giovedì 12 marzo 2015

Gatti reali

L'amato gatto d'angora turco di Luigi XV, Brillant (diamante)
in un dipinto di Jean-Jacques Bachelier (1761)

Il cavaliere di Rougeville narra nelle sue memorie che dopo l'assalto alle Tuileries gli fu ordinato di cercare il gatto di Maria Antonietta, rimasto alla reggia. Secondo la leggenda la razza Maine Coon ebbe origine dai sei gatti della regina, sei gatti bianchi d'Angora Turco. Si dice che, prima di essere imprigionata, Maria Antonietta abbia consegnato alcuni suoi preziosi e i suoi amati gatti al capitano Samuel Clough diretto con la sua nave negli Stati Uniti. La nave approdò a Wiscasset Maine, e qui i gatti della regina, lasciati liberi, si unirono ai gatti a pelo corto locali dando così inizio alla razza Maine Coon. La storia è ovviamente di origine popolare ma è comunque certo che la regina possedesse dei gatti d'angora turco, molto amati a Versailles.

I gatti provenienti dalla Turchia divennero subito oggetto di ammirazione presso le corti europee. Fu Pietro Della Valle, nobiluomo italiano del Seicento, ad introdurre per primo in Europa il gatto d'Angora Turco. Luigi XV era particolarmente affezionato ad un gatto di questa razza, regalatogli dall'ambasciatore turco, che aveva chiamato Brillant (diamante).  Pare che Brillant fosse assai grasso e molto docile; gli erano riconosciuti privilegi che non erano concessi a principi di alto lignaggio: svegliava personalmente il re ogni mattina e, a quanto pare, giocava sul tavolo del Consiglio di Stato durante le riunioni.
Luigi XV era un gattofilo e si deve a lui l'ordinanza di porre fine alla secolare e atroce strage dei gatti che si teneva ogni anno il giorno di San Giovanni. Il re, cronicamente depresso, praticava in maniera inconsapevole, la Pet Therapy come antidoto al suo umore e solo in compagnia dei suoi amati felini riusciva a rasserenarsi. Fin da bambino era attratto dai gatti. Il marchese de Calvière, paggio reale, ricordava in una pagina del suo diario in data 1 giugno 1722 che, all'età di dodici anni, Luigi XV possedeva una gatta di nome Charlotte che aveva una cucciolata di quattro gattini. Il giovane re li maneggiava così tanto che tre su quattro morirono entro ventiquattro ore,

Generale nel dipinto di Jean-Baptiste Oudry, 1728 - Museo di Belle Arti di Montreal
È noto anche un altro gatto appartenente a Luigi XV: un bellissimo esemplare di gatto nero che il  sovrano aveva battezzato "Generale", in riferimento al suo portamento altezzoso. Il re aveva commissionato al pittore Oudry il ritratto di Generale. L'opera era stata concepita come parte di una serie di undici soprapporte dipinte tra il 1725 e il 1732 rappresentanti anche alcuni cani reali e che furono appese negli appartamenti privati ​​del re e nella sala del consiglio a Compiègne.
I discendenti di questo gatto così speciale erano talmente numerosi che non è impossibile che alcuni dei felini che vivono oggi nella Reggia di Versailles ne facciano parte.

Il conte Dufort de Cheverny ci ha lasciato un gustoso racconto riguardante l'amatissimo Brillant, che testimonia quando il micio fosse tenuto in gran conto dal re:
"Una sera stavamo aspettando il Re che facesse ritorno dai Petits Appartements. Louis Quentin de Champcenetz, primo valletto di Sua Maestà, che era con noi, a un tratto ci disse: "Sapete che posso far ballare un gatto per qualche minuto?".
Gli chiedemmo come fosse possibile. Champcenetz prese allora una bottiglia di Eau de Mille Fleur dalla sua giacca e ne strofinò un poco sulle zampe del gatto di Sua Maestà. Appena il gatto sentì quell’odore cominciò a saltare per tutta la camera, sui tappeti, attorno al tavolo del Re, leccandosi e facendo piroette. Entrò il Re. 
Ognuno riprese il suo posto. Avendoci sentito ridere Sua Maestà chiese: "Signori, cosa vi diverte tanto?’. Champcenetz rispose che ridevamo di una sua storiella, ma in quel mentre il gatto cominciò di nuovo a saltare e a contorcersi leccandosi le zampe. Al che il Re aggiunse accigliato: 
"Signori, che sta succedendo qui?"
La sua domanda esigeva una risposta e Champcenetz gli raccontò l’accaduto. Sua Maestà, pur sorridendo divertito, aggiunse con tono severo: "Signori, vi lascio, ma se volete divertirvi, assicuratevi di non farlo alle spese del mio gatto!"

Anche madame de Boufflers aveva una gatta di nome Brillant, una gatta davvero speciale e quando la micia morì la nobildonna ne soffrì moltissimo: "Questa favorita giocava un ruolo importante nella società della marescialla. La si coccolava, la si carezzava; quand'era indisposta, ognuno mandava a domandare notizie sulla malata; un essere umano non avrebbe potuto avere migliori riguardi. Abituata alla buona compagnia la micia ne aveva tutti i modi, la grazia, la finezza e pure la tracotanza. La presenza di un uomo del popolo la faceva cadere in sincope, e le scappavano degli strani miagolii se notava qualcuno con la livrea della casa dei Luxembourg. Se non le si servivano le pietanze sull'argenteria o sulla porcellana arricciava il naso e non toccava nulla.
Quando la marescialla usciva, Madame Brillant lasciava il suo cuscino di velluto per andare a sdraiarsi contro la loggia degli svizzeri. Là aspettava pazientemente il ritorno della sua padrona, con un salto si lanciava su di lei dalla portiera della carrozza. Allora erano espressioni di gioia, fusa, giochi di coda che rapivano la marescialla. La reputazione di questa gatta famosa si estendeva fino alla capitale, e a Versailles non si parlava che di lei. Il Re (Luigi XV) si degnava di chiederne notizie, e qualche volta inviava a Madame Brillant qualche ghiotta selvaggina dalla sua caccia.
La morte della sua gatta tanto amata atterrì la marescialla: la defunta fu compianta in versi e prose: non le si risparmiò alcun onore....".


Un dipinto di Jean-Baptiste Perronneau 

Il nome Brillant era un nome molto in voga tra i gatti degli aristocratici. La Viscontessa di Fars Fausselandry ci racconta per esempio nelle sue memorie che la contessa di Maurepas aveva anche lei un gatto con questo nome e che il micio era una celebrità a Versailles, e come tutte le star era trattato come un semidio, con tanto di corte personale.
"Brillant era il nome di questo gatto dal ruolo importante; il bollettino della sua salute veniva quotidianamente richiesto, parlavano di lui come se fosse stato un Principe del Sangue. Vicino alla sua padrona, su un sontuoso carreau di velluto rosso, riccamente ricamato d'oro, riceveva con nobile nonchalance l'omaggio dei cortigiani."
A dispetto di tanta grandeur, Brillant era un gatto come tutti gli altri e l'amore era rimasto il suo bisogno primario. A quanto pare per soddisfare il suo legittimo istinto, la sua padrona e i suoi cortigiani gli procuravano delle mice ma nonostante queste precauzioni il gatto voleva solo essere gatto; abbandonava gli appartamenti della contessa di Maurepas e iniziava a correre attraversando piccoli appartamenti, soffitte e grondaie.
Le sue imprese amorose lo condussero nel laboratorio da fabbro che Luigi XVI aveva sistemato nell'attico del castello, e a Brillant questo luogo piacque. Le birichinate che fece lì causarono disordine; il re se ne accorse e un giorno, quando il gatto  entrò inaspettatamente nel suo studio, non riuscendo a mettersi in salvo in tempo e senza essere riconosciuto, fu colpito da un martello che il re aveva con sè : il gatto fu ucciso sul colpo.
Tutto questo accaddeva in un momento piuttosto turbolento in Francia: la rivolta prodotta dall'alto prezzo del grano e la guerra che si stava preparando contro l'Inghilterra. Senza dubbio questi eventi procurarono grande ansia al ministro di Stato, Jean Frederic Phélypeaux de Maurepas. Ma furono poca cosa se raffrontati al momento in cui il ministro dovette annunciare alla moglie la morte di Brillant. La contessa di Maurepas fece risuonare il castello con le sue grida, i suoi lamenti, le sue lacrime, accusando di barbarie Luigi XVI; le sue lamentele misero in una difficile posizione i cortigiani che andavano da lei a porgerle le condoglianze. Il re mandò come ambasciatore il Barone di Breteuil dalla Contessa per cercare di placarla e il monarca si disse molto soddisfatto delle abilità diplomatiche svolte dal ministro in quell'occasione. Di Brillant si parlò per otto giorni, dopo di che  M. de Breteuil fu ricompensato per il successo della sua missione con un ritratto di Brillant a grandezza naturale che il Conte di Maurepas gli diede con una pompa particolare. Il barone lo mise nel luogo più visibile del suo appartamento, dove rimase fino al giorno della morte del primo ministro.

Particolare di un dipinto di Boucher
Luigi XVI al contrario della moglie e del nonno, non amava gli animali e aveva parecchia antipatia per i gatti (ai quali si divertiva a sparare) e fu l'unico fra i sovrani che l'avevano preceduto a non tenere cani nei suoi appartamenti. Il conte d'Hézécques nei suoi mémoires racconta un episodio tragicomico capitato a Luigi XVI. Un giorno il re, seduto sul suo water, non si accorse della presenza di un gatto d'angora che dormiva all'interno della comoda: "Per un po' tutto andò bene per l'animale; la privazione d'aria non aveva interrotto le sue fusa. Ad un certo punto, che è facile indovinare, il gatto arrabbiato davvero, mostrò il suo disappunto facendo sforzi straordinari per venir fuori dalla sua sfortunata posizione. Il re spaventato e sorpreso da questo attacco a mano armata, fuggì subito con i calzoni in mano, e corse per appendersi a tutti i campanelli, mentre il prigioniero, dalla sua parte, con un mantello pietoso, ruppe vasi e porcellane alla ricerca di una fuga che ci si affrettò ad offrigli.
Questo aneddoto, vi garantisco, non poteva divertire Luigi XVI che non amava i gatti. In questo, come in molte altre cose, egli differiva da Luigi XV, il quale ne aveva sempre uno suoi suoi camini, sui quali, per preservarli dal troppo freddo, poneva un cuscino di velluto. "


Nelle Memorie della Campan si legge un aneddoto riguardante la regina Maria, la consorte di Luigi XV:
"Una duchessa del seguito della regina Maria (Leczinska) lasciò il proprio mantello di pelliccia su uno dei seggiolini che stava davanti al letto della regina. Il responsabile della camera reale, visto il mantello fuori posto, lo buttò in un'anticamera: il micio preferito della regina ci si addormentò sopra sporcandolo. La duchessa, inferocita, si rivolse alla sovrana: "Guardate Signora l'impertinenza della vostra gente che ha buttato la mia pelliccia nell'anticamera dove il gatto di Vostra Maestà l'ha ridotta come potete vedere". La regina rispose: "Sappiate signora che voi avete "della gente", non io... io ho degli ufficiali di camera i quali hanno acquistato l'onore di servirmi: sono uomini bene educati e istruiti, sanno qual è la dignità che si conviene a una mia dama di palazzo; non ignorano che, scelta tra le più grandi dame del regno, voi dovreste essere accompagnata da uno scudiero o almeno da un valletto il quale custodirebbe la vostra pelliccia: osservando le norme convenienti al vostro rango non sareste esposta a vedere i vostri indumenti gettati nell'anticamera."




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