sabato 28 febbraio 2015

I gioielli di Pouget

Nel 1762, Jean Henri Prosper Pouget figlio, gioielliere e decoratore, dette alle stampe un manuale/catalogo, Traité des pierres précieuses et de la manière de les employer en parure, in cui spiegava, attraverso splendide illustrazioni, il modo di trattare le gemme e come utilizzarle negli ornamenti. Alcune illustrazioni furono realizzate dal maestro di Pouget, Jean-Denis Lempereur, e ancora oggi rappresentano un'ispirazione per tutti i gioiellieri.
I magnifici gioielli illustrati (aigrettes, orecchini, collarini ecc.) sono quelli che andavano di moda negli anni '60 e nei primi anni '70 del XVIII secolo e anche Maria Antonietta ne indossò alcuni, visibili ancora oggi nei suoi ritratti.
Qui in basso alcune illustrazioni del catalogo di Pouget:





 Alcuni esempi di fiocchi. Nodi e fiocchi sono temi ricorrenti nei gioielli del XVIII secolo


Qui in basso alcuni ritratti di Maria Antonietta arciduchessa e delfina con alcuni gioielli simili alle illustrazioni di Pouget:

Il manuale di Pouget scaricabile dal sito Gallica .... Clicca qui

mercoledì 25 febbraio 2015

Il ricamo di Maria Antonietta

Il ricamo eseguito da Maria Antonietta che rappresenta un cherubino
con un cesto di fiori. La leggenda vuole
che per il volto del putto, la regina si sia ispirata al suo
bambino, il delfino Luigi Carlo, futuro Luigi XVII.
Questo piccolo ricamo rappresentante un putto con una cesta di fiori, fu eseguito da Maria Antonietta quando era prigioniera al Tempio ed è oggi conservato nella casa museo di Alessandro Manzoni in via Morone a Milano.

Vittoria Brambilla, una nipote del Manzoni, in una nota posta sul retro della cornice che incastona il prezioso cimelio, ci informa di come questo ricamo fosse giunto dal Tempio alla casa dello scrittore: la regina lo regalò, in segno di riconoscenza, alla sua maestra di ricamo; questa alla vedova del filosofo Condorcet, Sophie, che lo fece avere alla sua cara amica Giulia Beccaria, madre del Manzoni.

Il dono fatto a Giulia fu soprattutto un dono simbolico fatto alla figlia di Cesare Beccaria, autore del trattato "Dei delitti e delle pene" contro la tortura e la pena di morte.

Sophie de Condorcet, in seguito al suicidio del marito, si ritrovò sola, con i beni confiscati, una figlia da mantenere e come unica fonte di guadagno i ritratti che eseguiva dei condannati a morte in attesa della ghigliottina.

Dopo la caduta di Robespierre, Sophie aprì un salotto nel quale si riunivano intellettuali. Qui conobbe Giulia Beccaria e Carlo Imbonati che vivevano more uxorio esattamente come lei e Claude Fauriel. Sophie e il bellissimo Fauriel (più giovane di lei di qualche anno) si erano conosciuti ad una lezione di botanica e vissero insieme fino alla morte di lei avvenuta nel 1822
Sophie de Condorcet in un
autoritratto
Claude Fauriel














Fauriel, che ebbe una parte importante nella formazione intellettuale del giovane Manzoni, fu a sua volta grande amico di Giulia Beccaria. Era spesso ospite di Manzoni a Milano e fu durante la sua ultima visita che lasciò una lettera e un dono per Giulia, il ricamo appunto della regina che Sophie, ormai defunta, avrebbe voluto donare a Giulia.
Giulia Beccaria in un ritratto di
Mary Cosway Hadfield
Alessandro Manzoni a 20 anni













Se ne andò senza salutare nessuno per evitare la commozione. Così scrive Giulia Beccaria al suo amico Fauriel:

"Oh amico mio, ho ricevuto questo prezioso dono, voi dovete ben sentire l'effetto che ha prodotto su di me, l'effetto che produce tutti i giorni poiché io non me ne separo mai, ma in nome di questa severa delicatezza che mi ha sempre impedito di domandarvi almeno qualche dettaglio ditemi solamente una sola parola. E' Lei che me lo dona? Ah credete, il ricordo di lei non mi sarà meno caro, cocente e durevole se lo devo soltanto a voi. Non oso proseguire, mio caro amico, tornate per non lasciarci mai più, venite a condividere tutta la nostra tenerezza come le nostre preoccupazioni...".

Su questo ricamo Carlo del Teglio imbastì un racconto (inedito fino a pochi anni fa), "Il ricamo della regina". Ambientato al tempo della rivoluzione francese, racconta le movimentate vicende di un giovane, Simon, che, vissuto e cresciuto in una famiglia di contadini della provincia francese, vive una vita spensierata e tranquilla, fino al giorno in cui viene a sapere dai suoi stessi genitori, che, appena nato, era stato affidato a loro da una famiglia aristocratica della capitale. Si trasferisce, quindi, a Parigi, alla ricerca della nuova identità e della nuova paternità. Il tutto, frutto di una sapiente ricostruzione romanzata, si svolge intorno al ricamo di Maria Antonietta.





lunedì 23 febbraio 2015

Laxenburg

La facciata interna del castello di Laxemburg
Il castello di Laxenburg, luogo d'infanzia di Maria Antonietta, era una residenza di piccole dimensioni in cui gli Asburgo si trasferivano nei mesi caldi. Le misure ridotte erano il motivo per cui l'imperatrice Maria Teresa prediligeva questo palazzetto di gusto rococò.

Situato a circa sedici chilometri da Vienna, ai margini di una graziosa cittadina, il castello era circondato da fitti boschi adatti alla caccia.
Frutto del riadattamento di un casino di caccia, ricostruito da Leopoldo I, dopo le devastazioni dei turchi, Laxenburg fu molto amato dall'imperatore Carlo VI, il padre di Maria Teresa, soprattutto per la bellezza dei dintorni. L'imperatrice stessa, nonostante le preoccupazioni di governo, a Laxenburg cambiava umore e diveniva più allegra.

A Laxenburg non vi era spazio per i cortigiani e l'etichetta era quasi bandita; persino i grandi funzionari che seguivano la famiglia imperiale negli spostamenti, erano costretti ad accontentarsi di dimore vicine al castello.

Il castello di Laxenburg negli anni '80 del XVIII secolo
Laxenburg era un luogo speciale e persino l'abbigliamento doveva essere speciale. Era un'epoca in cui nelle dimore di campagna, le famiglie reali imponevano speciali linee di abbigliamento che oggi si definirebbe "casual chic". L'abito prescritto per i gentiluomini era una redingote rossa con gilet verde; per le giovani donne l'abito doveva essere rosso con ricami d'oro. 

Il Parco del castello di Laxemburg nel XIX secolo
Le vacanze assumevano un aspetto molto familiare e Laxenburg rimase sempre nel cuore di Maria Antonietta. Quando l'imperatrice Maria Luisa, pronipote della regina, vide per la prima volta il Petit Trianon rimase molto colpita dalle affinità e dalle somiglianze con Laxenburg.

Maria Antonietta bambina con la sorella Maria Carolina
e i fratelli Ferdinando e Massimiliano nel parco di Laxenburg
Hofburg di Vienna
Fu durante l'infanzia di Maria Antonietta, che l'architetto Pacassi progettò la "corte blu", un ulteriore ampliamento dettato dalla necessità di ospitare tutta la famiglia imperiale. Nella nuova sistemazione, un belvedere sovrastava il tetto dell'ala nord e vi era una serie di stanze da giocho simili a giardini coperti, dove la vista spaziava sul parco. Questo scenario è visibile ancora oggi, mentre il parco che Maria Antonietta aveva conosciuto, venne ridisegnato in stile inglese nel 1783. All'interno vi era una serie di trompe-oeil: uccelli sul soffitto e sulle pareti, scene pastorali, tralicci verde pallido e piante rampicanti. Le decorazioni davano un'illusione di freschezza, di verzura e di luce che rendeva l'ambiente ridente anche quando fuori c'era brutto tempo. Laxenburg rappresentò per Maria Antonietta un'immagine di rustica felicità.

Oggi questa residenza estiva degli Asburgo è sede dell'Istituto internazionale per l'analisi dei sistemi applicati.

Maria Antonietta o Maria Carolina?

Questo ritratto attribuito a Louis-Charles Gauthier D'Agoty, accreditato come ritratto di "Maria Antonietta su un canapé", è stato messo all'asta da Christie's pochi anni fa.


Ciò che rende particolare questo ritratto è la grande somiglianza tra la regina e la sorella maggiore Maria Carolina. Le due sorelle erano tra loro molto somiglianti, come ebbe modo di osservare Madame Vigée Le Brun, anche se Carolina con l'età divenne più spigolosa e mascolina. La regina di Napoli cercava di imitare la sorella in fatto di moda, tanto che Maria Antonietta le inviò Léonard a Napoli perché acconciasse Carolina secondo il gusto francese.
Scrive il Marchese de Sade in visita a Napoli: "A Napoli, tutti vanno vestiti alla francese, ma con cattivo gusto! L'uso degli uomini è di portare quasi sempre il cappello sulla testa, vestiti o no. Quanto alle donne, non è in altezza nè in lunghezza che si pettinano: è in larghezza. Non è sorprendente vedere delle arricciature dai diciotto ai venti pollici di larghezza. Quanto è lontano tutto ciò dal gusto dal gusto disinvolto che noi conosciamo così bene in Francia, e che fa lo charme della vita. Il gusto dei toupets più che salire verso l'alto come anni fa a Parigi si è esteso, e lo si prolunga così prodigiosamente dietro alla testa, che il cappello non riesce a coprirne che la metà, il che lascia spazio a una specie di cuscinetto dietro, con l'effetto più ridicolo". 

In un ritratto di Angelica Kauffmann, oggi parte della collezione Pagliara, presso L'Università di Suor Orsola Benincasa, la regina Maria Carolina appare somigliantissima (praticamente uguale) al ritratto di Maria Antonietta di D'Agoty: 
Nei due ritratti sono evidenti le stesse acconciature e le stesse scollature tanto che ci si chiede se il ritratto di D'Agoty ritragga realmente Maria Antonietta e che non sia piuttosto un ritratto di Maria Carolina che, rispetto a Maria Antonietta, aveva un viso più oblungo, occhi a fiori di testa (distanti) e un mento asburgico più pronunciato. 

Maria Carolina ritratta da Angelica Kauffmann

Maria Antonietta nel particolare del ritratto di D'Agoty

martedì 17 febbraio 2015

Lady Sutherland e i gioielli della regina

Lady Sutherland in un ritratto di Sir George Romney
Prima del crollo definitivo della monarchia, Maria Antonietta consegnò a Lady Elisabeth Leweson-Gower contessa di Sutherland, moglie dell'ambasciatore inglese a Parigi, dal 1790 al 1792, un sacchetto contenente perle e diamanti da custodire. La nobildonna, godendo dell'immunità diplomatica, fu rimpatriata subito dopo l'inizio dei tumulti, e custodì in un primo tempo i gioielli nella speranza di restituirli alla Regina. Invece gli eventi decisero altrimenti e i preziosi rimasero in Inghilterra.

La contessa apparteneva a una famiglia scozzese molto ricca, quella dei conti di Sutherland, e divenne erede unica di suo padre. Era una brava pittrice, ma era anche famosa per la durezza con cui trattava i suoi contadini.

Con i gioielli della regina (non più restituiti) la famiglia Sutherland fece realizzare una tiara e due collier. Il diadema, conosciuto come "terza tiara Spencer", fu realizzato con i brillanti e altre pietre preziose di Maria Antonietta da abbinarsi ad un collier realizzato con altri 17 grossi brillanti della sventurara regina.
A Lady Sutherland la regina aveva consegnato anche le magnifiche perle che andarono a comporre un collier singolarmente moderno, realizzato nel 1849 in occasione del matrimonio del nipote della contessa.

Nel 2007 la collana di perle fu messa all'asta da una discendente della famiglia e fu venduta per la vertiginosa cifra di 1.400.000. Tiara e collana di diamanti sono invece ancora in possesso della famiglia Spencer, da cui discende la famiglia Sutherland. 
La "terza tiara Spencer". Secondo la tradizione la tiara
apparteneva a Maria Antonietta ed è datata 1767. Più versomilmente, il gioiello sarebbe stato
realizzato con alcuni diamanti della regina, tenendo anche conto della foggia tipicamente ottocentesca.
 








La "terza tiara Spencer" e il collier Sutherland realiazzati con i diamanti di Maria Antonietta.
Foto della mostra "Ageless Diamond" a cura di Christie's & DeBeers del 1959.
Una leggenda di famiglia vorrebbe che i diamanti che compongono il collier fossero gli stessi della
famosa "collana dello scandalo". Anche in questo caso è più verosimile che la collana sia stata
semplicemente realizzata con alcuni diamanti appartenuti alla regina.
La collana realizzata nel 1849 con le perle di Maria Antonietta
E' raro vedere un ritratto della regina con una tiara.
In questo ritratto di Alexander Kucharski del 1788, la
regina ne indossa una dalla foggia particolare sopra
un'insolita acconciatura.

La parure di rubini di Maria Antonietta


Sissi nel 1879 con la parure appartenuta a
Maria Antonietta
Quando Madame Royale giunse a Vienna, riscattata dal cugino imperatore in cambio di alcuni prigionieri politici, questi le restituì la cassetta contenente alcuni gioielli che Maria Antonietta aveva spedito alla sorella Cristina a Bruxelles prima della fatale fuga di Varennes. La cassetta conteneva in particolare una parure di rubini e diamanti che Madame Royale cedette alla corte di Vienna in cambio di una pensione. La parure fu indossata via via dalle imperatrici che si susseguirono a Vienna e fu purtroppo rimontata in maniera diversa rispetto alla montatura originale, in occasione del matrimonio di Francesco Giuseppe con Elisabetta Wittelsbach (Sissi). La parure, indossata da Sissi in un famoso ritratto (a sinistra), è oggi scomparsa; l'imperatrice Zita la vendette durante gli anni difficili dell'esilio anche se ancora oggi una voce persistente vorrebbe la parure rubata da un confidente dell'imperatrice caduto in disgrazia.

In realtà parte dei gioielli degli Asburgo (tra cui la famosa parure di rubini), fu affidata da Carlo I al ciambellano di corte Leopold Berchtold. Erano per la precisione quelli archiviati nella Vetrina XIII della Camera del Tesoro. Affidati poi per la vendita al banchiere svizzero Sondheimer, furono dispersi. Nelle sue memorie il banchiere ha lasciato una precisa descrizione dei gioielli venduti per conto dell'imperatore precisando che furono smontati per rendere la vendita più agevole. Dal momento che tali gioielli sarebbero di fatto appartenuti allo stato austriaco, la famiglia Asburgo ha sempre contestato tale versione dei fatti. Lo conferma anche Katrin Unterreiner, curatrice e direttrice del Sisi Museum, presso il quale è visibile una ricostruzione in cristalli Swarovski della parure.
La ricostruzione in cristalli Swarovski

martedì 10 febbraio 2015

Sissi e Maria Antonietta

Elisabetta d'Austria
Jean des Cars, nella sua opera Elisabeth d'Autriche ou la Fatalité, racconta che l'imperatrice trovò su uno scrittoio dei suoi appartamenti un libricino dalle pagine ingiallite, lasciato aperto per meglio mostrare i passaggi sottolineati. Era scritto in francese e il testo affermava:

"La ragione di vivere di una regina consiste nel dare degli eredi alla corona, e la risposta del sovrano alla consorte: "Signora, vi abbiamo scelto perchè ci diate dei figli e non dei consigli" è stato un utile esempio per tutti gli altri. E' questa, infatti, la sorte, la vocazione naturale delle regine. Appena se ne allontanano esse divengono fonte dei più grandi mali, come Caterina dei Medici, Maria de' Medici, Anna d'Austria.

Quando una regina ha la fortuna di poter dare dei principi allo stato, deve limitare tutta la propria ambizione a questo e non immischiarsi in alcun modo nel governo del regno, la cui preoccupazione non è cosa da donne.

La principessa che non mette al mondo dei figli maschi è solo una straniera nello stato e per di più una straniera eccessivamente pericolosa."

Il testo, riferito a Maria Antonietta, fu messo sotto gli occhi di Sissi per spaventarla e ammonirla.
Per molto tempo, si dice, l'imperatrice tenne segreta questa cosa.

Qui in basso un mobile che lega in qualche modo Maria Antonietta a Sissi. Si tratta di un piccolo cabinet (armadietto), che serviva anche da scrittoio, decorato di medaglioni smaltati Wedgwood, di pitture sotto vetro e bronzi. Apparteneva a Maria Antonietta quando era ancora un'arciduchessa e fu utlizzato nell'Ottocento anche da Sissi che lo portò con sé all'Achilleion. Elisabetta lo trovava molto comodo in quanto poteva scrivere senza essere costretta a sedersi.
Anni fa il cabinet si trovava a Schoenbrunn, ed era l'unico segno tangibile della presenza di Maria Antonietta, attualmente si trova presso il Museo del Mobile di Vienna:


Bernardo Bellotto

Il castello di Schoenbrunn nel 1759 in due dipinti di Bernardo Bellotto detto il Canaletto in quanto nipote dell'omonimo pittore, (1759-1761). Così si presentava il castello quando Maria Antonietta aveva quattro anni:

La corte d'onore del castello. Bellotto immortalò nel quadro un evento storico: il conte Joseph Kinski nella sua carrozza seguita da diversi cavalieri, si reca da Maria Teresa per annunciarle ufficialmente la vittoria dell'alleanza austro-russa sull'armata prussiana a Kunersdorf, il 16 agosto 1759. Il pittore alterò le proporzioni e la prospettiva per rendere più monumentale il quadro.
Qui in basso due dipinti di Bellotto del castello di Hof (Schloss Hof in tedesco) tra il 1759 e il 1761. Non ci è noto sapere se il pittore utilizzasse la camera oscura per i suoi lavori ma senza dubbio essi sono matematicamente perfetti, tanto che per ricostruire Varsavia, distrutta dai bombardamenti nella Seconda Guerra Mondiale, ci si servì ampiamente delle sue vedute.

 I quadri di Bellotto sono "fotografie" e ci sono utilissimi per avere un'idea di come si presentasse la città di Vienna ai tempi dell'infanzia di Maria Antonietta.

Un particolare del dipinto di Bernardo Bellotto
Il castello di Hof apparteneva al Principe Eugenio di Savoia; egli lo lasciò all'unica nipote rimastagli; successivamente la proprietà venne acquistata da Maria Teresa d'Austria che lo unì al patrimonio imperiale. Nella cappella del palazzo si sposò una delle figlie di Maria Teresa, Maria Cristina, con Alberto di Sassonia-Teschen nell'aprile del 1766. Anche Maria Antonietta assistette alla cerimonia; gli invitati, tranne gli sposi, erano tutti rigorosamente vestiti a lutto per la morte dell'imperatore Francesco Stefano.

Una stanza del castello di Hof. Alle pareti i ritratti di alcuni figli di Maria Teresa con le loro rispettive famiglie. Si riconoscono Pietro Leopoldo, Maria Carolina, Maria Amalia e Ferdinando. 
Il banchetto di nozze di Maria Cristina e Alberto di Sassonia-Teschen in un dipinto di Auerbach
Particolare del dipinto di Auerbach - Maria Antonietta è visibile tra la sorella Maria Amalia e il principe Clemente di Sassonia

La collana di perle della regina

Barbara Hutton
Alla morte di Mme Royale nel 1851 quello che rimaneva dei gioielli di Maria Antonietta passò al nipote, conte di Chambord e, alla morte di costui nel 1883, alla sua vedova. I due pezzi più importanti erano una riviere di trenta diamanti tagliati a cuscino a cui erano applicati tredici pendenti di diamanti in forma di pera, e un collier a cinque fili di perle. La duchessa d'Uzès racconta: "La contessa di Chambord portava un collier di splendide perle, vedendomi ammirarlo, se lo tolse e me lo porse. Il gioiello aveva cinque fili, ogni perla era grossa come una nocciola, ed era stato donato dall'imperatrice Maria Teresa a Maria Antonietta. Proveniva da un collier più grande a dieci fili, ma l'imperatrice ne aveva donati cinque alla figlia lasciando gli altri cinque al tesoro imperiale".
Il nipote ed erede della contessa di Chambord, vendette all'amico Cartier i gioielli ereditati, compresa la riviere di diamanti e il collier di perle.


Un filo di questo collier di perle, fu venduto in tutta segretezza da Cartier al padre di Barbara Hutton, tra le più ricche ereditiere di sempre, in occasione del matrimonio della ragazza.  La collana che Barbara indossò il giorno del suo matrimonio è composta da 44 perle naturali, bianche e madreperlacee, di forma sferica perfetta, che variano di formato da circa 8,7 millimetri a 16,3 millimetri.

Il collier fu poi ribattuto da Christie's nel 1999 per 1.450.000 dollari e riacquistato da Cartier.

La collana appartenuta a Maria Antonietta, battuta all'asta da Christie's nel 1999 oggi parte della collezione Cartier
Barbara Hutton il giorno del suo matrimonio con la collana di perle appartenuta alla regina

Regina di fiori

Maria Antonietta davanti al Tempio d'Amore
nei giardini del Petit Trianon - Ritratto attribuito
a Jean-Baptiste André Gautier-Dagoty (1780 circa)
I giardini di Maria Antonietta al Petit Trianon erano leggendari per la loro bellezza. La regina adorava i fiori e il suo amore per loro è ancora oggi percepibile negli arredi al Trianon e nei suoi appartamenti a Versailles. Nel 1770, fu presentato a Luigi XV un ritratto di Maria Antonietta eseguito da Ducreux, in cui la giovane arciduchessa appariva al centro del quadro come un bocciolo di rosa; il ritratto purtroppo non ci è pervenuto ma la sua descrizione fa venire in mente l'innegabile associazione tra Maria Antonietta e la rosa. La regina fu spesso ritratta con questo fiore, simbolo dell'amore, della bellezza e della fertilità ma anche un chiaro segno simboleggiante la sua origine austriaca e la fede cristiana; diversi tipi di rose, nell'iconografia sacra, stanno infatti a simboleggiare la Madonna e la Resurrezione. Nel 1779, Maria Antonietta scrisse a sua madre, a proposito dei giardini del Petit Trianon e delle sue rose:
“..il verde è affascinante e la calma è perfetta.
Ci sono stati molti miglioramenti nei miei giardini, è veramente un’aiuola incantevole, le mie serre iniziano a diventare magnifiche. Ho fatto piantare una quantità di piante rare.
Quelle che mi avete mandato sono fiorite al di là di ogni aspettativa, e ne ho donate alcune al giardino del Re. Ho dei crisantemi di una bellezza abbagliante e innumerevoli varietà di rose, di cui il mio giardiniere è cosi fiero che la gente di questo mestiere, viene a studiarle sul posto.”

A Choisy le Roi Maria Antonietta amava dipingere le roses-modèles che sembravano posare per lei addossate ad una bella ringhiera bianca lunga quasi tre metri, dove crescevano tutte le sue specie preferite.

mercoledì 4 febbraio 2015

Maria Antonietta a Marly

Passeggiata a Marly le Roi - Jean Michel Moreau
Dalle memorie di Madame Vigée Le Brun:
"...a Marly-le-Roi visitai il posto più bello che avessi mai visto in vita mia. Su ogni lato del magnifico palazzo c'erano sei case estive che comunicavano tra loro tramite sentieri ricoperti di gelsomino e caprifoglio. L'acqua scendeva in cascate dalla cima di una collina dietro il castello, andando a formare un grande canale sul quale galleggiava un certo numero di cigni. Alberi stupendi, tappeti verdi, fiori, fontane, una delle quali zampillava cosi alta che se ne perdeva la vista - tutto grandioso, tutto regale, tutto parlava di Luigi XIV. Una mattina incontrai la regina Maria Antonietta a piedi nel parco con alcune dame della sua corte. Erano tutte in abiti bianchi; era così giovane e bella che per un attimo pensai di trovarmi in un sogno. Ero con mia madre, e stavo per andarmene via quando la Regina fu così gentile da fermarmi, invitandomi a proseguire in qualsiasi direzione preferissi. Ahimè! quando tornai in Francia nel 1802 mi affrettai a rivedere la nobile, sorridente Marly... Il palazzo, gli alberi, le cascate e le fontane erano tutti scomparsi, appena qualche pietra è stata lasciata."

Terrazza di Marly, dipinto di Hubert Robert
Scrive Madame Campan nelle sue memorie:
"Alla regina erano venuti a noia i viaggi a Marly, e non aveva trovato difficoltà a farli venire a noia anche al re, che ne temeva le spese, poiché tutti vi trovavano il loro nutrimento. Luigi XVI aveva stabilito per quei viaggi un’etichetta diversa da quella di Versailles, ma ancora piu’ rigida. Il gioco e le cene avvenivano tutti i giorni ed esigevano una toilette accurata, le domeniche e i giorni di festa, vi erano dei giochi d’acqua, il popolo era ammesso nei giardini e vi accorreva tanta gente quante ce n’era alle feste di Saint Cloud.
I secoli hanno un loro colore: Marly riportava ancora più di Versailles quello di Luigi XIV; tutto sembrava opera della bacchetta magica di una potente fata.