai perso il suo senso originario e, dalle memorie della Contessa de Boigne, si apprende il modo in cui essa veniva svolta:
“Il "coucher" aveva luogo tutte le sere alle nove e mezza e gli uomini della corte si riunivano nella camera di Luigi XIV (che non era quella dove dormiva Luigi XVI); penso che tutte le persone presentate vi avessero accesso. Il Re vi arrivava da uno stanzino interno seguito dal suo personale, aveva i capelli “pettinati” e aveva tolto le decorazioni degli ordini. Senza fare attenzione a nessuno, entrava nella balaustra del letto; l’elemosiniere del giorno riceveva dalle mani di un valletto di camera un libro di preghiere ed un grande candelabro a due candele; seguiva il Re all’interno della balaustra, gli dava il libro e teneva il candelabro durante la preghiera che era corta. Il Re rientrava nella parte della camera occupata dai cortigiani; l’elemosiniere rendeva il candelabro al primo valletto di camera; questi lo porgeva alla persona scelta dal Re che lo teneva per tutta la durata del coucher. Era una distinzione molto ricercata; così nei salotti della Corte, la prima domanda fatta alle persone al ritorno dal coucher era: “ chi ha avuto il candelabro?” e la scelta, come capita ovunque in ogni tempo, era raramente approvata. Veniva tolto l’abito al Re, poi la veste ed infine la camicia; rimaneva nudo fino la cintura grattandosi e sfregandosi come se fosse stato solo, in presenza di tutta la corte e spesso di molti stranieri di distinzione. Il primo valletto di camera dava la camicia alla prima persona qualificata, ai principi del sangue se ce n’erano di presenti, questo era un diritto e non un favore. Se aveva familiarità con la persona il Re faceva spesso delle finte per indossarla, la evitava, passava vicino, si faceva inseguire e accompagnava questi bei divertimenti con delle grandi risate che facevano soffrire le persone che gli erano sinceramente affezionate. Una volta messa la camicia, metteva la vestaglia di camera; tre valletti di camera slacciavano contemporaneamente la cintura e il cinturino alle ginocchia della culotte, che ricadeva fin sui piedi; ed era così combinato, non potendo camminare con degli ostacoli così ridicoli, che cominciava, trascinando i piedi, il giro dei cortigiani, la cui durata era tutt’altro che fissa; a volte si trattava di qualche minuto, altre volte anche un’ora, dipendeva dalle persone che vi si trovavano. Quando non c’erano dei releveurs, così venivano chiamati dai cortigiani coloro che sapevano far parlare il Re. Il tutto non durava più di dieci minuti. Tra i releveurs il più abile era il conte di Coigny: aveva sempre cura di sapere quale fosse la lettura attuale del Re e sapeva molto abilmente portare la conversazione su quello che prevedeva lo avrebbe messo in risalto. Così il candelabro gli arrivava frequentemente, e la sua presenza offuscava le persone che desideravano che il Coucher fosse corto. Quando il Re ne aveva abbastanza si trascinava indietreggiando verso una poltrona che gli avevano portato al centro della camera, ci si lasciava cadere pesantemente alzando le gambe; due paggi in ginocchio se ne impadronivano contemporaneamente, toglievano le scarpe al Re e le lasciavano cadere con un rumore previsto dall'etichetta. Nel momento in cui lo sentiva, l’usciere apriva la porta dicendo: “Andate Signori”. Tutti se ne andavano e la cerimonia era finita. Tuttavia la persona che teneva il candelabro poteva rimanere se aveva qualcosa di particolare da dire al Re e questo spiega il valore che si dava a questo strano favore…”.
Stanza da letto privata di Luigi XV e poi di Luig XVI |