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domenica 5 marzo 2017

Il profumo all'epoca di Maria Antonietta

Boccette di profumo appartenute a Maria Antonietta
Collezione privata
Nel Settecento si verificò un rinnovato interesse nei confronti del profumo, fino ad allora utilizzato per sedurre ma soprattutto a scopi terapeutici. Indubbiamente continuò ad essere un richiamo per l'altro sesso, ma andava sviluppandosi soprattutto una tendenza alla personalizzazione, all'identità, al narcisismo.

Si attribuivano ai profumi numerose virtù, soprattutto in campo medico. Si riteneva che il profumo proteggesse, purificasse e tenesse lontane numerose malattie. E' cosa nota che dal XIV al XVII secolo i medici, durante le pestilenze, indossavano una buffa maschera con un becco, all'interno del quale c'erano erbe mediche ed erbe aromatiche, fiori secchi, lavanda, timo, mirra, ambra, foglie di menta, canfora, chiodi di garofano, aglio e, quasi sempre, spugne imbevute di aceto, per non sentire l'odore dei malati e tenere lontano le malattie. La scienza moderna è riuscita a dimostrare un'efficacia antibatterica e antivirale eccezionale degli oli essenziali estratti da queste piante e in effetti le loro proprietà sono degne di nota, dimostrate ad esempio nei confronti dell' Yersinia enterocolitica (batterio appartenente allo stesso genere della specie responsabile della peste).

Per questo motivo si abusava dei profumi tanto che a Versailles, sotto il regno di Luigi XV, la corte fu soprannominata "la Corte profumata". Il profumo era onnipresente: sul corpo, sulla biancheria intima, sulle vesti e sugli accessori. Venivano posti sacchetti contenenti petali di rose cuciti all'interno delle pieghe dei vestiti; cuffie provviste di fodera interna contenevano erbe aromatiche essiccate; ciprie profumate venivano sparse sulla biancheria o sulle parrucche. I guanti, i ventagli, i fazzoletti venivano profumati. Delle strisce profumate venivano disposte direttamente sulla pelle prima di indossare abiti che avevano subito lo stesso trattamento della pelle.
Tanto profumo però mascherava altrettanti cattivi odori che, in un'epoca in cui la pulizia del corpo era ancora poco praticata, dava l'illusione di vera igiene.

Il profumo nel XVIII secolo era utilizzato sotto diverse forme: acque di profumo, polveri profumate, guanti profumati, oli o aceti, creme profumate e, come per il corpo e i capi di vestiario, si diffuse la pratica di profumare gli ambienti attraverso dei brucia essenze, incensi e pot-pourris. D'altra parte le strade e la stessa reggia di Versailles erano delle vere e proprio cloache massime all'aperto anche se il modo di percepire gli odori era diverso perché l'olfatto era un senso più forgiato ai cattivi odori di quanto non lo sia l'olfatto del nostro secolo.

Brucia essenze appartenuto a Maria Antonietta facente parte della sua collezione di lacche giapponesi
Maria Antonietta non poteva aprire le finestre della reggia, che da basso salivano odori nauseabondi. Per questo bruciava essenze in appositi inceneritori; potevano essere oli essenziali, incenso, bacche di ginepro. Scrive Carolly Erickson:
"Versailles in realtà era un grande pozzo nero che emanava tanfo di sudiciume e di escrementi. I contadini circostanti portavano al palazzo le loro immondizie e le scaricavano nei giardini. Nell' interno del palazzo medesimo, le pareti, i tendaggi e le sontuose tappezzerie emanavano uno sgradevole odore di fuliggine; i camini tiravano male e le stanze erano invase dal fumo da novembre ad agosto. L'odore rimaneva attaccato ai vestiti, alle parrucche, perfino alla biancheria intima. Cosa peggiore di ogni altra, mendicanti, servitori e visitatori aristocratici, indifferentemente, usavano le scale, i corridoi, qualunque angolo appartato per fare i loro bisogni. Un osservatore del tempo scrisse : "i passaggi, i cortili, le ali e i corridoi erano pieni di orina e di feci. Il parco, i giardini e il castello facevano vomitare per la puzza".

L'architetto Viollet-le-Duc riferì di aver visitato Versailles con un'anziana nobildonna (Madame de la Tour du Pin) che era vissuta alla corte di Luigi xvi. La nobildonna parve disorientata nel vasto palazzo, allora non arredato, finché essa e l'architetto arrivarono in un punto dove il tappo di uno scarico che era saltato per il gelo, aveva coperto il pavimento di sudiciume; il tanfo era terrificante e d'improvviso schiarì la memoria della vecchia signora , " Ah! Adesso so dove mi trovo " , esclamò gioiosamente. "Questa era Versailles ai miei tempi... Era cosi dappertutto!"

Un pomander

Il pomander al suo interno




Non molto meglio era messa Parigi, avvolta da un fetore nauseabondo. I signori che si avventuravano per le sue strade erano soliti tenere davanti al naso dei fazzoletti imbevuti di aceto oppure dei pomander,  piccole sfere di metallo nobile e impreziositi da gemme che contenevano profumi o erbe profumate. Le vinaigrettes, piccole scatole decorate contenenti una spugna imbevuta del famoso aceto dei sette ladri, divennero molto popolari. Questi piccolo recipienti, realizzati in oro, argento o porcellana, ebbero lo stesso successo dei contenitori dei sali utilizzati per combattere i nervi.

Scrive Patrick Suskind nel suo best seller "Il Profumo" ambientato ai tempi di Luigi XV, da cui fu tratto un altrettanto celebre film nel 2006:

"Al tempo di cui parliamo, nella città regnava un puzzo a stento immaginabile per noi moderni. Le strade puzzavano di letame, i cortili interni di orina, le trombe delle scale di legno marcio e di sterco di ratti, le cucine di cavolo andato a male e di grasso di montone, le stanze non aerate puzzavano di polvere stantia, le camere da letto di lenzuola bisunte, dell'umido dei piumini e dell'odore pungente e dolciastro di vasi da notte. Dai camini veniva puzzo di zolfo, dalle concerie veniva il puzzo di solventi, dai macelli puzzo di sangue rappreso. La gente puzzava di sudore e di vestiti non lavati, dalle bocche veniva un puzzo di denti guasti, dagli stomaci un puzzo di cipolla e dai corpi, quando non erano più tanto giovani, veniva un puzzo di formaggio vecchio e latte acido e malattie tumorali. Puzzavano i fiumi, puzzavano le piazze, puzzavano 1e chiese, c'era puzzo sotto i ponti e nei palazzi. Il contadino puzzava come il prete, l'apprendista come la moglie del maestro, puzzava tutta la nobiltà, perfino il re puzzava, puzzava come un animale feroce, e la regina come una vecchia capra, sia d'estate sia d'inverno. Infatti nel diciottesimo secolo non era stato ancora posto alcun limite all'azione disgregante dei batteri e così non v’era attività umana, sia costruttiva sia distruttiva, o manifestazione di vita in ascesa o in declino, che non fosse accompagnata dal puzzo.

E naturalmente il puzzo più grande era a Parigi, perché Parigi era la più grande città della Francia. E all'interno di Parigi c'era poi un luogo dove il puzzo regnava più che mai infernale, tra Rue aux Fers e Rue de la Ferronnerie, e cioè il Cimetière des Innocents. Per ottocento anni si erano portati qui i morti dell'ospedale Hôtel-Dieu e delle parrocchie circostanti; per ottocento anni, giorno dopo giorno dozzine di cadaveri erano stati portati qui coi carri e rovesciati in lunghe fosse; per ottocento anni in cripte e ossari si erano accumulati, strato su strato, ossa e ossicini. E solo più tardi, alla vigilia de1a Rivoluzione Francese, quando alcune fosse di cadaveri smottarono pericolosamente e il puzzo del cimitero straripante indusse i vicini non più a semplici proteste, bensì a vere e proprie insurrezioni, il cimitero fu definitivamente chiuso e abbandonato, e milioni di ossa e di teschi furono gettati a palate nelle catacombe di Montmartre, e al suo posto sorse una piazza con un mercato alimentare."

Con queste premesse è facile capire come mai il profumo fosse utilizzato a piene mani; si doveva convivere con odori allucinanti e con il rischio di contagi.

Brucia essenze della manifattura di Sèvres, 1759
Wallace collection
Sotto il regno di Luigi XV erano molto in voga i profumi di origine animale come il muschio, l'ambra grigia e lo zibetto. Erano profumi estremamente pungenti perché ricchi di feromoni che non vanno confusi con quelli che oggi portano lo stesso nome ma che vengono prodotti in laboratorio. Come tutte le sostanze aromatiche di origine animale, questi profumi hanno la proprietà di agire, attravero l'olfatto, sul sistema ormonale avendo quindi un azione estremamente seduttiva. Le dame dell'aristocrazia utilizzavano in particolare il muschio, non per mascherare l'odore del proprio corpo, bensì per esaltarlo.

Maria Antonietta, nata e cresciuta in una corte molto bigotta, dove la madre dava la massima importanza all'igiene e alla cura del corpo, aveva gusti completamente diversi in fatto di profumi. I servizi igienici della sua Vienna erano ancora piuttosto rudimentali, tuttavia l'imperatrice esigeva che le figlie venissero lavate e pettinate tutte le mattine, senza eccezioni. Un bagno con acqua fredda la mattina per rinvigorire, e un bagno con acqua calda prima di andare a dormire per rilassare. Dietro questo sano igienismo, anche piuttosto spartano, c'era lo zampino dell'archiatra van Swieten, promulgatore di sani principi igienici e alimentari. La governante di Maria Antonietta utilizzava fragranze alla rosa e alla violetta per la sua pupilla, non per niente, da adulta, la regina predilesse sempre questo tipo di profumi: fragranze floreali, leggere e delicate, oppure dolci e fruttate. La corte di Vienna era piuttosto borghese negli usi e costumi ed è un fatto che nel XVIII secolo fu proprio la borghesia a bandire i profumi intensi di origine animale e a dare una nuova identità al profumo. Agli sfacciati richiami erotici e agli artifizi della corte, la borghesia contrapponeva una seduzione naturale. L'intento era quello di sedurre con la purezza dei fiori e dei propri sani costumi ma soprattutto veniva utlizzato il profumo per se stessi, per stare bene e in armonia con il proprio corpo. Una concezione molto più vicina al nostro moderno sentire.

L'epoca di Maria Antonietta preferì dunque le semplici eaux de fleurs; l'acqua cominciava a spaventare meno, facendosi strada la convizione che esistesse uno scambio energetico tra l'interno e l'esterno del corpo e che pertanto non era giusto ostruire i pori.

Coppia di pappagalli decorativi, due piccole ampolle e una bottiglia di profumo con brucia essenze. Questi pezzi appartenuti alla regina, hanno un enorme valore poichè provenivano direttamente dalla Cina e secondo il parere degli esperti furono realizzati fra la fine del XVII secolo e gli inizi del XVIII 
Maria Antonietta aveva il suo profumiere di fiducia a Versailles, Jean-Louis Fargeon. Fu la principessa de Guéménée, prima governante dei figli della regina, ad introdurre Fargeon a Corte. Il profumiere entrò nella grazie della sovrana per averle offerto dei guanti profumati. Per la regina egli ideò fragranze alla rosa, alla violetta e garofano, trucchi e creme per il viso, pomate e polveri profumate, acque lenitive ed elisir di bellezza. Le acque di profumo di Fargeon erano ottenute dalla distillazione in presenza di spirito di vino, a seguito di un'infusione più o meno prolungata. Il tutto era fissato con del muschio, dell'ambra o della mirra dolce. La regina amava questi profumi che utilizzava anche per profumare gli ambienti del Petit Trianon o dei suoi appartamenti privati a Versailles, utilizzando degli inceneritori o dei sacchetti profumati.



Recentemente è stato ricreato uno dei profumi che Fargeon ideò per la regina. Si tratta di un profumo la cui ricetta è stata scoperta dalla scrittrice francese Elisabeth de Feydeau durante le ricerche per il suo libro"Jean-Louis Fargeon perfumer de Marie Antoniette". La Feydeau ha sottoposto il formulario originale al famoso "naso" francese Kurkdjian che è riuscito a ricreare un mix floreale fatto di rosa, iris, gelsomino, tuberosa e fiori d'arancio, legno di cedro e sandalo, utilizzando ingredienti naturali al 100% e seguendo fedelmente la ricetta del XVIII secolo. Il risultato di questo lavoro è stato un costosissimo ed esclusivo profumo: "Sillage de la Reine", in cristallo Baccarat con prezzi esorbitanti e in edizioni limitate. Il profumo che Fargeon aveva composto su richiesta della sovrana stessa, doveva evocare il Petit Trianon; la rosa era la chiave di volta attorno alla quale giravano le essenze di fiori d'arancio, lavanda, cedro, bergamotto e galbano. Al centro del composto venivano poste le essenze di iris e viola con una punta di narciso. Veniva poi unito il gelsomino e la tuberosa. Come base: vaniglia, sandalo, ambra e muschio, con una punta di benzoino.

Necessaire di Maria Antonietta conservato al museo del profumo di Grasse
Insomma in breve tempo Fargeon divenne un profumiere di successo, aprendo negozi a Bordeaux, Nantes e Londra. Dopo una bancarotta nel 1778, Fargeon decise di trasferirsi a Grasse, patria del profumo, accanto alle materie prime, indispensabili alla sua arte.
Sotto la Rivoluzione il profumo fu bandito e messo fuori legge il suo utilizzo, anche se per un certo periodo andò molto di moda il profumo "Elisir alla Ghigliottina".
Nel gennaio del 1794 Fargeon fu arrestato e accusato di complicità con un falsario. Scrisse molto coraggiosamente:"Sono accusato di aver servito ex nobili. Ho creato profumi per loro, ma avevano gusti e modi che li rendevano clienti ideali alla mia arte. Ho sofferto per la loro leggerezza e negligenza nei pagamenti e i loro debiti mi hanno portato al fallimento. Ho avuto gran difficoltà a ripristinare la mia arte.... Cosa devo fare? devo dimostrare il mio patriottismo ideando una fragranza dall'odore di sangue stagnante intorno alla ghigliottina?".
Salvatosi miracolosamente dalla condanna a morte, compose nel 1801 un trattato sul profumo, L'arte del profumiere. Morì nel 1806 ed è considerato tra i padri della moderna profumeria.

Boccette di profumo appartenute alla regina
Il suo allievo, Houbigant, fu anche lui tra i profumieri prediletti di Maria Antonietta. Presente dal 1775, la Maison Houbigant, insieme alle sue concorrenti di allora Piver e Lubin, pose le basi della profumeria moderna, da cui presero le mosse (tra la fine fine dell'Ottocento e i primi del Novecento) Guerlain, Caron, Molinard, Coty e a seguire tutti gli altri.
Tutto ebbe inizio da un semplice cesto di fiori quando il giovane Houbigant, in un giorno del 1775, appese un’insegna dipinta a mano, che raffigurava un cesto di fiori, sopra il suo piccolo negozio in rue du Faubourg Saint-Honoré. Houbigant insegnò alle dame della Corte di Versailles come profumare i loro ventagli in modo che il loro semplice battito potesse emanare un messaggio romantico. Sin da subito le sue fragranze furono apprezzate dalla famiglia reale e dalla nobiltà. L'imperatrice Giuseppina, Napoleone, la regina Vittoria e tante altre teste coronate furono clienti fissi della Maison.

Jean-Françoise Houbigant
Secondo la leggenda Maria Antonietta fu riconosciuta a Varennes per via del profumo della Maison Houbigant, che solo persone di un certo rango potevano permettersi. Secondo un'altra leggenda la regina, il giorno della sua esecuzione, portò con sé 3 fiale di profumo Houbigant nel suo corsetto a mo di cordiale.
Di certo abbiamo la testimonianza di un commissario del Tempio che narrò di come la regina lo trattasse con molta gentilezza e che, dopo avergli mostrato i capelli del primo delfino e della principessina Sophie, si soffregò le mani con un profumo dall'essenza soavissima....del profumo Houbigant?

Con l'avvento della Rivoluzione, i profumi furono guardati con sospetto, in quanto prodotti di lusso e pertanto legati al vecchio regime. Tuttavia, in seguito all'esecuzione del re, cominciarono ad emergere nuove fragranze. Nacquero così profumi dai nomi improbabili "à la guillotine" o "à la nation". Dopo la caduta di Robespierre, la passione per i profumi inebrianti ostentata da les incroyables e da les merveilleuses, rappresentò una reazione, chiaramente vana, ma comunque indicativa della funzione sociale del profumo. Sollevata dalla fine del Terrore, la gioventù dell'epoca dimostrava in questo modo il desiderio di vivere senza timore esaltando la giovinezza e rifiutando l'idea della morte.


Qui in basso alcune ricette di profumi dell'epoca di Maria Antonietta, tratte dalla Toilette de Flore di Buc'hoz:

Acqua delle Dame:

Predere due manciate e mezzo di petali di rose rosse, e una manciata ciascuno di fiori di rosmarino, di lavanda e un pugno ciascuno di rametti di timo, fiori di camomilla, salvia, maggiorana e di menta poleggio. Immergere tutto nel vino bianco per 24 ore e inserire poi il composto in un alambicco; inserire una polvere composta da mezza oncia di chiodi di garofano, un'oncia abbondante di grani del paradiso, benzoino, storace calamita. Distillare il tutto e conservare l'acqua distillata ottenuta in un recipiente ben chiuso. 

Acqua di lavanda:

Prendere dei fiori di lavanda freschi o secchi, bagnarli con del vino o dell'acqua vite, o dell'acqua  di rose e lasciarli macerare. In seguito distillare il tutto. L'acqua sarà più profumata se i fiori verranno fatti essiccare al sole e macerare nel vino bianco. 

Acqua d'angelo:

Mettere in un grande alambicco i seguenti ingredienti: quattro once di benzoino, due once di storace, un'oncia di sandalo citrino, due grossi chiodi di garofano, due o tre manciate di iris di Firenze, una mezza buccia di limone, due noci moscate, un'oncia di cannella, due pinte di acqua di rose, una pinta di melissa. Porre il tutto in un alambicco ben sigillato e distillare il composto a bagno maria. 


6 commenti:

  1. Strepitoso! Volevo farti tantissimi complimenti per questo meraviglioso blog, ho letto credo tutti i post :') Grazie mille per condividere con noi le tue ricerche e conoscenze

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  2. Quanti giorni devono macerare? MARIA ANTONIETTA.

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  3. Laura Savani davvero molto interessante il post sui profumi usati da Maria Antonietta peccato che siano troppo costosi i Silage De La Reine comica la storia della Marchesa che si trovo'a Versailles con un architetto e andarono a finire in una stanza dove le tubature dello scarico di un bagno erano saltate e la Marchesa estasiata grido'eccola la Versailles dei miei tempi ovunque era cosi'ora mi ci ritrovo!praticamente erano abituati ai cattivi odori nauseanti che vi alleggiavano?noi saremmo morte per la puzza loro la trovavano piacevole assurdo...e poi non si lavavano mai eccezzione fatta solo da Maria Antonietta anche se doveva indossare una camiciola ma almeno si lavava ed era pulita

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