domenica 14 luglio 2019

Riflessioni sul processo della regina

"Per colpire la monarchia, la rivoluzione fu costretta ad attaccare la regina, e nella regina la donna"
(Stefan Zweig)

E' impossibile porre maggiore grazia e maggiore bontà nella cortesia; ella possiede una forma di affabilità che non permette mai di dimenticare che essa è regina e tuttavia persuade sempre che essa lo dimentichi"
(Madame de Staël)

Madame de Stael accanto al busto di suo padre. Firmin Massot (1810)
Nell'agosto del 1793 fu dato alle stampe un testo: "Riflessioni sul processo della regina". L'autrice si definiva semplicemente una "femme", una donna, e  nell'introduzione affermava che il suo nome non poteva essere utile e doveva restare sconosciuto e per ribadire l'imparzialità del suo scritto sosteneva che tra tutte le donne che avevano avuto il privilegio di conoscere la regina, lei era quella che aveva avuto meno di tutti relazioni personali con Maria Antonietta. Le sue riflessioni meritavano dunque fiducia. Oggi noi sappiamo che l'autrice fu una delle candidate a sposare il conte di Fersen che però scelse di non sposarsi. I motivi del celibato furono esposti molto chiaramente in una lettera del conte a sua sorella: "Ho preso una decisione. Non voglio contrarre legami coniugali: sono contrari alla natura... Non posso appartenere alla sola persona alla quale voglio appartenere, quella che mi ama davvero, perciò non voglio appartenere a nessuna".

Nonostante Anne-Louise Germaine Necker, meglio nota come Madame de Staël (questo il nome dell'autrice delle riflessioni), avesse quindi un motivo più che valido per portare rancore alla regina, ella scrisse un testo memorabile in sua difesa, da vera femminista ante litteram, profetizzando ai francesi il “rimorso collettivo” puntualmente avveratosi.


lunedì 8 luglio 2019

Ero una regina e mi hanno tolto la corona...

"Ero una regina e mi hanno tolto la corona, una moglie e hanno ucciso mio marito, una madre e hanno portato i miei bambini lontano da me, mi è rimasto solo il mio sangue. Prendetelo. Ma non fatemi soffrire a lungo". 


Questa frase viene spesso attribuita a Maria Antonietta e oltre ad essere frequentemente condivisa su web, è possibile trovarla in alcuni libri di storia dell'Ottocento. Il breve discorso viene solitamente posto dopo la lettura della sentenza di morte di Maria Antonietta, quando le fu chiesto se avesse qualcosa da dire.
Dai verbali del processo è noto invece che Maria Antonietta pronunciò un discorso molto diverso:

"Ieri non conoscevo i testimoni, non sapevo cosa loro avrebbero testimoniato contro di me, e nessuno ha prodotto contro di me alcun fatto positivo, finisco osservando che ero solo la moglie di Luigi XVI, ed era necessario conformarmi alla sua volontà ". 

Quando alla regina fu domandato, dopo la sentenza di morte, se avesse qualcosa da dire, ella scosse solo il capo in segno di diniego e a testa alta uscì dalla sala.

Ma allora la frase da che cosa ha origine? La frase proviene da una pubblicazione del 1794 "Marie Antoinette d'Autriche, Reine de France, ou Causes et Tableau de la Revolution". Il testo fu scritto dal Cavalier Nicolas de Maistre, un nobile francese che viveva come emigrato in Austria. Il libro di de Maistre condanna la Rivoluzione e narra delle tribolazioni di Maria Antonietta e del suo processo. De Maistre, non poteva conoscere all'epoca i verbali del processo della regina, così immaginò la sovrana che in sua difesa pronunciò questo breve e intenso discorso.