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mercoledì 17 giugno 2015

Rose Bertin, il ministro della moda

Mademoiselle Bertin in un ritratto giovanile -
collezione privata
Maria Antonietta è oggi considerata la prima icona della moda, qualcuno l'ha definita persino la "prima top model" della storia. Eppure il suo interesse per il look e l'abbigliamento fu lento e graduale. Quando era ancora una Delfina, si era limitata a seguire la moda ufficiale indossando solo abiti consigliati dalla sua dama di corte, la "Maestra d'abiti". Non aveva mai azzardato alcuna stravaganza nell'abbigliamento. Anzi, persino sua madre la criticò in una lettera per essersi lasciata andare alla "sciatteria". Ma all'ascesa al trono di Luigi XVI, la duchessa di Chartres e la principessa di Lamballe le presentarono Rose Bertin, la sarta, o "modista", venerata da tutte le dame della corte.

Rose, il cui vero nome era Marie Jeanne, era piccarda, e in pochi anni era riuscita nella sua ascesa grazie ad un raro talento di suprema maestra del frivolo, da umile crestaia ad Amiens, fino ad arrivare alla boutique di Mlle Pagelle "Le trait galant" in rue Saint-Honoré. Presto si mise in proprio aprendo un negozio sempre in rue Saint-Honoré, "Le grand Mogol". Vestiva attrici, mantenute, ricche borghesi e le più belle dame della corte. Mademoiselle Bertin operava in maniera molto semplice: dava disposizioni al sarto, il quale le restituiva un modello disadorno, su cui ella dava libero sfogo alla sua fervida immaginazione.

Nonostante il suo nome sia legato ai magnifici abiti creati per la regina, Mlle Bertin non può essere definita una stilista ma al massimo una modista. Anzi più esattamente una "marchand de modes" che contribuì alla nascita della corporazione delle stesse, di cui divenne anche presidente. In pratica, per modista, si intendeva chi vendeva in un negozio, cappelli, abiti, accessori, il più delle volte frutto di creazioni personali. Oggi il termine, ormai desueto, è più ristretto alle creatrici di cappelli.
La mercantessa di moda
Il grande merito della Bertin fu quello di aver capito come "intrufolarsi" nel meccanismo della moda dell'epoca. Nel Settecento non si poteva parlare di moda nel senso stretto del termine, né di stilisti. Per questo si dovrà aspettare l'Ottocento e l'avvento di Worth, inglese trapiantato a Parigi, considerato il primo stilista della storia. 
Worth firmava i propri abiti (cosa che la Bertin e nessun altro aveva mai fatto); presentava collezioni stagionali nel proprio atelier; dettava lui le tendenze. 
All'epoca della Bertin, le tendenze non venivano proposte dalla modista ma nascevano all'interno della cerchia di chi fruiva della moda, cioè la corte e non erano mai tendenze che nascevano e morivano da un giorno all'altro. I cambiamenti erano sempre molto lenti e graduali, non come oggi. La Bertin ebbe il merito di capire che per imporre la sua tendenza, doveva necessariamente passare a corte e farsi conoscere dalla regina. Anche se era la Bertin a proporre, era Maria Antonietta che lanciava una tendenza.

Nelle memorie di Madame Tussaud si può leggere:

"I Parigini copiavano ogni nuovo stile che Maria Antonietta adottava. Era così grande il desiderio di copiare la Regina, che una sera quando comparve nel suo palco all'Opera, sfoggiando una nuova creazione di Léonard che metteva in mostra per la prima volta, nella platea si creo' una ressa, poiché la gente si accalcava per poter vedere il più vicino possibile la Regina".  Questo avvenimento diede un significato maggiore al termine "vittima della moda". Léonard provò un piacere sfacciato dell'accaduto: "La gente nella platea si accalcava l'uno contro l'altro, nel tentativo di ammirare il capolavoro di Léonard. Risultato: 3 braccia slogate, 2 costole rotte, 3 piedi rotti....in breve "Un trionfo assoluto!!".

Si racconta di come la Regina, cosciente del fatto che ogni suo accessorio venisse copiato, nel massimo del suo splendore, soleva sorridere delle servili imitazioni dei suoi abiti sfoggiati dalle dame di Corte e anche da quelle di ranghi inferiori; per dimostrare questa "mania" che aleggiava, una volta fece uno scherzo: si recò all'Opera con dei ravanelli sistemati accuratamente nella sua acconciatura!. Il sarcasmo pero' fu' capito, e questo tipo di ornamento non venne così mai copiato.


Maria Antonietta (al centro)  nel particolare di un
dipinto che la ritrae durante la cerimonia di
incoronazione di Luigi XVI. L'abito che indossava
in questa occasione fu una creazione di Rose Bertin.
Il peso del vestito, dovuto all'abbondanza dei ricami
in pietre preziose, era tale che la Bertin propose che la
duchessa di Cossé, in qualità di maestra del guardaroba,
lo trasportasse a Reims su un apposito sostegno. Poiché
la duchessa di rifiutò di farlo, proponendo di utilizzare un
normalissimo baule, la regina fu costretta a trasportarlo
insieme con il proprio bagaglio.
La regina fu la prima a vedere nella moda, che comprendeva non solo abiti ma acconciature e trucco, una vera e propria arte. Ella non volle che il genio creativo della Bertin e di Léonard si inaridisse a contatto con la corte, ma piuttosto che fosse incrementato dalla frequentazione della clientela parigina. Lo scandalo fu enorme. L'etichetta interdiva a ogni “subalterno” che avesse una carica a corte, di esercitare la sua “arte” fuori di quella sede ma la sovrana permise a Rose e al suo fisionomista, il divino Léonard, di continuare a vestire o a pettinare le signore di Parigi. I più fervidi partigiani dell'etichetta ne fremettero ma effettivamente le grandi sarte, le modiste e i parrucchieri dell'epoca imparavano la loro arte specie in ambienti come quelli dell'Opéra di Parigi. A chi scandalizzato ebbe da ridire la regina rispose:

“Se il primo pittore o scultore del Re si occupasse soltanto a moltiplicare l'immagine del Re, credete voi che egli potrebbe raggiungere quella perfezione che non si acquista, se non con la varietà dei lavori e con il paragone che ne risulta? Non dobbiamo noi, forse, alla concorrenza e alla emulazione quei capolavori che adornano i nostri musei e i nostri palazzi?”

Il sodalizio tra Rose e la regina durò quindici anni, il loro fu un magico connubio o una folie à deux. Ricevuta da Maria Antonietta nell'estate del 1774, la piccola ma scaltra modista, dispiegò un vertiginoso corredo di abiti e cappelli sontuosi e la regina rimase senza fiato per l'ammirazione. Maria Antonietta prese l'abitudine di ricevere Rose due volte alla settimana, e a Versailles scoppiò una "piccola" ma significativa rivoluzione: Mlle Bertin ottenne ciò che fu vietato a Voltaire come a tutti i poeti e pittori del tempo: essere ricevuta dalla regina, nonostante le sue origini borghesi, nei petits gabinets. Ad ogni incontro la modista le mostrava creazioni originali sempre più allettanti. Abbigliata da Rose, la regina appariva come una creatura dei sogni o addirittura un'attrice. Ogni mattina la regina doveva decidere l' abbigliamento del giorno; per ogni stagione erano prescritte dodici nuove vesti di gala, dodici abiti fantasia, dodici da cerimonia, per non contare i cento che ogni anno venivano in più allestiti. Poi accappatoi, corsetti, scialli e fichus, cuffie e cinture, guanti, calze e sottovesti. Alla fine la regina fissava, su un grosso libro pieno di campioncini della stoffa di ciascun abito pronto in guardaroba, uno spillo sul prescelto.
Si dice che Maria Teresa, ricevendo un ritratto di Maria Antonietta effigiata in tutta la sua opulenza, rimandò indietro il dipinto fingendo di non riconoscere la figlia e sostenendo che doveva trattarsi di un errore perché quello non era il ritratto della regina di Francia ma di un'attrice. 

Maria Antonietta con abito fiabesco adorno di crepe (un tessuto dal caratteristico aspetto
 increspato, granuloso e mosso), quasi certamente opera di Rose Bertin. 
L'arte di Mlle Bertin permise alla sovrana, che fino a quel momento aveva avuto gusti molto semplici in fatto di abbigliamento, di adottare ogni giorno una nuova moda e Maria Antonietta fece del vestiario una delle sue occupazioni principali, venendo, naturalmente, imitata da tutte le dame. Grazie alla protezione della regina, la Bertin era diventata un personaggio importante a Versailles, dove le sue pretese e la sua insolenza irritarono diverse persone. La sua arroganza divenne proverbiale tanto che nel suo negozio di rue Saint-Honoré, fece applicare un'insegna: “Fornitrice della Regina”. Si racconta di una signora di provincia venuta a chiedere qualcosa di nuovo per la sua presentazione alla corte di Versailles. La Bertin la scrutò da capo a piedi e poi, rivolta a una delle sue aiutanti, disse in tono maestoso: “Mostrate a madame la mia ultima creazione per Sua Maestà”. Alcune dame arrivarono a corrompere con forti somme “il ministro della moda ” come ormai era chiamata Rose, perché confezionasse loro un modello che la regina stessa non avesse ancora portato.

La Boutique di una modista nel XVIII secolo.  Nel suo negozio la Bertin vendeva anche articoli già confezionati: grandi cuffie, cappelli ornati di fiori e piume, mantelline, mantelli con pelliccia, colletti, cravatte, fazzoletti di seta, fisciù di velo, manicotti, ventagli, cinture, guanti, scarpe, ciabattine ricamate e migliaia di altri ninnoli. Era impossibile uscire dal Grand Mogol a mani vuote.
Parecchie volte alla settimana si vedeva arrivare a Versailles la Bertin seguita dalle sue giovani aiutanti, recanti grandi scatoloni dai quali la mercantessa tirava fuori vesti come i Piaceri indiscreti, i Sospiri soffocati e i Desideri mascherati, crinoline di quattro e cinque metri di circonferenza; sottane e corpetti, polonaise e lévite, e poi circasse e camicie alla Mesmer, déshabilles alla Susanna, redingotes all'inglese, abiti di pelliccia, d'éshabilles en caraco, fichus menteurs, scarpine il cui tacco era ornato da una striscia di smeraldi: il venez-y voir.
Gli abiti all'epoca avevano strani nomi, un esempio che varrà per tutti, come scrive Augusto De Angelis nella sua biografia di Maria Antonietta, era il vestiario di Mlle Duthé ad una rappresentazione dell'Operà, nel 1780:
“Veste sospiro soffocato, ornata di rimorsi superflui; nel mezzo un punto di candore perfetto, guarnito di lamenti indiscreti e di nastri in attenzione profonda; scarpe capelli della Regina ricamate in diamanti a colpi perfidi e i veniteci a vedere in smeraldi; riccioli in sentimenti sostenuti, con un berretto di conquista sicura guarnito di piume volanti e di nastri occhio abbassato; un gatto sul collo, color di coda recentemente arrivata, e sulle spalle una medici montata in buona creanza e una manica di agitazione sentimentale”.

I colori all'epoca avevano nomi stravaganti e fantasiosi: Carmelitana e ventre di carmelitana, occhio di Re (blu maiolica), papavero, mota di Parigi, fiamma d'Opéra, fumo d'Opéra, merda d'oca, cacca del Delfino e così via. Nel 1776 sia uomini che donne vestirono di un colore bruno-rosso che divenne noto come "color pulce". Una sfumatura più leggera dello stesso colore venne chiamata "pancia di pulce". Le dame preferivano colori tenui, tra i quali il più diffuso era un pallido color oro chiamato "capelli della regina", per imitare il quale fu inviata una ciocca dei capelli di Maria Antonietta ai Gobelins e a Lione, per avere stoffe della stessa sfumatura.

Una scena tratta da "Les adieux à la reine" in cui la regina, impersonata da Diane Kruger, è intenta a consultare dei figurini di moda. 
Il trionfo di Rose furono però i pouf, sorti nella primavera del 1774. Sistemati in cima ad un altissimo ammasso di capelli, come un'impalcatura di velo, quei pouf venivano cosparsi degli oggetti più singolari: fiori, frutti, verdure, uccelli e ornamenti di ogni genere. Alcuni sorreggevano persino palcoscenici o barche in miniatura.
Si vedevano pure campi di grano mietuti dalla speranza; la regina, un giorno, indossò allegramente, attorno alla testa, tutto un giardino all'inglese, con prati, colline e ruscelli argentei. Un giorno sfoggiò orgogliosa l'incredibile "pouf della vaccinazione", che consisteva in un sole nascente, un olivo con tanto di olive e un serpente avvolto nell'albero sotto la minaccia di una mazza coperta di boccioli. Quest'esagerata composizione artistica raffigurava i simboli di una nuova era: la scienza che trionfa sul male e annuncia l'età dell'oro. In collaborazione con Léonard, con il quale la Bertin entrò presto in competizione, Rose escogitò i pouf aux sentiments, cappellini al Levar della Regina, alla Pulce, all'Ifigenia, all'Euridice – in onore di Gluck – alla modestia e alla frivolezza. Ma a Maria Antonietta ciò che più interessava erano le piume: il cappellino alla Minerva ne contava addirittura dieci, ed erano così alte che un giorno le fu impossibile montare in carrozza. 

Qui in basso alcuni copricapi ideati da Rose Bertin, in vendita nel suo negozio "Le grand Mogol" nel 1787:



Nel "Diario di viaggio attraverso la Francia" di Sophie von la Roche del 1785, vi è un'interessante descrizione sul modo di lavorare di Rose e sulle sue qualità imprenditoriali. Sophie aveva reso visita a Mlle Bertin nell'aprile del 1785, in compagnia di Mme Dauphin, la modista più rinomata in Germania in quel periodo, dunque una collega della Bertin, ma lasciamo a lei la parola:

"Nel pomeriggio, accompagnammo Mme Dauphin, la più celebre mercantessa di moda in Germania, presso l'abitazione di Mlle Bertin, ella stessa la più rinomata e stimata modista di Parigi, creatrice di tutti gli abiti della regina e delle principali dame della corte che in quel momento stava confezionando, per la corte spagnola e per la corte portoghese, tutto il necessario destinato al doppio matrimonio di due Infante (Carlotta Gioachina di Spagna e Maria di Portogallo). La Bertin aveva ricevuto per 204-220 abiti differenti, una somma di 500.000 livres. Molti erano già stati spediti, ma noi avemmo il permesso di recarci da lei tutti i giorni per vedere i nuovi vestiti. 
L'Infanta Carlotta Gioacchina con un abito realizzato per lei da Rose Bertin nel 1785
Tutta la scena mi parve memorabile. La casa era grande e davvero splendida, anche se molto trascurata in termini di pulizia. Da una bella scalinata si entra in un'anticamera dove, da un lato due commessi errano occupati a scrivere, e dall'altra parte due venditori erano intenti a misurare dei nastri e della crêpe (nome generico di tessuti, diversi nei materiali e nel peso, caratterizzati dall'aspetto increspato, granuloso e mosso). Segue poi una grande sala dove le finestre di piombo dorato, il camino in marmo e il soffitto in stucco sono superbi. Lì una ventina di giovani operaie erano sedute a tre tavoli lungo le pareti, ognuna con compiti diversi e vestite con abiti diversi, ma nessuna indossava un cappello. Dall'altra parte della stanza si trova il tavolo della padrona che era seduta, sola, su una sedia leggermente rialzata...davanti a lei una grande pila di "biondi", di frange argentate, di ghirlande floreali, di crepe e di nastri. Di fronte al tavolo, sulle sedie della modista erano state posate due belle gonne destinate alla principessa delle Asturie, sulle quali erano state cucite delle guarnizioni.

Rose Bertin in un ritratto di Mme Vigée Le Brun
Mlle Bertin fu cortese: il suo vestito era modesto ma prezioso poiché si trattava di una bella mussola ricamata e rifinita con pizzi di Bruxelles. Ammirammo la bellezza degli abiti: uno era bianco, ricamato con paillettes dorate e argentate, con foglie di metallo verde e rosso, balze di crepe cucite con fili d'argento; nel mezzo, una banda di piume di cormorano, rendeva la gonna scintillante di grazia lucente con le più svariate tonalità di piume gialle, che passavano dall'oro al brunito, e che splendevano in maniera straordinaria. L'altra gonna azzurro pallido, ricamata con piccoli quadrati di strisce di metallo e argento lamé, era guarnita di pizzi argentati e di cordoni ricoperti di pietre verdi e rosse, grandi la metà di un pollice, che producevano anche in questo caso un bell'effetto. Fui contenta di vedere la persona che imponeva a tutte le corti europee ciò che doveva essere considerato bello e di buon gusto. Le sue migliaia di creazioni meritano di essere apprezzate, in ragione della pena ch'ella ci mette nel dar loro una forma piacevole. Madame Dauphin l'ha definita la "Voltaire" delle mercantesse di moda, e la Bertin ha raccontato ch'ella aveva impiegato duemila persone che producevano per lei nastri, crespi, tessuti, fiori di metallo e "biondi", secondo i modelli che lei aveva ideato, e che aveva investito a Parigi più di un milione di livres all'anno. Questi modelli fantasiosi che facevano lavorare duemila persone, portavano alla loro ideatrice un utile di cui lei doveva essere grata. Si dice che ella guadagni quarantamila franchi all'anno, che lascerà in eredità ai figli dei suoi fratelli e sorelle, perché non vuole sposarsi.[...]

Le vetrine del negozio di Rose Bertin come si presentavano verso il 1805 in piena epoca napoleonica al numero 26 di rue de la Loi. La famosa boutique "Le grand Mogol" si trovava , fino al 1783, in rue du Faubourg-Saint-Honoré. Nel 1783 la Bertin si trasferì al numero 13 della rue Richelieu. Nel 1789 acquistò un locale al 26 della stessa via. Rue de Richelieu nel 1793 fu ribattezzata "rue de la Loi" mantenendo gli stessi numeri civici della rue de Richelieu. Solo nel 1806, con la soppressione del calendario repubblicano sotto Napoleone, la via ritrovò il suo antico nome di rue de Richelieu
Il 16 aprile Sophie torna a fare visita alla Bertin e tra le altre cose scrive:

"La mia conversazione con lei fu molto istruttiva: mi disse dei lunghi colloqui con la regina Maria Antonietta, della sua corrispondenza con la Granduchessa di Russia, delle sue notti insonni, durante le quali ideava nuove combinazioni di colori, di crespi e di nastri, e nuove forme di berretti e cappelli, di abiti e guarnizioni, che venivano poi riprodotti in disegni per i fabbricanti.... ella trovava loro dei nomi, poi dettava istruzioni ai suoi segretari che prendevano nota e inviavano il tutto ai colleghi lontati. Le sue spiegazioni mi interessavano enormemente. (...) Fuori, una duchessa aspettava nella sua carrozza che fosse portato a termine il suo nuovo cappello di crespo rosa con piume viola che doveva andarle molto bene, essendo bionda. Ammirai la velocità e l'abilità delle due ragazze che lavoravano a questo articolo. Allo stesso tempo avevo apprezzato il montaggio delle gonne sui manichini perché necessitavano di un ritocco tanto a destra quanto a sinistra a seconda dello sguardo critico della Bertin, e quando ella esclamava: "bene" o "non va bene", le teste di 20 operaie si voltavano sempre verso il lato indicato dalla loro insegnante. Il loro gusto è formato da lei e sono certa che esse troveranno in tutto il mondo, uscendo da questa scuola a pieni voti, un buon impiego come cameriere o come commesse". 

Qui in basso una robe à la française attribuita a Rose Bertin, Metropolitan Museum of Art, New York:





















2 commenti:

  1. Ciao, mi presento mi chiamo Veronica e mi sto appassionando al personaggio di Rose Bertin... sto cercando ovunque notizie su di lei. Posso chiederti di quale pittore è il primo ritratto di madamoiselle Rose?! <3
    Ti lascio anche la mia email... perché ho paura di non ritrovare il sito...
    veronicagronca@gmail.com
    Grazie di cuore,
    Veronica Ronca

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  2. Ciao Veronica,
    del ritratto purtroppo so molto poco. Autore e data di realizzazione sconosciuti. So solo che fa parte di una collezione privata e fu venduto al conte Beaupré a Nancy il 10 ottobre 1928.
    A presto

    RispondiElimina

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