giovedì 10 settembre 2015

A tavola con Maria Antonietta

Maria Antonietta al pranzo di nozze della sorella
Maria Cristina, seduta tra il principe Clemente di Sassonia e
la sorella Maria Amalia
Trovandoci in periodo di Expo oggi affronteremo le abitudini alimentari di Maria Antonietta e il suo rapporto con il cibo.
Dalle Memorie di Madame Campan si evince che la regina mangiava poco o nulla. Generalmente consumava arrosto, carne bollita e pesce, e beveva solo acqua della città di Avray (con una punta di zucchero). Era inoltre praticamente astemia.

Per rinforzarsi beveva latte d'asina o latte di mucca mescolato all'acqua d'orzo o un po' di latte accompagnato da decozioni di lattuga. Come merenda amava bere del latte accompagnato dalle fragole del suo orto al Petit Trianon. Le uniche cose cui era particolarmente affezionata erano la cioccolata che aromatizzava con una stecca di vaniglia, il caffè del mattino, e una sorta di pane cui era abituata fin da bambina: il Croissant.
La leggenda narra che il croissant fu inventato a Vienna per celebrare la vittoria contro gli eserciti turchi in seguito ad un curioso episodio: per entrare nella città di Vienna, i turchi avevano aperto un tunnel sotto le mura. Fortunatamente alcuni fornai al lavoro nel bel mezzo della notte udirono i suoni degli scavi e diedero subito l'allarme sventando in questo modo l'attacco nemico. Non sappiamo quanto sia vera questa storia ma di certo il croissant ha una forma di mezzaluna, simbolo dell'Islam, presente sulle bandiere turche. Il nuovo pane divenne presto popolare a Vienna e prese subito il nome di 'Kipfel', mezzaluna. Quando Maria Antonietta arrivò in Francia nel 1770, alcuni fornai parigini realizzarono in suo onore dei kipfels presto francesizzati in 'croissant'. Ancora oggi il croissant è chiamato 'pane viennese'.



La storica panetteria viennese fondata da August Zang intorno al 1840, in una foto del 1909
Le semplici abitudini alimentari erano un retaggio dell'infanzia in Austria. Maria Teresa aveva abitudini frugali e cercò di trasmetterle ai figli, come si evince dalle istruzioni dell'imperatrice rilasciate alla governante delle figlie Giovanna e Josepha. L'imperatrice raccomandava che le bambine non facessero i capricci e che mangiassero tutto ciò che veniva loro servito. Raccomandava poco zucchero e poco dolci in generale. Soprattutto raccomandava che non rifiutassero il pesce nei giorni di magro. L'imperatrice era una donna che odiava il consumismo alimentare e che non rinunciava mai alla limonata che portava con sé quando viaggiava, e che sorseggiava anche davani ai ministri durante sedute importanti
Van Swieten, archiatra di corte, e guru di Maria Teresa, come il suo collega svizzero Tronchin, era il sostenitore di una salutare vita all'aria aperta: l'esercizio fisico, per esempio una passeggiata o una cavalcata, era una parte fondamentale del suo programma. Cercava anche di imporre ai suoi illustri pazienti un'alimentazione lontana dagli standard del tempo. La prole imperiale doveva nutrirsi di zuppa, uova, verdure e frutta, di pochissima selvaggina e stufati.
Alla tavola imperiale venivano serviti spesso piatti tradizionali tra cui la Wiener Schnitzel (sottile fetta di vitello impanata e cotta nel burro o nello strutto), gli Spätzle (gnocchetti di forma irregolare a base di farina di grano tenero, uova e acqua) e gli Schupfnudeln (gnocchi di patate fritti dalla forma allungata).

La Wiener Schnitzel
Gli Spätzle
Gli Schupfnudeln








La Wiener Schnitzel fu la protagonista di una disputa fra la cucina italiana, che la considera una variante della cotoletta alla milanese portata in patria dal maresciallo Radetzky quando ritornò dalla sua lunga residenza nel milanese, e la cucina austriaca, secondo cui la cotoletta alla milanese sarebbe solo una versione della Wiener Schnitzel che i milanesi avrebbero imparato a fare osservando i cuochi dei reggimenti occupanti.
Nel libro "L'Italia prima dell'Unità" lo storico Romano Bracalini cita un documento del 1148, citato a sua volta da Pietro Verri nella sua «Storia di Milano», nel quale si fa menzione per la prima volta di "lombos cum panitio" (ovvero lombata di vitello impanata, cioè la cotoletta) serviti come terza portata in un pranzo solenne. Dunque la cotoletta ha davvero un origine tutta meneghina e Maria Antonietta da bambina, alla tavola imperiale, l'aveva sicuramente mangiata in diverse occasioni.

Tra i piatti apprezzati dagli Asburgo c'era il gulasch, letteralmente "zuppa del mandriano", a base di carne, lardo, cipolle, carote, patate e paprica. Molto amati erano i crauti che si accompagnavano con carni affumicate o con wurstel, i canederli (polpettine a base di pane e speck) e la minestra di frittata o di orzo. Non mancavano, oltre allo speck, lo zampone e gli ottimi formaggi delle valli.

Pranzo di nozze di Giuseppe II ed Isabella di Parma nel particolare di un dipinto di Martin van Meytens. Sulla tavola imperiale sono ben visibili i kaisersemmel, "rosetta imperiale", panini di farina bianca molto apprezzati dagli Asburgo
A Versailles il rito della tavola era molto diverso dalla corte di Vienna. Mentre in Austria "ci si serviva dell'etichetta, non la si serviva come una divinità" e "per evitare dispute sulla precedenza, tutti si sedevano dove capitava", a Versailles i sovrani erano tenuti a mangiare in pubblico e per Maria Antonietta questo dovere fu sempre avvertito come un disagio nonostante cercasse di nasconderlo con un comportamento allegro e affabile.

L'antichambre du Grand Couvert a Versailles. In questa sala i sovrani erano tenuti a mangiare pubblicamente ma Luigi XVI e Maria Antonietta decisero di restringere il vecchio cerimoniale di Luigi XIV concedendosi solo le domeniche

A tavola spilluzzicava qualcosa e appoggiava appena le labbra al bicchiere. Un inglese che assistette ad un pasto del re e della regina nel 1775 scrisse: "A pranzo le loro maestà hanno chiacchierato e riso molto. La regina è giovane e molto bella. Sembra estremamente vivace e allegra, senza i formalismi e le cautele che ci si potrebbe aspettare dal suo elevatissimo rango". Lo stesso visitatore rimase colpito dal pesante silenzio che regnava alla tavola del conte di Provenza e di sua moglie che "sedevano come due persone impagliate".

Un fotogramma tratto dal film di Sofia Coppola
Un altro visitatore inglese, Hester Thrale, nel suo diario, in data 19 ottobre 1775, scrisse che i sovrani "avevano una tovaglia damascata rossa e oro, senza alcun tovagliolo sulla tavola. I piatti erano d'argento, non puliti e lucidati come l'argento in Inghilterra , ma erano in argento. I sottopiatti , coltelli, forchette e cucchiai erano dorati. Come è consuetudine qui la loro cena consisteva in cinque portate. La regina mangia vivamente solo dolci che il re puntualmente finisce di divorare mettendo le mani nel suo piatto".

Anche se a tavola la regina manifestò abitualmente gusti frugali e misurati, spilluzzicando appena qualcosa, ci fu un momento in cui cedette almeno per una volta alla gola, quando nel teatro di Versailles, per molte sere consecutive, fu rappresentata l’operetta "I mietitori." In una scena gli attori dovevano consumare un tipico pasto contadino, nel quale figurava in particolare una semplice e nutriente zuppa di cavoli. Il profumo era talmente buono e invitante, che dopo aver riempito di sé l’intera sala, spinse la sovrana a chiedere se potesse assaggiarla. Gli attori, non solo accontentarono Maria Antonietta quella sera, ma anche per tutte le successive rappresentazioni, riservandole ogni volta un piatto della frugale ma saporita zuppa. Alla regina erano forse tornate alla mente le zuppe di cavoli della sua infanzia? O era forse il gene tedesco trasmessole dalla Palatina, sua bisavola, nota consumatrice di minestre di cavoli, a farsi sentire? Sono più che probabili entrambe le cose ma è anche altrettanto probabile che la regina fosse desiderosa di conoscere nuovi sapori, come accadde in occasione della visita degli ambasciatori di Tiphoo-Sahib, il 10 agosto 1788. Tutta la corte e la stessa regina, in quell'occasione, furono molto incuriositi dagli usi e costumi dei due ambasciatori, alloggiati al Grand Trianon, insieme ai loro schiavi in turbante che preparavano per loro piatti estremamente esotici. Nuovi profumi si diffondevano per i giardini, di peperoncino piccante e di curry mescolati all'aglio. Tutti volevano assaggiare quei misteriosi stufati, ma pochissime persone disponevano di uno stomaco in grado di tollerarli. La regina stessa volle assaggiare qualcosa ma trovò tutto troppo piccante.

La cucina del Petit Trianon
Sempre nel 1788 la regina invitò al Petit Trianon le Mesdames Tantes e per loro organizzò un menù che ricordava i vecchi fasti di Versailles. Venne servito il doppio delle normali portate. Il pasto consisteva di quattro zuppe, due portate principali, sedici primi piatti, quattro antipasti, sei arrosti, due dessert medi e sedici dessert piccoli. Una sequela di paté, costolette, varietà di carni, tacchino fritto à la ravigote, animelle di vitello en papillotes, porcellino da latte arrosto allo spiedo, anatroccolo in salsa all'arancia, pollo in salsa bianca, stinco di vitello, cappone con mollica di pane, pernice, coniglietto, prosciutti della Westfalia, uova strapazzate e in camicia, bigné, cialde tedesche, una selezione di torte e molte altre portate.
Insomma la regina era frugale e semplice nei gusti ma non per questo incapace di organizzare banchetti trimalcionici.

Questa zuppiera in argento dell'orafo Ignaz Joseph Wurth (1779), apparteneva all'arciduchessa Maria Cristina ed è oggi conservata al Metropolitan Museum of Art di New York. La particolarità di questa splendida zuppiera è il coperchio pesantemente ornato di un ortaggio oggi quasi scomparso dalle nostre tavole: piccoli germogli di radicchio selvatico, una specie di ravanello coltivato esclusivamente per i suoi deliziosi baccelli, molto buoni in salamoia. Un tempo era un ortaggio molto comune sulle tavole principesce, coltivato in tutta Europa, usato come contorno per il pesce. La zuppiera è internamente ricoperta d'oro, questo perché la salamoia avrebbe attaccato l'argento ma non l'oro che è un metallo inossidabile.
Particolare della zuppiera di Maria Cristina

Baccelli di radicchio selvatico
















Anche da prigioniera la regina dimostrerà sempre la sua frugalità nonostante al Tempio i pasti fossero piuttosto abbondanti. La Comune, infatti, si dimostrò generosa in fatto di tavola. I pasti, di cui ci sono ancora le liste consistevano in: tre minestre, quattro antipasti, sei piatti di arrosto e da quattro a cinque intermezzi, senza parlare della frutta e delle composte.
Rosalie Larmolière raccontò che alla Conciergerie la regina era servita con posate di stagno, pulite e lustrate. Maria Antonietta mangiava con un appettito abbastanza buono, "spezzava il pollame in due, vale a dire che lo faceva durare due giorni. Scarniva gli ossi con una facilità e una cura incredibili. Non lasciava mai legumi, che costituivano il suo secondo piatto. Quando aveva finito, recitava a bassa voce l'atto di ringraziamento, si alzava e camminava avanti e indietro. Era per noi il segnale di andarcene"

La famiglia reale prigioniera al Tempio, durante i pasti
Ed è sempre Rosalie ad informarci che l'ultimo pasto della regina, la mattina della sua esecuzione, fu un brodo da lei preparato che Maria Antonietta, ormai distrutta, assaggiò appena, solo per farla contenta.

2 commenti:

  1. Bellissima pagina che amo consultare sempre poiche'la Regina Maria Antonietta e'la mia Regina preferita

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