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domenica 24 giugno 2018

Giorni di magro a corte

Gabinetti privati di Luigi XVI
Monsieur de Seguret riferisce nelle sue memorie che Luigi XVI aveva una piccola biblioteca, una bottega da fabbro e un gabinetto geografico nell'attiguo attico della Cour des Cerfs, nelle cucine che suo nonno Luigi XV aveva organizzato per il servizio del petit couvert e per le cene del ritorno dalla caccia. Luigi XVI vi passava il tempo molto volentieri senza che nessuno ne fosse sorpreso o vi prestasse attenzione.

Un giorno di magro quando il re era occupato nei suoi gabinetti privati, un odore di carne gli sembrò provenire da quelle cucine. Vi si recò subito, fingendo di passare lì per caso come al solito; si avvicinò ai fornelli e procedette a sollevare i coperchi di tutte le pentole l'uno dopo l'altro. Il suo naso non l'aveva ingannato: vide in uno di loro un pezzo di carne che stava rosolando. Rimettendo il coperchio, se ne andò senza dire una parola, ma di pessimo umore e senza che nessuno sospettasse cosa fosse successo.

Alla prima occasione ne parlò con Thierry de Ville d'Avray, commissario generale della casa del re. Avendolo attirato nella nicchia di una finestra, gli chiese seriamente se fosse a conoscenza del fatto che si cucinava carne nei giorni di magro. Thierry protestò che gli ordini impartiti includevano un menu rigorosamente magro. Il re allora gli riferì quello che aveva visto e lo esortò a chiedere informazioni.

Thierry chiese al controllore David, il quale gli spiegò che la carne di vitello vista dal re era usata solo per ricavarne un estratto che insaporisse nei giorni di magro il matelote (un piatto di pesce con vino rosso e cipolle). Al re non era mai stato servito ma agli ufficiali che mangiavano alla sua mensa, era piaciuto molto. Gli ufficiali della "bocca del re" si erano molto complimentati dopo aver mangiato il matelote e non sembravano particolarmente scrupolosi nell'osservare i giorni di magro.
Thierry riferì questa spiegazione a Luigi XVI che sorrise, rassicurò ma concluse: "Che non succeda mai più; mai più "estratti di carne" in futuro".

Luigi XVI nella sua officina da fabbro - Joseph Caraud (1867)

L'officina da fabbro di Luigi XVI - Benjamin Eugène Fichel (1874)
Un aneddoto simile riguarda la zia del re, Madame Victoire, nota per la sua golosità. Roland Jousselin narra che un giorno la principessa, colta da scrupolo a proposito di un uccello d'acqua che le era stato servito di venerdì, consultò un vescovo presente alla sua cena. Il prelato assunse subito un tono di voce bonario e l'atteggiamento serio di un giudice di ultima istanza. Le rispose che era stato deciso che in un tale dubbio, dopo aver cucinato l'uccello, si doveva tagliare la selvaggina su un piatto d'argento molto freddo; se il succo dell'animale si congelava in un quarto d'ora, l'animale era considerato grasso; se il succo rimaneva nell'olio, poteva essere mangiato in qualsiasi momento senza preoccupazioni. 
Madame Victoire fece la prova e il succo non si addensò. Fu una gioia per la principessa che amava molto la selvaggina.